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Un’imposta progressiva da applicarsi ai patrimoni di chi occupa posizioni apicali nella distribuzione della ricchezza netta nei Paesi Ue come strumento per arrivare al superamento delle pesanti diseguaglianze esistenti. La proposta, in sostegno della raccolta di firme proposta da Oxfam Italia e Patriotic Millionaires a supporto di un’agenda Tax the rich, è sottoscritta da un nutrito gruppo di economiste ed economisti italiane, come anche rilanciata dal presidente Brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, il quale ha annunciato, allo scorso G7 Finanze, che la porrà sul tavolo del prossimo G20 a Rio de Janeiro.
Gli obiettivi
In Italia, ricorda Oxfam, la ricchezza posseduta dallo 0,1% degli italiani più ricchi (meno di 50.000 persone) è circa tre volte superiore a quella nelle mani della metà più povera della popolazione (25 milioni). Il Manifesto redatto e sottoscritto da 134 economiste ed economisti autorevoli spiega gli scopi dell’obiettivo di una Agenda italiana Tax the rich.
In testa compare l’aumento dell’equità del sistema fiscale italiano, quindi la garanzia di maggiore sostenibilità alle finanze pubbliche, il reperimento delle risorse necessarie per stimolare una crescita sostenibile ed inclusiva e il supporto a politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Tutto ciò anche attraverso il finanziamento di investimenti nella transizione ecologica giusta, nei beni pubblici essenziali come sanità ed istruzione e nel contrasto all’ampliamento dell’area della vulnerabilità ed esclusione sociale.
Le proposte
Entrando nel concreto delle richieste, il Manifesto propone per il breve periodo, quindi misure da applicarsi nell’immediato, l’introduzione di un’imposta progressiva sui grandi patrimoni da applicarsi allo 0,1% più ricco dei cittadini italiani, titolari di patrimoni netti superiori a 5,4 milioni di euro. Una proposta in linea con l’Iniziativa dei Cittadini Europei su cui è in corso la raccolta di firme coordinata da Oxfam Italia attraverso la campagna LaGrandeRicchezza.
Segue l’aumento del prelievo sulle grandi successioni e donazioni per ridurre il regime di sostanziale favore sulle risorse ereditate o ricevute in dono, che hanno scarse giustificazioni di merito contribuiscono a divaricare le opportunità e riducono il dinamismo dell’economia; infine l’introduzione di ulteriori scaglioni ed aliquote marginali Irpef per redditi più elevati.
Nel medio periodo viene invece previsto l’ampliamento della base imponibile dell’imposta sui redditi delle persone fisiche a tutti i redditi da lavoro e ai redditi da capitale finanziario, con la conseguente abolizione dei regimi sostitutivi. Questo comporterebbe il passaggio a una tassazione personale onnicomprensiva, e assicurerebbe, visto l’elevato grado di concentrazione dei redditi finanziari, una maggiore equità distributiva.
Tra le proposte messe in campo anche la revisione del prelievo sui redditi e sui patrimoni immobiliari per aumentarne l’equità verticale e orizzontale. Un punto per il quale l’aggiornamento del catasto, annoso problema del nostro Paese, è dato come precondizione necessaria, perché oggi il valore di mercato degli immobili è, nella media nazionale, di circa 3 volte superiore al valore catastale, con un rapporto più alto in aree ricche del paese e per immobili dal valore di mercato più elevato.
La mobilitazione internazionale
In Europa sono circa 215 mila le firme già raccolte in due mesi per chiedere alla Commissione europea l’istituzione di un’imposta europea sui grandi patrimoni. L’obiettivo è quello del milione di sottoscrizioni entro il prossimo ottobre e sarebbe un nuovo traguardo, dopo quello raggiunto con l’accordo del 2021 tra oltre 140 Paesi per la revisione delle regole di tassazione delle multinazionali al minimo del 15%, benché indebolito dalle numerose scappatoie escogitate dai diretti interessati.
La proposta che Lula porterà al G20 è supportata tecnicamente dall’economista francese Gabriel Zucman, direttore dell’Osservatorio fiscale dell’Ue, il cui recente rapporto ha evidenziato che aliquota minima sul patrimonio dei miliardari pari al 2% del loro patrimonio combatterebbe questa evasione e genererebbe quasi 250 miliardi di dollari tassando meno di 3.000 individui. Si potrebbe pensare a un contributo in fondo minimo, ma senza dubbio sarebbe un passo avanti se si pensa che le stime dicono che attualmente i miliardari globali abbiano aliquote fiscali effettive pari allo 0% - 0,5% del loro reddito. Una sproporzione senza pari se si pensa ai prelievi fiscali che un lavoratore trova mensilmente nella sua busta paga.