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L’Auditorium della Cava del Sole si trova all’interno di una cava di tufo sulla Via Appia, a solo un paio di chilometri dai sassi di Matera. Fuori, nella città capitale europea della cultura, i visitatori si muovono in folti gruppi al seguito delle guide turistiche, nonostante il tempo incerto. Qui, invece, Cgil, Cisl e Uil si sono date appuntamento per una “riunione straordinaria del gruppo dirigente nazionale”, e per parlare proprio di cultura, lavoro e anche di Europa in vista delle elezioni prossime venture. L’iniziativa è una delle tappe della mobilitazione unitaria che i sindacati confederali hanno intrapreso già con la manifestazione del 9 febbraio a Roma, e che andrà avanti fino al 22 giugno con un’altra iniziativa al Sud, a Reggio Calabria, per discutere di sviluppo e Mezzogiorno.
La due giorni materana è stata aperta oggi, 6 maggio, dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini, parlando proprio di Meridione. “A Matera – ha detto – si evidenziano in modo emblematico tutti i problemi che penalizzano il Sud, e che ne fanno una grande questione nazionale”. Senza le infrastrutture sociali e materiali, infatti, non c’è sviluppo, “né per l’Italia né per l’Europa”. Il nostro patrimonio culturale non adeguatamente valorizzato, è invece una di queste “grandi infrastrutturazioni sociali che possono determinare un nuovo sviluppo di qualità, sia economico che di civiltà”
Anche per questo i sindacati credono che ci sia “uno spazio per una Europa sociale e democratica”, che va perseguito con “una battaglia politica e culturale”, non sottovalutando “l’importanza del voto di fine maggio”. Del resto, ha voluto sottolineare Landini, “la scelta inedita di realizzare un appello unitario con Confindustria nasce proprio da questa consapevolezza”. Però, per “difendere il grande progetto di un’Europa unita, c’è bisogno di cambiarla profondamente”, a partire dal lavoro e dalla sua qualità, dalla “piena e buona occupazione, dall’aumento dei salari, dalla tutela di sicurezza sociale”.
Far vivere l’Europa vuole dire, insomma, battersi per una sua riforma. E ci deve essere “uno scatto di tutto il mondo del lavoro”, contro i diversi nazionalismi che potrebbero compromettere “la possibilità di dare vita ad un’Europa dei diritti”. C’è bisogno, per il leader Cgil, di un processo politico “che rafforzi il controllo democratico ed il potere del parlamento europeo”, che permetta di superare “la logica dell’austerità che ha prodotto il fiscal compact”, e di riformare le istituzioni economiche “a partire dalla Bce, affinché acquisiscano anche l’obiettivo della piena e buona occupazione fino a completare l’unione bancaria”
L’obiettivo di Cgil, Cisl e Uil, è quindi quello di “cambiare l’Europa per farla vivere e dargli una prospettiva”, opponendosi alle rivendicazioni nazionalistiche in materia di lavoro, ai trattamenti contrattuali diversi, al dumping sociale, e alle spinte autoritarie e illiberali in molti paesi. Tutto ciò è, in realtà, anche “il frutto di un limite profondo del processo di costruzione europea”. L'unificazione del mercato e la moneta unica sono infatti arrivate senza un governo unitario dei processi economici e sociali, che “ha finito per favorire la competizione tra gli Stati che compongono l’Europa, invece di produrre una reale e armonizzazione dei diritti e delle condizioni di vita”.
Tutto questo ha prodotto delle profonde divisioni. Esemplificativa è proprio la situazione dell’Italia: “Anche quando c’è stata crescita, questa ha prodotto disuguaglianze tra persone e territori. Una crescita che risulta in qualche misura recessiva anche quando determina un aumento dell’occupazione”. Le difficoltà dell’economia europea, in effetti, e le diseguaglianze che ha prodotto per Landini “non sono estranee al generale slittamento a destra e ai colpi subiti dalle forze politiche che hanno fino ad oggi condotto il processo di costruzione europea”. Così come il fallimento della carta di Lisbona a dieci anni dalla sua stipula, è un chiaro segnale “della necessità di politiche pubbliche adeguate, che richiedono l’abbandono di visioni parziali, di corporativismi istituzionali”. Occorrerebbe invece “un piano nazionale della cultura, della ricerca, dell’innovazione”. Un piano che manca in Italia da decenni, perché comporterebbe “la definizione di obiettivi e strumenti, per attivare una domanda pubblica della quale la cultura e la ricerca possono esserne una componente fondamentale”. Torna quindi imprescindibile la questione degli investimenti e “quella di un diverso modello di sviluppo”.
Bisogna dunque “ricostruire una cultura del lavoro” – l’unico modo “per essere cittadini e persone libere” – e creare “lavoro decente, capace di valorizzare le capacità, le competenze di ognuno e in grado di offrire condizioni di vita dignitose”. È questa la sfida dei sindacati: “Ricostruire il senso e il valore del lavoro nella sua dimensione individuale e collettiva, perché il lavoro è per noi diritto, costruzione politica e sociale, fondamento di cittadinanza e di libertà”. Ci sono, per Landini, diritti quali l’istruzione, la formazione, la sanità, il lavoro, il ruolo e la funzione dei contratti collettivi, che “sono e devono rimanere universali”. Sono queste le ragioni che portano Cgil, Cisl e Uil alla mobilitazione unitaria. “Noi – ha concluso – questo Paese vogliamo unirlo e non approfondire le divisioni come accadrebbe con l’eventuale disegno di autonomia differenziata. Contrastare le divisioni e le diseguaglianze, unire il paese in un’Europa dei diritti e del lavoro. Questo è l’impegno che oggi prendiamo”.