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Il Fondo monetario internazionale sancisce la disfatta sul fronte del Pil subita dall’economia internazionale per la pandemia in corso, con una perdita del 3 percento a livello globale e del 9,1 per l’Italia, e conferma indirettamente i dati del dossier di Oxfam che parla di oltre mezzo miliardo di nuovi poveri, con 3.400 miliardi di dollari di reddito da lavoro che verranno meno nel 2020. Proprio dopo la riunione di ieri dell’Fmi è stato emanato un comunicato nel quale non si parla solamente del tasso di disoccupazione che salirà in Italia al 12,7 percento, ma anche del finanziamento di un fondo di 500 milioni di dollari. Una cifra insufficiente, ci spiega Misha Maslennikov, policy advisor di Oxfam Italia, soprattutto se si considera che sarà denaro “elargito a 25 Paesi, quelli più vulnerabili, a copertura delle spese per debito nei confronti del fondo stesso: è come dire ‘ti do i soldi per pagarmi’, è paradossale”. La confederazione internazionale di organizzazioni non profit chiede invece che il Fondo monetario internazionale emetta diritti speciali di prelievo per mille miliardi di dollari e, nel contempo, ricorra a uno strumento già usato in passato dal Fmi e che coinvolge le sue risorse auree, incrementate per 19 miliardi di dollari dall’inizio dell’anno e alle quali molti Paesi stanno già ricorrendo, monetizzandole, così da fornire liquidità immediata per numerosi miliardi.
Oxfam, nel dossier da poco pubblicato, fa un quadro della povertà dilagante e propone strade percorribili per superare la crisi in atto. Come ci spiega Misha Maslennikov, la struttura occupazionale dei Paesi è tra le principali cause di povertà e infatti a livello globale sono certificati 2 miliardi di persone che lavorano in nero e solo 1 disoccupato su 5 ha diritto a una qualche forma di indennità. La contrazione di consumi e redditi causata dallo shock pandemico rischia di ridurre in povertà tra il 6 e l’8 percento della popolazione mondiale. Per la ripresa Oxfam auspica un maggiore intervento pubblico “che superi i modelli preesistenti, soprattutto per sostenere quelle aree produttive che non possono fare uso massiccio della tecnologia per recuperare i livelli occupazionali perché si basano sul face to face (come, ad esempio il settore turistico e della ristorazione)”.
Nel futuro immediato potrà esserci una spinta all’automazione e alla maggiore digitalizzazione, per questo c’è bisogno di risposte più strutturali, perché “la capacità di fare fronte all’emergenza sanitaria, come al supporto al reddito e alla tutela dell’attività economica, dipende dalla capacità finanziaria e dai margini di manovra per la spesa pubblica dei singoli Stati. Sarà un grande test di solidarietà”. Oxfam chiede quindi un aiuto ai Paesi in maggiore difficoltà economica per aumentarne le capacità di spesa. “Facciamo nostro l’appello che viene dall’Onu per un piano di emergenza da 2500 miliardi di dollari, per le aree più fragili del mondo”, afferma Maslennikov, il quale poi elenca le misure necessarie: “Cancellare il debito dei Paesi emergenti con una moratoria su pagamenti per debito per tutte le spese in conto capitale senza che venga contabilizzato negli anni successivi; moral suasion da parte del G20 affinché la moratoria possa avvenire e accordata da creditori privati così da liberare mille miliardi di dollari; ricorso a emissioni di diritti speciali di prelievo da parte del Fmi; quindi, secondo anche quanto indicato dalla Conferenza Onu del commercio e dello sviluppo, rendere disponibile 500 miliardi di dollari per raddoppiare le spese sanitarie sempre per i Paesi più fragili”.
Maslennikov entra poi nel merito della situazione italiana, per la quale, sostiene, sono necessarie misure di tutela e supporto al reddito e “in questo il governo ha mosso i primi passi con il provvedimento Cura Italia, vedremo cosa accadrà con il decreto di aprile. Il principio di Oxfam è ‘nessuno resti indietro’. Con il decreto di marzo troppi sono gli esclusi, i tre milioni di persone che hanno lavori in nero e non vivono sotto il radar previdenziale e assicurativo, ecco perché le misure devono essere maggiormente estese. Poi bisogna tutelare le imprese sotto il profilo del lavoro, facendo delle differenze. “Le grandi industre e quelle meno toccate dallo shock della pandemia - precisa - dovranno essere le ultime in fila a ricevere un eventuale supporto pubblico. Anche in questo caso bene ha fatto il governo, come anche da noi richiesto, a vincolare il sostegno pubblico ad alcune condizionalità come quella che prevede i livelli occupazionali discussi e concordati con i sindacati, o che l’impresa destinataria non distribuisca i dividendi e non utilizzi la cassa per il riacquisto di azioni proprie per l’emissione dei dividendi stessi e per la componente variabile degli emolumenti dei manager. Bisogna anche stare attenti che le banche non ristrutturino il debito preesistente, ma eroghino sotto garanzie pubbliche nuovi prestiti”.
“Infine - conclude il policy advisor di Oxfam Italia - non è sbagliato pensare che in un momento del genere chi ha di più contribuisca in modo solidale e prevedere a brevissimo termine un contributo di solidarietà fiscale per chi ha redditi più elevati o patrimoni elevatissimi. Lungi dal parlare di una patrimoniale strutturale, ma a lungo termine sarà necessario un ripensamento per una riforma fiscale che abbatta il prelievo sul lavoro, abbassi le imposte per chi è più gravato, inserisca maggiore progressività e la ricostruzione di una base imponibile con alcune forme di reddito a tassazione separata. Non ultimo riprendere una partita a noi carissima per combattere gli abusi fiscali, evasione ed elusione. In questo momento viene meno la solidarietà europea soprattutto da quei Paesi (mi riferisco all’Olanda) con condizioni fiscali tanto favorevoli da fare sì che grandi imprese italiane abbiano lì la sede fiscale”.