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Carovita e corruzione sono i motivi scatenanti delle manifestazioni antigovernative che da più di una settimana agitano il Libano. Il tratto distintivo di questa protesta è il suo essere trasversale e geograficamente diffusa. In questo autunno caldo, dalle piazze centrali di Beirut alle periferie, sono coinvolte tutte le classi sociali, esasperate dalla crescente crisi finanziaria e dalla mala gestione dell’amministrazione. I manifestanti sono uomini e donne di tutte le età e intendono proseguire fino alle dimissioni dell’attuale governo: attraverso i social fanno sapere che continueranno a bloccare le strade e le principali arterie di collegamento finché non ci saranno risultati concreti ben oltre il ritiro delle ultime nuove tasse.
Una delle immagini simbolo della protesta è il profilo femminile, realizzato dall'artista Sandra K Sahyoun, dal titolo “L’urlo del cedro”. Una grafica potente, evocativa e diretta allo stesso tempo, che simboleggia la resilienza del popolo libanese che grida la propria identità nascosta e l’amore per la propria nazione. Le donne ci sono e sono compatte in questa rivolta popolare che rivendica anche i diritti sociali e di assistenza alle famiglie.
Imane è una delle madri scese in piazza con il fronte femminile (Women's Frontline). Ritornando a casa da piazza dei Martiri, alcuni giorni fa ha scritto nella sua pagina Facebook: “Mi sento infuriata e depressa dopo aver sentito le parole del premier Hariri, un vero insulto per la nostra dignità. Dispiace vedere che tre milioni di persone, di estrazione sociale diversa, nelle strade e nelle piazze parlano con un’unica voce, fortemente unite nel dissenso, e tutto questo viene minimizzato da un governo corrotto. Non penso che continuerà ancora per molto perché è un momento di patriottismo e noi donne, che ogni giorno scendiamo nelle strade, la sentiamo davvero questa rivoluzione”.
Dello stesso avviso anche Martin Accad, direttore dell’Istituto di studi sul Medio Oriente a Beirut, che dichiara: “Tutto è cominciato quando il governo ha provato a introdurre nuove tasse per appianare il bilancio 2020. Ma invece di trovare soluzioni per tagliare i costi si è deciso di aumentare le imposte, i cittadini sono stufi di dover pagare per i politici e i loro sprechi. Si chiede al governo di approvare una legge per le elezioni legislative anticipate, una legge per il recupero dei soldi sottratti dai politici e dal loro entourage e poi di dimettersi. Puntiamo a un governo di transizione composto da tecnici fino alle nuove elezioni generali e, di conseguenza, fino a un nuovo presidente. Tuttavia, il governo finora si è rifiutato di dimettersi. Il premier Hariri ha cercato di offrire un bilancio rivisto per soddisfare le aspettative popolari, ma la sua proposta non è stata accettata dalla gente per strada. Lo slogan principale che viene cantato durante queste proteste è ‘tutti significa tutti’, stiamo dicendo che è troppo tardi per correggere le cose in maniera semplicistica”.