“Nessuno si salva da solo”. Il mondo del lavoro è atteso da sfide globali che rendono quanto mai necessario, più che in passato, il reciproco riconoscimento di lavoratori, sindacati, imprese, governi. Dialogo sociale, quindi, certamente. Ma anche contrattazione, un piano di riconoscimento più alto, dove i diritti di chi lavora siano riconosciuti e tutelati. Diritti a salari non poveri, alla cura, alla formazione.

“Nessuno si salva da solo”, ripete Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, nel suo intervento conclusivo al Labour 7, il summit dei sindacati che ha preceduto il G7 sul Lavoro di Cagliari, in Sardegna (qui il documento finale del vertice). Non si affrontano macro temi come intelligenza artificiale e lavoro, transizione verde e digitale, invecchiamento e formazione “ognuno nel suo Paese e ognuno da solo, ma c'è la necessità, sia sul piano sindacale sia sul piano politico, di essere in grado di avere linee e posizioni comuni”, ha spiegato Landini.

Leggi anche

Non lasciare fare al mercato

Il messaggio che questo L7 consegna ai governi dei “Grandi” per Landini è inequivocabile: “È necessario non lasciare fare al mercato ma rimettere al centro il lavoro e l'intelligenza, non quella artificiale ma l'intelligenza delle persone che attraverso il loro lavoro possono cambiare il modello di sviluppo e di produzione” che, negli ultimi decenni di globalizzazione, ha impoverito lavoratrici e lavoratori.

“La tecnologia non è neutra e, quindi, dobbiamo mettere i lavoratori nelle condizioni di poter discutere come viene utilizzata, per quali fini, chi la controlla e utilizza i dati. Il problema non è essere contro, ma come si utilizza. La logica è il modello sociale da affermare, e non il mercato, e al centro deve esserci la persona”.

Libertà e democrazia nel lavoro

Ma, se si parla di libertà e democrazia, cardini dei sistemi di convivenza contemporanei, allora bisogna anche riconoscere che “una persona per essere libera non deve essere precaria - scandisce Landini -, deve avere uno stipendio dignitoso, non deve rischiare di morire sul lavoro, deve avere garantiti per tutta la vita alcuni diritti fondamentali: alla cura, alla sanità pubblica, alla formazione e all'istruzione”. Temi per i quali il dialogo sociale non basta, insiste Landini, ma occorre appunto la “contrattazione collettiva”, perché “è il momento di realizzare degli accordi, non solo di ascoltarsi reciprocamente”.

Per affrontare la complessità di questi temi, e i “processi di cambiamento che ci riguardano tutti, compreso il cambiamento climatico” occorre un di più di “responsabilità sociale” da parte delle imprese, occorre “l'umiltà” di comprendere che processi simili si governano solo con “l'intelligenza collettiva di tutti”.

La sfida della contrattazione

“Quando parlo di contrattazione e non semplicemente di dialogo sociale – spiega il numero uno della Cgil – chiedo che venga riconosciuto che esistono due soggetti. Esiste l’impresa, il capitale. Ma esiste anche il lavoro, esistono le persone. Questi due soggetti devono avere pari dignità e la contrattazione deve essere proprio finalizzata a ricercare quella mediazione tra questi due interessi per un bene comune”.

Non lasciare fare al mercato, ha proseguito Landini, significa rilanciare “politiche industriali che utilizzino le risorse pubbliche per indirizzare e costruire un nuovo modello di sviluppo, un nuovo modello di lavoro e combattere le diseguaglianze, aumentare i salari, anche introducendo una legislazione che rafforzi la contrattazione collettiva e i salari minimi”.

Giustizia sociale e felicità

Ma, per Landini, “vuol dire anche tassare le grandi ricchezze” che sono aumentate in questi anni mentre il lavoro si è impoverito. È nato “un modello sociale ed economico che non va bene, e non è un caso che la crisi della democrazia, il fatto che molte persone che non vanno più a votare e non si sentono più rappresentate, siano proprio quelle che lavorano”.

“Abbiamo bisogno che il lavoro e la giustizia sociale tornino ad essere i cardini delle politiche economiche e sociali”: questo è “il messaggio da indicare ai ministri che si incontrano” al G7.

Giustizia sociale e “felicità”, conclude Landini. Felicità (pubblica e individuale): è un concetto alla base della tradizione democratica moderna, ma spesso dimenticato o trascurato. A quanto pare, non da Landini: “Io non riesco ad essere felice se le persone che devo rappresentare stanno male, se non sono nella condizione di arrivare alla fine del mese. Per essere felice ho bisogno che quelli che sono attorno a me abbiano la possibilità di essere felici”.

Felicità, di tutti o di nessuno. È un bel tema. Non solo per un G7.