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Che fine hanno fatto la guerra e il popolo ucraino? Quel popolo che tanto prontamente e spontaneamente avevamo soccorso nel febbraio del 2022, al momento dell’invasione russa. Mi basta fare ‘un giro’ sui siti web dei principali quotidiani italiani ed esteri per avere la conferma al dubbio che quel conflitto è stato derubricato e da tempo trova spazio, se va bene, in taglio basso, a volte molto basso, altre bassissimo. Fanno eccezione le testate tedesche e, naturalmente, russe e ucraine.
Intanto sull’Ucraina sono piombati gelo e neve, quelle condizioni meteorologiche che, sommate agli attacchi militari, oltre un anno e mezzo fa avevano colpito la coscienza collettiva e la memoria del secondo conflitto mondiale. Civili e militari continuano a morire, ma i numeri non son chiari, si parla di centinaia di migliaia di vittime e per trovare dati che abbiano almeno la parvenza di ufficialità è necessario leggere il rapporto della Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni unite pubblicato a ottobre e nel quale compaiono 10.000 civili ucraini morti e decine di migliaia i feriti, “quasi sei persone uccise e 20 ferite in media ogni singolo giorno tra febbraio e luglio di quest’anno”. Ci sono poi i morti militari su entrambi i fronti, oggetto di una propaganda che gestisce al rialzo o al ribasso le cifre, a seconda della convenienza.
Notizia scaccia notizia
L’attenzione dell’opinione pubblica su questo conflitto è ridotta ai minimi termini e la causa non è solamente l’irrompere sulla scena internazionale del conflitto israelo-palestinese, perché è da mesi che ha iniziato a scemare. Con l’Ucraina abbiamo scordato anche il presidente russo Vladimir Putin, mediaticamente ormai con le mani libere di intraprendere inosservato qualsiasi azione. Leggiamo che ha incrementato del 15% i soldati del suo esercito, arruolando volontari, e che ha deciso di punire per estremismo con il carcere da due a dieci anni gli attivisti Lgbtq+ con rischi anche per chi semplicemente fa un repost sui social di tematiche queer, ma sono notizie che ‘non tirano’, che fanno pochi click in rete.
Appena i russi entrarono in Ucraina, nel febbraio del 2022, l’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, disse subito, ignorato dai più, che si era aperta una guerra destinata a cronicizzare. Il cronico porta assuefazione e noi ci siamo in parte assuefatti al conflitto, ma in parte subiamo anche l’effetto di un’informazione che finisce con l’omologare il nostro sentire e la nostra percezione delle tragedie umane a quelle che sviluppiamo davanti alle serie televisive. Finzione e realtà si confondono. Cambiamo canale, ora c’è il Medio Oriente. Anche la paura di trovarci senza gas per riscaldare le nostre case è svanita e con lei il dibattito sull’autonomia delle risorse che sembrava dovesse essere il principale tema in campo di politiche energetiche.
Le sofferenze dimenticate
Eppure in Ucraina ancora si muore e ancora si vive di stenti, mentre nelle sedi istituzionali internazionali, dalla Ue all’Onu e la Nato, i capi di Stato e di governo discutono, dichiarano, forse decidono nell’ignoranza dei più. Gli osservatori dei diritti umani dell’Onu hanno comunque continuato a documentare “torture e maltrattamenti diffusi contro civili e prigionieri di guerra, tra cui gravi percosse, elettroesecuzioni, finte esecuzioni, violenza sessuale e trattamenti degradanti. Sono continuate anche le terribili condizioni di detenzione, caratterizzate dalla mancanza di cibo e di servizi medici, dal sovraffollamento, dalle pessime condizioni di vita e igieniche, dalla privazione del sonno e dall’impossibilità di accedere al mondo esterno. La Russia si è finora rifiutata di consentire l’accesso agli osservatori delle Nazioni Unite per i diritti umani”.
Continuano a essere presenti sul territorio ucraino le organizzazioni non governative e tentano di informarci di quanto sta accadendo alle vite di chi si trova sotto i bombardamenti da ventidue mesi. Uno degli ultimi messaggi circa la guerra russo-ucraina che ho rinvenuto nella mia posta elettronica mi colpisce particolarmente. È di Amnesty International, che, con un rapporto redatto per la Giornata internazionale delle persone con disabilità del 3 dicembre, ci fa sapere che in Ucraina i disabili sfollati sono isolati e abbandonati perché “non riescono, né fisicamente né economicamente, a ottenere cure e alloggi adeguati”. Mancano assistenza sociale e cure mediche adeguate, in un sistema sanitario già sovraccarico, e milioni di civili ucraini sono stati costretti ad abbandonare le loro abitazioni in uno degli stati al mondo con la maggiore percentuale di persone anziane.
Faccio un ultimo ‘giro’ nelle agenzie di stampa. Leggo che Gli Stati Uniti finiranno i fondi per aiutare l'Ucraina entro le fine dell'anno e se il Congresso non approverà nuovi aiuti il rischio è quello di mettere in ginocchio Kiev e penso che questo è un ulteriore segno di un’attenzione decrescente. Tant’è che nemmeno la notizia della scorsa settimana dell’incidente nucleare sfiorato nella centrale di Zaporizhzhia è riuscita a riportare l’attenzione pubblica su di un Paese che in fondo, sino a 22 mesi fa, in molti non sapevano nemmeno collocare sulle cartine geografiche.