Anche il Portogallo, dopo altri Paesi europei, apre le porte alla settimana lavorativa di 4 giorni, ossia la sperimenta e ne mette alla prova i risultati, che sono soddisfacenti ma pagano dazio a un forte limite: il mancato coinvolgimento dei sindacati. Una quarantina di aziende, nel 2023, ha partecipato al progetto pilota della 4 Day Week lanciato, tra gli altri, dall’economista Pedro Gomes (autore di Finalmente è giovedì! 8 ragioni per scegliere la settimana corta, Laterza). L’esito è stato illustrato a fine giugno 2024 in un Rapporto curato dall'Istituto per l'occupazione e la formazione professionale (Iefp).

Un test lungo un anno

Il progetto pilota consisteva in un test, volontario e reversibile, nel settore privato, senza tagli salariali in presenza di una necessaria riduzione dell’orario di lavoro settimanale, e senza alcuna compensazione finanziaria da parte dello Stato. Hanno partecipato 41 imprese per un totale di più di 1.000 lavoratori. Sono di piccole dimensioni, non più di 20 dipendenti, concentrate nelle aree di Porto e Lisbona e nei settori della formazione, sanità, industria e servizi. Piuttosto distanti, insomma, dal rappresentare le tipiche aziende portoghesi, il che non aiuta a ricavare dati e indicazioni generali. 

Le aziende hanno adottato diversi formati settimanali di quattro giorni. La maggior parte ha iniziato con una settimana di 40 ore, riducendola progressivamente a 36, 34 o 32 ore. Alcune aziende hanno optato per i venerdì liberi, altre hanno adottato una rotazione delle giornate libere puntando sui turni e su squadre di lavoro speculari. Altre ancora hanno ridotto la settimana a 36 ore, aumentando però la durata dell’orario quotidiano. L’opzione più gettonata è stata la “quindicina” di 9 giorni, vale a dire una settimana di 4 giorni alternata a una settimana di 5. 

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Esperienza positiva per i lavoratori

In media, le aziende hanno ridotto l’orario di lavoro settimanale del 12,3%. La maggior parte (l’80%) ha ritenuto l'esperienza vantaggiosa e priva di costi e, dopo sei mesi di partecipazione al progetto, ha continuato il test.

E i lavoratori come l’hanno vissuta? Bene, sembrerebbe. Il 93% ha valutato positivamente l'esperienza e vorrebbe che continuasse. La riduzione dell’orario ha migliorato la salute mentale e ha prodotto, soprattutto per le donne, un impatto significativo sull’equilibrio tra lavoro e vita familiare e privata.

Durante il progetto si è registrata una riduzione media dell'orario di lavoro settimanale da 41 ore a 36,5 ore. I lavoratori hanno dichiarato di aver avvertito una diminuzione nell’incidenza del lavoro straordinario e anche una lieve riduzione del ritmo e del volume di lavoro, nonché dei livelli di stress e pressione.

Alcune sorprese

La ricerca indica che ridurre un giorno durante la settimana è più vantaggioso per le donne e per chi ha qualifiche e salari più bassi. Un dato, questo, che ha sorpreso gli stessi promotori. "Inizialmente pensavamo che fosse un’esperienza più adatta a un'élite, ma non è andata così”, ha commentato la studiosa Rita Fontinha, coordinatrice dello studio assieme a Gomes. La probabile spiegazione, per Fontinha, è che nel mondo del lavoro le ‘élite’ godono di “maggiore autonomia nella gestione della propria giornata lavorativa” e di flessibilità, mentre le fasce più basse, meno remunerate e meno indipendenti hanno dato “un grande valore alla settimana di quattro giorni”.

Giovani e molto istruiti

Qualche numero ancora: il 67% dei lavoratori coinvolti nel progetto sono donne; il 55% ha meno di 40 anni; il 79% ha una laurea, master o dottorato. Si tratta quindi, in un modo o nell’altro, di una élite. Come osserva la confederazione sindacale Cgtp-In in una nota di valutazione del progetto, questi lavoratori “sono più giovani, hanno un livello di istruzione più elevato e una maggiore rappresentanza femminile rispetto alla media nazionale. La maggioranza - prosegue il sindacato - ha contratti di lavoro (non sappiamo se a tempo indeterminato o temporaneo) che coprono 40 ore settimanali, ma tutti dicono di lavorare di più”.

“La settimana lavorativa di 4 giorni non è un’utopia”

“I risultati dello studio indicano che la settimana lavorativa di quattro giorni non è un’utopia, ma una realtà possibile”, ha dichiarato Gomes a Sic Noticias, ma “è necessario un cambiamento importante nell’organizzazione del lavoro. Più si cambia, meglio va sul piano operativo, le aziende sentono di poter mantenere lo stesso servizio, i lavoratori sono più contenti e non vogliono tornare indietro”.

Il rapporto stima che ci vorranno almeno 10 anni per implementare la settimana di quattro giorni. E invita sindacati e associazioni imprenditoriali a dialogare per cambiare il sistema.

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I sindacati non sono stati coinvolti

La Cgtp-In risponde che nel mondo del lavoro portoghese, contraddistinto da orari di lavoro molto lunghi e non regolamentati, “qualsiasi riduzione dell’orario sarà sempre benvenuta, soprattutto quando non implica una riduzione della retribuzione”. Ma ricorda - come si diceva all’inizio - che “tutta questa esperienza si è svolta senza alcun coinvolgimento diretto dei lavoratori e dei sindacati”.

“I lavoratori - spiega la confederazione sindacale portoghese - ovviamente hanno partecipato, ma sotto la guida e in conformità con la volontà dei datori di lavoro, e non sono mai stati chiamati (e nemmeno i sindacati) a pronunciarsi”. Inoltre a lavoratori e sindacati non è stato chiesto di esprimersi sul “formato della settimana di 4 giorni da adottare”.

Il sindacato osserva che “l’opzione della settimana di 4 giorni in uno qualsiasi dei formati sperimentati implica normalmente un aumento dell’orario di lavoro giornaliero, ma si tratta di un aspetto che non viene mai affrontato nel Rapporto”. Uno dei limiti maggiori del progetto, per la confederazione, è che la determinazione dei principali parametri relativi ai minimi settimanali e quotidiani sia stata lasciata “alla libera volontà del datore di lavoro”.

La Cgtp-In punta alle 35 ore

La Cgtp-In resta quindi all’obiettivo fissato nella sua Carta delle rivendicazioni approvata dal congresso dello scorso febbraio, là dove invita a “ridurre la settimana lavorativa normale a 35 ore per tutti i lavoratori, pubblici e privati”. Quanto alla settimana di 4 giorni, per il sindacato (si legge sempre nel documento congressuale) è fondamentale che “non comporti un aumento della giornata lavorativa giornaliera, né una riduzione della retribuzione, né la promozione del lavoro a turni”.

“A nostro avviso - conclude la Cgtp-In commentando il progetto pilota - l’istituzione di una settimana lavorativa di quattro giorni non contribuirà, di per sé, a migliorare l’equilibrio tra vita professionale e familiare. Al contrario, poiché questa settimana può comportare un prolungamento della giornata lavorativa, i problemi quotidiani dei lavoratori con responsabilità familiari potrebbero addirittura peggiorare”.

La strada verso la settimana corta, almeno in Portogallo, è aperta ma è ancora lunga.