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Rapito, seviziato, bendato, ucciso e il suo omicidio filmato. È così che è morto Vittorio Arrigoni. Vik, come lo chiamavano a casa gli amici, che era un attivista e un giornalista. Uno che raccontava l'orrore che si consumava ogni giorno nella Striscia di Gaza e che contro quell'orrore si batteva convinto l'unica strada che abbiamo per vivere una vita degna sia quella di "restare umani".
Era stato rapito la sera del 14 aprile 2011 all'uscita da una palestra. I sequestratori, un gruppo estremista salafita, chiesero per il suo rilascio la liberazione dello sceicco Abu al Walid al Maqdis dalle carceri palestinesi, ma in realtà la trattativa non ebbe mai inizio. Il corpo di Vik venne trovato il giorno dopo a Gaza. Lo avevano strangolato. L'anno successivo vennero individuati quattro responsabili ma attorno alla sua storia restano ancora troppi punti interrogativi.
Quello che resta di Vittorio Arrigoni sono le testimonianze. Per anni aveva raccontato con i suoi reportage la Palestina tanto da riceverne la cittadinanza onoraria nel 2008. Ne scriveva sulle pagine de Il Manifesto, Peace Reporter, The Electronic Intifada, Ne parlava a Radio Popolare e Caterpillar. E ancora dal suo blog Guerrilla Radio. Fu testimone dell'offensiva israeliana "Piombo fuso" e delle sue drammatiche ricadute sulla popolazione.
Il giorno prima che venisse rapito aveva scritto in un post: "Quattro lavoratori sono morti ieri notte per via del crollo di uno dei tunnel scavati dai palestinesi sotto il confine di Rafah. Tramite i tunnel passano tutti i beni necessari che hanno permesso la sopravvivenza della popolazione di Gaza strangolata da 4 anni dal criminale assedio israeliano. Dai tunnel riescono a entrare nella Striscia beni principali quali alimenti, cemento, bestiame".
Ma l'eredità più grande che resta, dieci anni dopo il suo omicidio, è quel "Restiamo umani", quell'invito con il quale chiudeva ogni messaggio, quell'indicazione verso quell'unica strada che lui aveva provato a percorrere fino alla fine senza mai arrendersi alla disumanità.