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Lavoratori, cittadini e sindacati scioperano e scendono in piazza il 2 agosto in Nigeria per chiedere al governo di combattere la povertà, la miseria e la perdita di lavoro, di difendere l'interesse generale, osteggiare la corruzione e la criminalità, fare in modo che tutti abbiano pari accesso ai servizi pubblici e all'istruzione. La Cgil è al fianco della Nlc, Nigeria Labour Congress, la maggiore organizzazione sindacale del Paese africano, sostenendo le rivendicazioni per un'economia al servizio delle persone e non degli interessi di pochi.
“Aderiamo all’appello e alla piattaforma Lasciate respirare i poveri che è alla base della mobilitazione, in un Paese che sta vivendo una situazione economica gravissima – spiega Salvatore Marra, coordinatore dell’area politiche europee e internazionali della Cgil -. Il governo non ha tenuto conto delle conseguenze della guerra in Ucraina, della corsa dell’inflazione, del caro vita che ne è conseguito e della scarsezza dei beni di prima necessità, in particolare alimentari. Ricca di materie prime, la Nigeria non riesce a lavorarle sul posto per mancanza di infrastrutture materiali e industriali. Così, le esporta per poi importarle nuovamente. I prezzi vengono determinati e controllati dal governo e dalle agenzie collegate”.
Sebbene sia paradossale per uno dei maggiori esportatori di greggio del continente, c’è anche un problema di approvvigionamento dei carburanti. Le condizioni economiche della Nigeria, che conta 210 milioni di abitanti, il 78 per cento dei quali vive con 1 dollaro e mezzo al giorno, sono aggravate da una moneta in caduta libera e dalle pressioni del Fondo monetario internazionale a negoziare il debito. Una situazione esplosiva alla quale i sindacati si stanno chiedendo di porre rimedio.
“La Nigeria e il suo popolo meritano rispetto e l'autonomia dello Stato dovrebbe essere libera dall'influenza delle grandi corporazioni, delle multinazionali e delle potenze straniere – prosegue Marra -. Inoltre i sindacati sono sotto attacco, vengono accusati perché hanno indetto uno sciopero politico, perché la mobilitazione sarebbe addirittura contraria al dettato costituzionale, cosa assolutamente falsa e perché così si danneggia l’economia e le aziende. È inaccettabile. Questa è una protesta contro la sofferenza delle persone, la povertà, l’aumento delle tasse scolastiche, che lascia senza istruzione moltissimi bambini, la speculazione che spinge in alto l’inflazione”.
Nonostante il prezzo dei carburanti sia diminuito negli ultimi mesi, dopo la spirale causata dal conflitto in Ucraina, in Nigeria non si è registrata alcuna diminuzione. Questo ha innescato un processo speculativo che ha portato in alto anche il costo di produzione degli altri beni, a cui si è sommata la crisi del grano. A pagarne le spese è quella grandissima fetta di popolazione che vive nell’informalità, senza protezioni sociali, senza pensione. Le stesse persone per le quali i lavoratori, i cittadini e i sindacati scendono in piazza nella capitale Abuja e in tante altre città del Paese.