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La pace e il disarmo come scelte centrali che la politica dovrebbe assumere per uscire da una situazione che è ormai una “crisi sistemica”. Questo l’obiettivo del “manifesto” rivolto all’opinione pubblica, a chi si presenta al voto per rappresentare il Paese in Parlamento e a chi si appresta ad assumere responsabilità di governo, pubblicato dalla Rete italiana pace e disarmo.
L’analisi è “molto severa”, richiamando l’attenzione sull’interdipendenza, sulle connessioni e sulle responsabilità della politica tra le crisi che si susseguono e dalla loro dimensione globale, che mettono a rischio l’umanità intera e il pianeta.
Il richiamo è alla responsabilità collettiva, tanto per il corpo elettorale quanto per chi sarà eletto, affinché vi sia la consapevolezza che la corsa al riarmo, la scelta di ricorrere alla guerra per risolvere i conflitti tra stati, la deterrenza nucleare, la difesa della propria sicurezza tra blocchi militari contrapposti, è strumento e politica del modello di sviluppo non più sostenibile perché energivoro, produttore di diseguaglianze, causa principale delle migrazioni forzate e della distruzione del pianeta.
Per questo si evoca la “crisi sistemica” e s’invoca un cambio radicale di politica, rilanciando il progetto politico europeo per costruire un’Europa di pace e il ruolo delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, quali unici soggetti e strumenti legittimati a regolare i conflitti tra stati e a garantire pace, sicurezza e benessere condivisi, per tutti. Il dibattito politico, purtroppo, è sempre più schiacciato sulla ricerca del consenso piuttosto che sulla costruzione d'idee, proposte e programmi basati sui bisogni delle persone e del pianeta, ma con una visione universale, inclusiva e di futuro.
Anche se non è esplicitato, la crisi scatenatasi dall’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina, è dentro la logica del sistema malato che provoca oramai crisi senza soluzione di continuità. Non fermare la guerra significa non riuscire a uscire dal sistema malato. Le conseguenze le vediamo e le soffriamo in ogni parte del pianeta: prima di tutti a pagare è la popolazione ucraina, con morti, distruzioni e violenze inaudite.
A seguire, le nazioni e i popoli che dipendono dalle forniture di gas, petrolio e grano. La salute collettiva e del pianeta, per la necessità di fare ricorso a nuove estrazioni di energia fossile. L’economia e le condizioni di vita, per la perdita di lavoro e l’aumento della povertà. Tutto si lega e quindi via con la corsa al riarmo, alzando la posta. Tutto il resto è catalogato come “danni collaterali”, un prezzo da pagare per mantenere in piedi il sistema.
Il manifesto, nella seconda parte, indica alcune direzioni di marcia per costruire una politica di pace e di disarmo, per la politica estera, per la difesa non armata e non violenta, per educare alla pace e alla convivenza, per valorizzare il servizio civile universale come scuola di pace.
Sergio Bassoli, Area politiche europee e internazionali Cgil