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Questa mattina migliaia di lavoratrici e lavoratori dei settori metalmeccanico, chimico-farmaceutico, energetico, della moda, della plastica, del vetro e della ceramica si ritrovano a Bruxelles per una grande manifestazione europea organizzata da IndustriAll Europe, la federazione europea dei sindacati dell’industria che rappresenta sette milioni di lavoratori. L’obiettivo è chiaro: chiedere all’Unione europea e ai governi nazionali investimenti e politiche che accompagnino la transizione ecologica senza scaricarne i costi su chi lavora.
Un tema di fondamentale importanza per il futuro dell’industria europea e per la tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. La deindustrializzazione sta diventando una realtà concreta, con conseguenze pesanti sull’occupazione e sulla competitività del nostro sistema produttivo. Approfondiamo con Marco Falcinelli, segretario generale Filctem Cgil, le ragioni di questa mobilitazione.
In che modo l’Europa può assicurare una transizione industriale equa e contrastare il processo di deindustrializzazione in corso?
L'Europa deve attuare una politica industriale forte e proattiva, con investimenti pubblici massicci per sostenere la transizione digitale e green, garantendo al contempo la tutela dei posti di lavoro e dei diritti dei lavoratori. È necessario un nuovo piano di investimenti che, secondo quanto indicato nei rapporti di Enrico Letta, Mario Draghi e della stessa Commissione, dovrebbe raggiungere almeno il 4-5% del Pil europeo ed essere destinato alla trasformazione industriale. Allo stesso tempo, è fondamentale introdurre un sistema di condizionalità sociale che vincoli gli aiuti pubblici a garanzie occupazionali, salariali e contrattuali, impedendo che le risorse pubbliche finiscano nella speculazione finanziaria senza generare benefici concreti per l’occupazione e la produzione europea.
Come può l’Europa recuperare competitività e sovranità industriale?
Va rivista la governance economica dell'Ue, superando le politiche di austerità che negli ultimi anni hanno tagliato gli investimenti pubblici e favorito la delocalizzazione industriale. Gli Stati Uniti e la Cina stanno già investendo massicciamente nei loro settori strategici. L'Europa deve fare altrettanto per non perdere competitività e sovranità industriale.
In quali ambiti è prioritario intervenire?
Energia e transizione ecologica: investimenti in infrastrutture energetiche, produzione di idrogeno verde, energie rinnovabili e tecnologie per la cattura e stoccaggio del carbonio.
Manifatturiero: dalla chimica alla farmaceutica, dall'automotive alla siderurgia, garantendo che l’adozione dei nuovi standard produttivi non metta a rischio l’occupazione.
Microelettronica e semiconduttori: per ridurre la dipendenza dall'Asia e dagli Stati Uniti.
Trasporti e infrastrutture: per una mobilità sostenibile e una logistica industriale efficiente.
Ricerca e sviluppo: un rilancio deciso degli investimenti in innovazione, con un sostegno pubblico che consenta all'industria europea di rimanere all'avanguardia.
Senza investimenti in questi settori strategici, l'Europa rischia di perdere competitività e sovranità industriale, con conseguenze drammatiche per l'occupazione. Ma soprattutto bisogna garantire che produzioni strategiche non vengano abbandonate o delocalizzate, penso ad esempio alla chimica di base, altrimenti pagheremmo un prezzo elevato in termini occupazionali e produttivi, correndo rischi esiziali in termini di dipendenza, soprattutto in un periodo come questo caratterizzato da grande instabilità geopolitica.
Quanto conterà la formazione dei lavoratori per affrontare le sfide della transizione?
La formazione e la riqualificazione saranno essenziali per affrontare le sfide della transizione industriale. Serve un piano per la formazione continua dei lavoratori, investimenti adeguati e percorsi strutturati per garantire un aggiornamento costante delle competenze, in particolare nei settori a forte innovazione tecnologica. Piani con un respiro strategico, da concordare con le organizzazioni sindacali per rimettere al centro la produzione industriale, il ruolo e il valore delle lavoratrici e dei lavoratori.
È necessario proteggere l’occupazione durante le fasi di crisi e i processi di riconversione, destinando risorse alla riqualificazione dei lavoratori, condizionando gli aiuti agli investimenti in formazione. Non possiamo permettere che la transizione diventi una scusa per licenziare lavoratori e precarizzare il mercato del lavoro.
Quali sono le altre istanze che insieme ai sindacati di tutta Europa porterete sotto la sede del Consiglio europeo?
A Bruxelles è in gioco il futuro dell’industria ma la manifestazione di oggi chiede maggiore giustizia sociale e fiscale, un green deal industriale, salari migliori, stop all’austerità, con regole di bilancio che favoriscano gli investimenti pubblici invece di limitarli. L'Europa deve scegliere se vuole essere un continente di sviluppo industriale e giustizia sociale o se invece spingersi ancora di più verso politiche che favoriscono la finanziarizzazione dell'economia e la precarizzazione del lavoro. Noi, ovviamente, manifestiamo e lottiamo per un’Europa di sviluppo industriale, buona occupazione, che contrasti le disuguaglianze.