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Il governo guidato da Boris Johnson è stato lento nel rispondere al diffondersi dell’epidemia e inizialmente ha adottato una strategia decisamente diversa da Paesi come l’Italia e la Spagna. Tuttavia, man mano che la diffusione del Covid-19 si è andata trasformando in pandemia, il nostro esecutivo ha cambiato tattica e si è allineato al resto del mondo. Quando tutto sarà finito dovrà esserci un’inchiesta pubblica che indaghi sui ritardi del governo, adesso, però, è il momento di dare risposte alla crisi epidemiologica e tutele ai nostri iscritti - che sono tutti in prima linea – e vogliono indicazioni su come affrontare questo dramma. I nostri lavoratori, le nostre lavoratrici vogliono sapere che il sindacato c’è ed è al loro fianco anche in questo momento difficile. Alla fine, poi, chiederanno conto al governo di ciò che è accaduto: lavorano nella sanità, nell’assistenza sociale, nell’istruzione, negli enti locali, nelle forze di polizia, nei servizi idrici ed energetici: sono loro che stanno letteralmente tenendo in piedi il Paese.
Per il settore sanitario, il nostro confronto con il governo si è concentrato molto sui dispositivi di sicurezza individuali e su come reintegrare al lavoro personale infermieristico e medico già in pensione (più di 20 mila persone si sono offerte volontarie per tornare in servizio). Stiamo anche mettendo in luce che è l’intera forza lavoro della sanità (servizi pulizie, mense, vigilanza, amministrativi) ad avere bisogno di protezioni adeguate, non solo infermieri e medici.
L’assistenza sociale è per noi fonte di grande preoccupazione. È infatti prevalentemente offerta dal settore privato e i compensi degli addetti sono molto bassi. Al momento, nelle case di riposo, mancano in maniera significativa dispositivi di protezione individuale. Sappiamo anche che ad alcuni lavoratori viene chiesto di pernottare nelle residenze per anziani per limitare il possibile contagio, tuttavia se questo ha senso dal punto di vista del controllo dell’epidemia, va chiarito che se a questi operatori, generalmente sottopagati, viene chiesto di non tornare a casa il loro salario deve essere adeguato. Assieme al governo stiamo elaborando anche delle linee guida per gli assistenti domiciliari.
Tutti gli asili, le scuole e le università sono stati chiusi. Alcuni istituti scolastici, però, sono aperti a beneficio dei figli dei lavoratori essenziali. I servizi di pulizia e mensa sono perlopiù privatizzati ed è nostro compito assicurarci che il personale riceva il proprio stipendio. I sindacati si sono confrontati costantemente con il governo che ha accettato di coprire l’80 per cento delle buste paga di coloro che sono stati colpiti dalla crisi fino a una somma di 2500 sterline al mese. Abbiamo apprezzato queste misure che si applicano anche agli assistenti scolastici e al personale non docente.
Abbiamo alle spalle dieci anni di austerità e di tagli ai servizi pubblici, è inevitabile che ci troviamo oggi sotto pressione. Nella sanità, ad esempio, disponiamo di molti meno letti in terapia intensiva di quanti non ne abbiano in Germania o in Francia. Ciononostante, gli ospedali hanno risposto velocemente e il Servizio sanitario nazionale sta dando vita a mega-sanatori a Londra, Birmingham e Manchester. Il centro londinese disporrà di 8mila letti. Vale la pena precisare che non trovano alcuna conferma le notizie circolate anche in Italia su una selezione preventiva operata sui pazienti destinati a questi reparti. Come ho scritto in precedenza molti ex lavoratori della sanità che hanno lasciato il servizi si stanno offrendo per tornare al lavoro e stiamo collaborando con i datori di lavoro per far in modo che abbiano la giusta formazione e siano correttamente retribuiti. Il personale ordinario è sottoposto a orari estenuanti, con lunghi turni e in alcune zone del Paese, come nella capitale, subisce una pressione enorme. Proprio per questo il Servizio sanitario nazionale sta valutando se procedere a trasferimenti di personale da aree meno critiche a città come Londra dove c’è maggiore bisogno. I lavoratori della sanità si stanno già ammalando e non ci sono ancora tamponi a sufficienza per esaminarli. Questa è un’altra delle richieste sulle quali stiamo incalzando il governo: sono già quattro i medici deceduti.
Se questo è il bollettino per quello che riguarda strettamente l’emergenza e le nostre attività di servizio, non possiamo dimenticare che siamo molto preoccupati anche per l’impatto economico che la pandemia avrà nell’immediato e in futuro. A questo proposito ci hanno promesso che la tutela dei salari con copertura fino all’80 per cento riguarderà anche i 5 milioni di lavoratori autonomi ma non prima del mese di giugno, una data che giudichiamo troppo tardiva, visto che molti sono già in difficoltà mentre vedono il proprio reddito prosciugarsi. Chiaramente, per pagare tutti questi interventi, il governo sta ricorrendo a prestiti considerevoli, il che rende i dieci anni di austerità passata una vera beffa. E allora tanto vale chiarirlo adesso, anche se lo diremo con maggior forza in futuro: dopo Covid-19 non si deve assolutamente tornare alle politiche economiche del rigore.
Nick Crook è responsabile internazionale Unison - UK