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Fa discutere in Spagna la decisione del premier Pedro Sánchez di sciogliere il Parlamento dopo la sconfitta del suo partito, il Psoe, la vittoria del Partito popolare alle elezioni regionali del 28 maggio e l'avanzata delle destre. Il motivo di tale decisione risiederebbe nella volontà di giocare d'anticipo andando al voto a luglio e tentando così di scongiurare il rischio che per dicembre, data delle prossime amministrative, la destra e il PP possa attrarre ulteriori consensi.
Sulla situazione spagnola abbiamo sentito l'opinione di Cristina Faciaben, segretaria con responsabilità delle politiche internazionali di Ccoo (la confederazione sindacale spagnola Commissioni operaie) e titolare del Comitato esecutivo del Ces.
Come può essere spiegato l'esito elettorale spagnolo, nonostante le misure messe in campo dal governo Sanchez in tema di lavoro e di welfare?
E’ difficile da spiegare ed esistono molteplici fattori. Uno è il ruolo che ha giocato durante tutta la legislatura la maggior parte dei media, accusando il governo di Pedro Sanchez di illegittimità, sminuendo le azioni del governo e alimentano il suo discredito. Il governo, da parte sua, non è stato capace di valorizzare sufficientemente quanto ha fatto attraverso gli stessi mezzi di comunicazione. Operazione difficile in un contesto mediatico tanto ostile, che però lo stesso governo ha facilitato, ad esempio cedendo alla destra il controllo della corporation di radio e televisione pubblica (la Rtve).
In secondo luogo il Partito popolare ha basato la sua campagna elettorale nel resuscitare il fantasma dell’Eta (l’organizzazione terrorista basca che cessò la sua attività armata nel 2011) e nel discreditare Sanchez e il suo governo. In terzo luogo, c’è stata un’astensione del 35% e il Partito popolare è rimasto con i voti di Ciudadanos (che è praticamente sparito dallo scenario politico) mentre la sinistra del Psoe (il Partito socialista operaio spagnolo) si è presentato da solo nella maggior parte delle circoscrizioni. Una circostanza che ha diviso il voto e debilitato la presenza in Parlamento tanto di Podemos come di Izquierda unida.
Quale genere di rischio corre la Spagna con le elezioni anticipate?
Il principale rischio per la Spagna è, senza dubbio, che il trionfo della destra porti alla fine delle politiche progressiste avviate e della loro portata sociale in tema di casa, salario minimo, reddito di cittadinanza, sussidi di disoccupazione, violenza sule donne (ricordo la legge ‘Solo sì è sì’ sui rapporti sessuali consensuali), pensioni, riforma del lavoro. Lo stesso vale a livello istituzionale per il dialogo sociale che tanti buoni frutti ha dato. Però il rischio sarebbe estremo nel caso in cui la destra democratica dovesse governare con il partito di estrema destra Vox, come può accadere in diverse Regioni autonome o municipi, evenienza che è già una realtà in Castilla e Leon con pessime conseguenze per la classe lavoratrice e la democrazia in generale.
Quanto pesa la situazione internazionale e la rimonta delle destre e del pensiero di destra in Europa e anche ne contesto extra-europeo?
Un trionfo del Partito popolare supporrebbe una retrocessione del modello di Europa sociale dalla quale bisogna invece difendersi. Inoltre si ridurrebbe la posizione progressista nel Consiglio e nella Commissione europei, perdendo così una opposizione ai modelli neoliberali, maggioritari in Europa. Però se Vox avrà una parte rilevante nel prossimo governo della Spagna, il rischio è enorme, posto che affiderebbe istituzionalmente alla destra un altro importante Paese europeo, come accaduto in Italia, e che andrebbe ad aggiungersi a Ungheria e Polonia. La democrazia e i valori fondanti dell’Unione europea saranno in pericolo. Oltretutto andrebbe a legittimare l’estrema destra, specialmente prima delle elezioni del Parlamento europeo del 2024. A livello internazionale rafforzerebbe l’alleanza fascista mondiale della quale Vox è parte importante.
Quanto è necessaria l'unione sindacale a livello europeo contro l'avanzata delle destre e il rischio di un ritorno alle politiche di austerità?
Ovviamente è fondamentale. Il sindacato rappresenta chi più odia il fascismo: il collettivo, la diversità, la lotta di classe, in buona sintesi la democrazia, per questo abbiamo la responsabilità di dare delle risposte e i luoghi di lavoro sono il germe dei sui progressi, solamente lì possiamo fare la nostra parte. Ci sono iniziative importantissime, come la Red sindical Internacional Antifascista, il progetto della rete sindacale Redes, che vede lavorare insieme alla Cgil italiana e alla Ccoo spagnola anche i sindacati dell’America latina per elaborare una strategia da parte mondo del lavoro che faccia fronte all’ultra-destra.