Samira Sabziana è stata impiccata il 20 dicembre all’alba in Iran. Sposa bambina, dopo quattro anni di violenze da parte dell’uomo che era stata costretta a sposare, lo ha ucciso. Le autorità iraniane l’hanno carcerata, per anni, e condannata a morte, “vittima della macchina omicida di un regime incompetente e corrotto che si è sostenuto esclusivamente uccidendo e instillando paura", come ha scritto l’associazione Human Rights nel dare notizia dell’uccisione di Samira.
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ci ricorda che "la sposa bambina che “è la diciottesima donna messa a morte quest'anno in Iran su un totale di ormai 800 impiccagioni. Le leggi iraniane consentono matrimoni forzati e precoci dall'età di 13 anni per le bambine, non proteggono le donne dalle violenza domestica e poi le ammazzano quando si ribellano".
L’Iran non è però inerme, ci spiega Shady Alizadeh, avvocata italo-iraniana militante per i diritti umani e promotrice dell’appello, sottoscritto anche dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini, per la premio Nobel iraniana. Alizadeh ci racconta l’Iran di 44 anni fa e l’Iran di oggi, con il movimento Vita, donna e libertà, un movimento per il quale lei stessa organizza iniziativa, insieme con un gruppo italo-iraniano di donne e uomini.