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Un voto per i partiti e gli schieramenti che hanno difeso il lavoro e il welfare nella scorsa legislatura, e che si impegnano a farlo in quella che viene. Un voto contro l’austerità 2.0 e per dire no alle nuove regole della governance. Lo chiede la Confederazione europea dei sindacati (Ces) agli elettori dei 27 Stati membri Ue (circa 375 milioni gli aventi diritto) che tra il 6 e il 9 giugno andranno alle urne per rinnovare il Parlamento europeo.
Appuntamento cruciale
Queste elezioni saranno “le più importanti degli ultimi anni”, precisa la Ces presentando il suo Manifesto in 12 punti: “Decideranno se l’Europa rimarrà sulla strada del progresso e della solidarietà come ha fatto in risposta alla crisi da Covid-19, sostenendo i lavoratori e le loro comunità (...) o se tornerà alle politiche di austerità”.
Sarà il decimo appuntamento elettorale europeo dal 1979, anno del primo voto diretto. E vedrà - se prestiamo fede a sondaggi e previsioni - un contrasto drammatico tra i partiti di ispirazione democratica e le destre estreme in ascesa in gran parte del continente.
Il “Rinascimento sociale” dell’Europa
Alle spalle abbiamo una legislatura straordinaria, quella che ha dovuto gestire Covid e lockdown, e che ha mostrato, pur tra mille contraddizioni, cosa può fare un’Europa svincolata dall’austerità e da rigidi parametri di bilancio. Proprio la Ces, assieme al suo think tank, l’istituto di ricerca Etui, traccia un bilancio in un suo recente rapporto (Benchmarking Working Europe 2024. The ongoing quest for Social Europe).
Sono stati principalmente tre, i motori del “Rinascimento” dell’Europa sociale. Li citano Esther Lynch (segretaria generale della Ces) e Bart Vanhercke (direttore del dipartimento di ricerca Etui) introducendo il rapporto: il Pilastro europeo dei diritti sociali approvato nel 2017; “un approccio innovativo alla spesa dell’Ue e un allentamento temporaneo del quadro fiscale; e l’impegno del Green Deal europeo per una transizione giusta”.
Si è così avviata “una fase eccezionale per l’integrazione europea che ha rafforzato i fondamenti sociali dell’Ue in molti modi”, e che ha aperto la strada a iniziative legislative e politiche importanti, come l’approvazione delle direttive sul salario minimo adeguato e la contrattazione collettiva, sul lavoro su piattaforma, sulla trasparenza salariale e la conciliazione tra vita e lavoro.
Al contempo, l’emergenza sanitaria ed economica ha infuso nell’apparentemente esangue ceto politico e istituzionale europeo uno spirito New Deal che ha portato “al lancio di Next Generation EU (con il Fondo per la ripresa e la resilienza al suo nucleo) - ricordano sempre Linch e Vanhercke - e al meccanismo Sure, ma anche all’allentamento temporaneo del quadro fiscale dell’Ue e delle regole sugli aiuti di Stato”.
Ma alcuni di questi motori sociali si stanno già fermando. Per questo è importante difenderli col prossimo voto. Come sottolinea Ivailo Kalfin (direttore esecutivo di Eurofound) su Social Europe, “L’Ue ha ottenuto molto nell’ultimo mandato e dovrà affrontare grandi sfide nel prossimo. I suoi cittadini potranno stabilire le priorità a giugno”, ma “la lezione è semplice: preservare i posti di lavoro ripaga, accelera la ripresa e riduce la povertà potenziale”.
Il Manifesto della Ces
La Ces elenca 12 punti, o “impegni”, invitando a sottoscriverli e promuoverli. La “visione” sostenuta dal Manifesto Ces è quella di “un’Europa come comunità di persone e nazioni in cui ognuno è libero di vivere in pace e lavorare senza temere povertà, insicurezza, mancanza di rispetto, discriminazione, violenza, guerra o oppressione”. Il sindacato europeo chiede “ai partiti, ai movimenti e alle lavoratrici e ai lavoratori di respingere la minaccia dell’estrema destra (...). Occorre rifiutare la collaborazione con le forze di estrema destra nel Parlamento europeo e nelle altre istituzioni europee”.
Per citare alcuni degli “impegni”, si va dal punto 1 sulla creazione di posti di lavoro e redditi migliori, al punto 2 (“porre fine al lavoro precario garantendo i diritti legali ai lavoratori con contratti a tempo indeterminato e al lavoro a tempo pieno e vietando gli stage non retribuiti"). Il punto 4 sul lavoro sicuro (“Migliorare ed estendere l’applicazione della legislazione Ue in materia di salute e sicurezza sul lavoro e altre iniziative europee per arrivare a zero morti sul lavoro o causate da malattie professionali") è seguito dal punto 5 che invita a respingere le politiche di austerità. Spazio anche alla difesa dei migranti, al punto 10, che chiede un “approccio equo basato sul diritto alla migrazione e all’asilo”.
Tornare allo spirito di Ventotene
Non sfugge che, soprattutto al punto 2 e al punto 4, in questo Manifesto elettorale della Ces ci siano, e ben evidenti, le ragioni della campagna referendaria della Cgil. “Credo che abbiamo un endorsement per i nostri referendum”, commenta Salvatore Marra, coordinatore dell’Area internazionale in Cgil.
“Il Manifesto - prosegue Marra - nasce da un lavoro molto intenso svolto all’interno del comitato esecutivo del sindacato europeo, in preparazione di questo momento cruciale. Nasce dalla consapevolezza che il voto che si terrà all’inizio di giugno disegnerà le sorti dell’Unione europea nei prossimi anni. Gli ultimi quattro anni sono stati caratterizzati da due eventi senza precedenti: la pandemia e il ritorno della guerra nel territorio europeo. Le conquiste sociali ottenute in questo periodo, dopo vent’anni di politiche liberiste e di austerità, devono essere preservate, così come l’idea e il progetto di Unione europea. Tornando un po’ allo spirito di Ventotene, l’appello della Ces invita le cittadine e i cittadini europei a votare e a sostenere i partiti che promuovono il progresso sociale”.
“I punti più qualificanti riguardano le priorità che hanno guidato il sindacato europeo negli ultimi quattro anni, e dunque la necessità di invertire le politiche neoliberiste. Avevamo alle spalle una fase di liberalizzazione estrema, che era arrivata a toccare anche il mercato del lavoro. La Commissione europea aveva promosso le cosiddette riforme strutturali del lavoro, tra cui il Jobs Act. Tuttavia molte di queste misure sono state messe in discussione. Sono stati ottenuti risultati importanti. Il Manifesto Ces afferma: ‘Continuiamo a investire nell’Europa della solidarietà e del lavoro sociale’. Questo è il suo senso. Come Cgil, lo abbiamo chiaramente sostenuto e chiediamo agli iscritti di votare per l’Europa sociale e del lavoro”.
Il vento della guerra e il progetto Ue
L’elefante nella stanza di questo appuntamento elettorale è talmente grande e spaventoso che non ci sarebbe nemmeno bisogno di nominarlo, se alcuni leader europei (vedi il polacco Donald Tusk) non avessero esplicitamente iscritto nell’agenda Ue dei prossimi anni la questione bellica, del riarmo e delle spese da aumentare per la difesa.
Al riguardo la posizione del movimento sindacale, e della Cgil in particolare, resta chiara: “Siamo contrari alle politiche di riarmo perché provocano morte e distruzione - spiega Marra -. Abbiamo già conosciuto la morte e la distruzione in Europa con due guerre mondiali e altri numerosi conflitti, come quello dei Balcani. Continuiamo a dire che le guerre possono finire solo con un negoziato, come dimostrano casi recenti, come il Tigrai. Il tema è se c'è una vera volontà politica di investire nei negoziati o no. Al momento, sembra che i governi siano più interessati a investire nelle armi”.
Per il dirigente sindacale occorre invece “continuare a investire nel progetto dell'Unione europea, perché ci sembra l'unica dimensione multilaterale in grado di garantire pace e democrazia a livello globale. Dobbiamo difendere e migliorare questo progetto, perché rappresenta un equilibrio nel mondo multipolare che si sta creando. Crediamo che 500 milioni di cittadini europei abbiano bisogno di un'istituzione forte che li difenda”.