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Tre parole, molto chiare e scandite con forza: cessate il fuoco. Tre parole che devono essere ripetute a oltranza, affinché i governi, l’Europa, la comunità internazionale intervengano per mettere fine al massacro di civili, donne, uomini e bambini. Perché è necessario rimettere al centro i diritti dei popoli, distinguendoli dalle responsabilità dei governi, ed è quindi possibile stare dalla parte del popolo palestinese, senza essere contro quello israeliano, anzi difendendo gli interessi di Israele stessa dalla deriva di violenza che la mette in pericolo. Nella convinzione che se non si darà giustizia al popolo palestinese, non potrà mai esserci sicurezza per quello israeliano. Sono parole di pace, non vuote, non retoriche, quelle che ieri si sono alzate da Orvieto, dove la Cgil e lo Spi hanno dato vita ad un confronto pubblico sulla tragedia in corso in Medio Oriente. Tante voci, quelle dei palestinesi, quelle della comunità ebraica, insieme ad associazioni e sindacato, per uscire dalla logica della ineluttabilità della guerra e di un "diritto all’autodifesa che si sta trasformando in licenza di genocidio”.
Mohammed Zawhare: venite in Cisgiordania a vedere con i vostri occhi
“Prima di venire qui sono riuscito a parlare al telefono con mio fratellino di 10 anni. Mi ha chiesto cosa stessi facendo e gli ho spiegato che sto portando una testimonianza in Italia sulla nostra situazione. Allora mi ha pregato di raccontarvi che in Cisgiordania per noi palestinesi vivere è diventato impossibile, tra i check-point dell’esercito e le continue aggressioni dei coloni, armati dallo stesso governo israeliano. Non possiamo spostarci, non possiamo portare gli animali al pascolo, o raccogliere le olive. Abbiamo bisogno del vostro sostegno, venite a vedere con i vostri occhi”.
Luisa Morgantini: dobbiamo salvare Israele da se stessa
“Dal 7 ottobre non c’è un attimo di respiro. Quel giorno Hamas ha commesso un crimine, ammazzando civili israeliani, violando l’etica di qualsiasi resistenza, e per questo dovrà essere giudicata. Ma la risposta di Israele può essere il genocidio? Può essere la costante violazione del diritto internazionale? E la comunità internazionale e l’Europa, quella di Altiero Spinelli, quell’Europa di pace nata dalle ceneri della seconda guerra mondiale, sono sconfitte”.
Ali Rashid: siamo ancora in tempo, ma serve l’impegno di tutti
“La guerra in atto su molti fronti richiede un maggiore sforzo della classe lavoratrice e quindi del sindacato e della società civile. Bisogna chiedere al governo italiano di ritirarsi dalla guerra, militarmente, interrompendo la vendita di armi, e politicamente, smettendo di giustificare come diritto di autodifesa quello che è in realtà un genocidio. Non è più tempo, anche per la Cgil, di misurare le parole. Bisogna fermare il massacro, non solo per i palestinesi, ma per l’umanità”.
Fernando Liuzzi: non lasciamo sola la sinistra israeliana
“La sinistra israeliana, che negli ultimi mesi è scesa ripetutamente in piazza contro il governo di Benjamin Netanyahu, si è sentita molto sola e delusa dopo l’orribile attacco di Hamas del 7 ottobre, con episodi di crudeltà inaudita. Un attacco che ha colpito la zona più progressista del paese, zona di kibbutzim, dove è particolarmente radicato un sentimento solidale e pacifista. L’isolamento internazionale che viene percepito dalla sinistra israeliana deve essere tenuto in conto dai movimenti pacifisti e dalla sinistra globale, se non si vuole spingere ancora di più il paese verso una destra estremista e pericolosa”.
Andrea Malpassi: la nostra domanda di pace è concreta
"La nostra indignazione e condanna per l’aggressione del 7 ottobre non è stata né retorica, né doverosa, ma intimamente legata alla nostra cultura di rifiuto di ogni violenza verso le persone civili. Nessuno può fare lezioni alla Cgil sull’antisemitismo, solo perché critichiamo il governo israeliano e diciamo che la storia non inizia il 7 ottobre. Non può farcele soprattutto chi viene da una tradizione politica che affonda le radici nel fascismo, che mandò gli ebrei ai campi di sterminio. Detto questo la nostra bandiera è e resta la pace. Che non è una frase banale e retorica, ma per noi ha un significato molto preciso: vogliamo che la tregua così faticosamente raggiunta diventi un vero e proprio cessate il fuoco a Gaza; vogliamo che in Cisgiordania si fermi la punizione collettiva che in atto contro la popolazione palestinese; vogliamo una conferenza internazionale di pace, la riapertura di tutti i valichi, per fare entrare acqua, medicine e carburante per gli ospedali; vogliamo respingere la logica dell’escalation, del conflitto, della contrapposizione tra diversi. Insomma, rigettare la logica dell’io per abbracciare quella del noi”.
L’iniziativa: non c’è pace senza giustizia
Fermare la guerra e la violenza in Palestina e Israele, diritti, convivenza, sicurezza per i due popoli: questi i temi al centro dell’iniziativa di dibattito pubblico organizzata dallo Spi Cgil di Terni martedì 28 novembre ad Orvieto, presso l’atrio di Palazzo dei Sette. Dopo l’apertura di Anna Maria Laudadio, segretaria della Lega Spi Cgil di Orvieto, è stato Leopoldo Tartaglia, già responsabile del Dipartimento Internazionale e di Politiche globali della Cgil, a introdurre e coordinare i lavori. Sono poi intervenuti, Luisa Morgantini, Assopace Palestina, già vicepresidente del Parlamento Europeo, Ali Rashid, già primo segretario dell’ambasciata palestinese a Roma, Fernando Liuzzi, del gruppo Martin Buber - Ebrei per la pace, Paolo Tamiazzo, Arci Umbria, Vincenzo Calò, segreteria nazionale Anpi, Mohammed Zawhare, giornalista Comitati lotta popolare Palestina e Barbara Silvestriini per la Cgil di Terni. Hs concluso i lavori Andrea Malpassi, dell'area politiche internazionali della Cgil nazionale.