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Matthias Sindelar è considerato come il miglior calciatore austriaco della storia (Nel 1999 l’IFFHS lo ha eletto come miglior giocatore austriaco del XX secolo e l’anno seguente è stato eletto "sportivo austriaco del secolo").
“Di muscoli non ne aveva, di consistenza non ne mostrava - scriveva di lui Vittorio Pozzo - Di profilo pareva piatto, sottile, trasparente, come se - scusate la frase alpina un po’ irriverente che viene in mente - la madre ci si fosse, per errore, seduta su appena nato. A vederlo giocare, si trasformava. Era il padrone della palla, l’artista della finta. Alla mancanza di fisico sopperiva subito con l’intelligenza. Aveva appreso a smarcarsi in modo magistrale. Lasciato libero distribuiva, smistava, dettava temi di attacco, diventava la vera intelligenza della prima line”.
Così lo ha raccontato Vladimiro Caminiti: “Era cresciuto senza scarpe e soffrendo la fame. Kalman Konrad lo aiutò a diventare il finissimo rapsodico del calcio. Uno stelo appeso a due occhi azzurri che saettava come una freccia verso i gol più meravigliosi”. Il 28 settembre del 1926 esordisce con la nazionale austriaca a Praga contro la Cecoslovacchia, sfida vinta 2-1 nella quale firma una rete.
L’ultima partita disputata in nazionale da Sindelar, seppure non riconosciuta come partita ufficiale tra le due nazionali poiché l’Austria (denominata ormai Ostmark) non era considerato Paese straniero, è in occasione della famosissima "Partita della riunificazione" organizzata allo stadio Prater di Vienna il 3 aprile del 1938 tra Ostmark e Germania, un incontro che doveva sancire l’unione anche calcistica tra i due Paesi in seguito all’Anschluss del mese precedente con il passaggio dei giocatori austriaci nelle file della nazionale del Terzo Reich.
I vertici della Gestapo consentono alla nazionale austriaca di poter scendere in campo per un’ultima volta con maglia rossa e calzoncini bianchi, imponendo però che la selezione perda la partita. Ma l’Austria vince e Sindelar e Sesta, autori dei gol, rifiutano di fare il saluto nazista alle autorità (Sindelar rifiuterà anche di far parte della nazionale del Reich).
La mattina del 23 gennaio 1939 il Mozart del calcio, come lo chiamava Hugo Meisl, è trovato morto nel suo appartamento insieme a una ragazza italiana, l’insegnante milanese di religione ebraica Camilla Castagnola. L’autopsia attribuirà la morte di entrambi all’avvelenamento da monossido di carbonio. Ma sulla causa della morte rimarranno molti dubbi.
Qualcuno parlerà di suicidio, altri di omicidio da parte della Gestapo, altri ancora di un incidente. La polizia austriaca archivierà il caso in fretta e dopo la guerra anche l’incartamento legato alla vicenda Sindelar sparirà. Di Cartavelina (così era soprannominato l’attaccante a causa del fisico non proprio possente) rimarranno il genio, i gol, il suo fiero rifiuto di piegarsi alla violenza e all’arroganza del nazismo.
“Tu devi essere il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, diceva Gandhi. Bene, impegniamoci per essere quel cambiamento. Noi. Tutti. Adesso. Se non ora, quando?