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L’accordo raggiunto da sindacati e imprese in Spagna la settimana scorsa fa parlare di sé. Il 10% di aumenti salariali nel prossimo triennio è una cifra che colpisce. Soprattutto in Italia, abituati come siamo all’assenza di politiche del lavoro, o alla presenza di politiche “contro” il lavoro. Dietro le quinte, il governo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez si è speso moltissimo perché le parti sociali trovassero un’intesa e ratificassero il loro quinto Accordo per l'occupazione e la contrattazione collettiva (Aenc). Ma, da quando esiste questo tavolo di relazioni sindacali (2001), è stata la trattativa più lunga e difficile, a ridosso di un anno complicato per i lavoratori, il 2022, dove l’inflazione all’8,4% si mangiava i salari che non crescevano, in media, più del 3%. E il 2023 non sta andando molto meglio (+4,1% il carovita ad aprile).
Ora o mai più
Quindi: ora o mai più. E ora è stato. Al tavolo della firma, però, non si è visto nessun rappresentante del governo. Assenza curiosa. In passato c’erano sempre. Richiesta delle imprese: niente ministri. La Spagna è entrata con entrambi i piedi nel suo anno elettorale. A fine anno si terranno le elezioni politiche. Le associazioni datoriali non hanno voluto che il governo si intestasse il risultato, e hanno preferito sottolineare la natura bilaterale del patto.
Così non abbiamo visto una delle sue artefici, la ministra del Lavoro Yolanda Díaz. Chi segue Collettiva ricorderà certamente il suo appassionato (e appassionante) discorso al congresso Cgil di marzo. Ma se non l’abbiamo vista, l’abbiamo sentita. Con un messaggio, proprio mentre sindacati e imprese firmavano in Spagna, che arriva dritto in Italia. Destinataria Giorgia Meloni: il suo decreto del Primo maggio – ha dichiarato Díaz – è un provvedimento “contro i lavoratori”. Come dire: noi facciamo cose diverse.
Strumento importante per la contrattazione
L’Accordo delinea gli aumenti per il prossimo triennio: 4% nel 2023, 3% nel 2024 e nel 2025, più un ulteriore 1% ogni anno in linea con l'inflazione. Si tratta di raccomandazioni non vincolanti che lavoratori e imprese possono applicare (e anche migliorare) nella contrattazione collettiva. Ma avranno un peso importante quando verrà il momento di negoziare gli incrementi. È rimasto fuori il recupero del potere d’acquisto perso nel 2022. Era una urgente richiesta sindacale. Ma, come ha spiegato il segretario generale delle Comisiones Obreras Unai Sordo, “non abbiamo rinunciato a negoziare i salari del 2022”. Il tema resta sul tavolo anche se è fuori dall’Aenc.
Un buon accordo
Si tratta – sempre secondo Unai Sordo – di “un buon accordo, decisivo per gli oltre 1.300 contratti collettivi che restano da negoziare quest'anno”. “Ora dobbiamo rimboccarci le maniche per trasferire questo accordo nei contratti collettivi, per applicarlo nelle migliaia di unità di contrattazione in cui combattiamo le nostre battaglie ogni giorno”, ha aggiunto il numero uno delle CCOO.
“La contrattazione collettiva è uno strumento di condivisione della ricchezza. In questo senso, questo accordo va nella giusta direzione. Rilancerà i consumi”, osserva Pepe Álvarez, segretario generale dell’Ugt, l’altra sigla sindacale firmataria: “Se gli impegni salariali verranno trasferiti ai tavoli di negoziazione, calcoliamo che alla fine del 2025 ci saranno aumenti tra il 10,33% e il 13,56%, a seconda dell'inflazione”.
Disoccupazione e salari
In Spagna il vento soffia a favore del lavoro, ma restano nodi da sciogliere. La riforma del lavoro sta producendo “un impatto molto favorevole sulla qualità dell'occupazione”, spiega Carlos Gutiérrez, responsabile dell’area studi e formazione delle CCOO. Il 46% dei contratti, ad aprile 2023, sono stati a tempo indeterminato. Mentre i contratti temporanei, i “contratti spazzatura”, come li chiama la ministra Díaz, sono calati del 16%. Sempre ad aprile, la disoccupazione ha toccato la soglia più bassa dal 2008: due milioni e 788 mila persone (-73.890).
“Nonostante la difficile situazione economica – commenta Gutíerrez –, nell’ultimo anno ci sono 234.133 disoccupati in meno (-7,8% su base annua) e ad aprile in termini destagionalizzati la disoccupazione registrata è scesa di 2.646 unità”. Ma “disoccupazione, inflazione e perdita del potere d’acquisto dei salari rimangono il problema principale per le famiglie dei lavoratori, e il governo dovrebbe concentrare gli sforzi per affrontarli”.
Preoccupazione confermata da un’asimmetria nella redistribuzione della ricchezza. Se il Pil spagnolo, nel 2022, toccando il 5,5% ha recuperato i livelli pre-Covid, i salari ancora arrancano: il loro peso sul prodotto interno lordo, infatti, non supera il 45,8% nel primo trimestre del 2023.
Due casi esemplari: Castiglia e Andalusia
Per comprendere l’impatto che avrà l’Aenc si può usare un esempio regionale. Come ha spiegato il segretario generale delle CCOO della comunità autonoma di Castiglia-La Mancia, Paco de la Rosa, l’accordo nell’area migliorerà le condizioni di 100 mila lavoratori in contratto scaduto, quindi “dobbiamo congratularci per questa firma”. Nella regione il 42,5% dei contratti è scaduto e deve ancora essere negoziato. Si tratta – spiega il dirigente sindacale – di 33 intese che coprono 19.754 lavoratori nella provincia di Albacete; 30.200 a Ciudad Real; 12.170 a Cuenca; 18.469 a Guadalajara e 18.900 nella provincia di Toledo. Ad oggi sono stati rinnovati 16 contratti, con un aumento salariale medio concordato per quest’anno del 2,86%.
In Andalusia, invece (dati forniti dall’Ugt locale), i contratti scaduti o in sospeso sono 314, e l’Aenc – commenta il sindacato – permetterà di rinnovarli, e raggiungerà “tutte quelle aziende e quei settori in cui la forza sindacale è minore”.
Non solo salari nell’Aenc
Ma l’Accordo – ricorda sempre de la Rosa – è “un documento molto ampio che non parla solo di salari, che cerca in modo trasversale di affrontare tutti i problemi che affliggono i lavoratori e le aziende”.
Ci sono capitoli significativi sulla trasformazione tecnologica e digitale, sull’uguaglianza tra uomini e donne, sulla formazione continua, sulla tutela della salute dei lavoratori, sul telelavoro e sul diritto alla disconnessione digitale, sulla protezione delle persone Lgtbi. Le parti sociali avanzano la richiesta di “formule di pensionamento graduali e flessibili”, oltre a orari di lavoro flessibili e razionalizzati. E auspicano un “controllo umano” dell’intelligenza artificiale applicata al mondo del lavoro.