A poche ore dalla liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala, la Corte Suprema iraniana ha confermato la condanna a morte per impiccagione di Pakhshan Azizi, attivista curda di quarant’anni detenuta nel tristemente noto carcere di Evin dall’agosto 2023. Una decisione che sembra voler ribadire l’assenza di qualunque apertura sul fronte dei diritti umani da parte del regime iraniano.

Azizi, giornalista e operatrice umanitaria, ha lavorato dal 2014 al 2022 nel Kurdistan iracheno e nel nord della Siria, aree che ospitano donne e bambini sfollati dai territori sotto il controllo dello Stato Islamico. È stata accusata di appartenere a gruppi armati ostili alla Repubblica islamica, accuse che lei ha sempre negato. Dopo il suo arresto, è stata tenuta in isolamento prolungato per cinque mesi, senza alcun contatto con un avvocato o la sua famiglia. Durante la detenzione, ha subito torture e maltrattamenti finalizzati a estorcerle una “confessione” di legami con gruppi di opposizione curdi, accuse che ha continuato a respingere con fermezza.

Il suo avvocato ha evidenziato come i tribunali iraniani abbiano ignorato le prove che dimostrano la natura pacifica delle sue attività, focalizzate esclusivamente sulla fornitura di aiuti umanitari e prive di qualsiasi connotazione politica. La condanna, ha dichiarato, appare chiaramente come uno strumento di intimidazione nei confronti dei dissidenti e, in particolare, delle donne. La repressione si è intensificata dopo l’omicidio di Mahsa Jina Amini, anch’essa curda, che ha innescato le proteste contro il regime negli ultimi anni e il movimento Donna Vita Libertà.

La Cgil è intervenuta con una nota ufficiale, firmata dalla segretaria confederale Lara Ghiglione e dal responsabile delle politiche europee e internazionali Salvatore Marra, indirizzata al ministro degli Esteri Antonio Tajani. Nel documento si sollecita un’azione immediata di mediazione diplomatica per salvare la vita di Azizi e ottenere la sua scarcerazione. “È fondamentale portare la vicenda di Azizi all’attenzione dei media nazionali e internazionali, esercitando una pressione significativa sia sulle diplomazie sia sul regime iraniano”, si legge nella nota.

Oltre alla Cgil, 68 organizzazioni internazionali impegnate nella difesa dei diritti umani e dei diritti delle donne stanno esortando la comunità internazionale a intervenire con fermezza per ottenere la revoca della condanna a morte di Pakhshan Azizi.

È fondamentale sostenere la lotta non violenta del popolo iraniano per la libertà e la democrazia in un momento storico in cui la repubblica islamica utilizza ancora una volta la pena capitale come strumento di repressione del dissenso in tutto il Paese e in modo particolare, condannando a morte tre donne attiviste Pakshan Azizi, Varisheh Moradi e Sharifeh Mohammadi, intende colpire il Movimento Donna Vita Libertà che continua a sfidare il regime in ogni ambito della vita sociale e anche nelle carceri iraniane dove sono rinchiuse migliaia di prigionieri di coscienza come Narges Mohammadi, premio Nobel per la pace 2023, che insieme a centinaia di altri prigionieri politici ogni martedì protestano con ammirevole coraggio e determinazione contro la pena di morte.

Esmeralda Rizzi, Ufficio Politiche di genere Cgil

Parisa Nazari, attivista iraniana