PHOTO
Quando si tratta di votare per la Casa Bianca, il mondo del lavoro americano è più corteggiato di una splendida ragazza. Succede ogni quattro anni. Poi le rose rosse appassiscono. Fino all’elezione successiva. L’attrazione non stupisce. Circa un elettore nordamericano su sei è iscritto a un sindacato o appartiene a una famiglia sindacalizzata. Lo conferma un sondaggio Gallup. Nel Michigan, poi, la proporzione si assottiglia a un elettore sindacalizzato su quattro. Non è un esempio scelto a caso: il Michigan è cruciale, è uno Swing State, ossia uno di quei collegi elettorali dove né Donald Trump né Joe Biden hanno la certezza di vincere.
A due settimane dal voto per le presidenziali 2020, la domanda che tutti si pongono è: Biden riuscirà a conquistare, o riconquistare, i lavoratori? Il candidato democratico ce l’ha messa tutta. Il suo programma è denso di iniziative pro-labour. La sua campagna elettorale è ampiamente incentrata su temi e valori del lavoro. Il suo avversario, dato molto indietro in tutti i sondaggi, ce l’ha messa tutta all’incontrario: Trump ha gestito disastrosamente l’emergenza Covid, che è stata anche un’emergenza per il lavoro, e in quattro anni ha danneggiato sindacati e lavoratori, certo non ha governato nel loro interesse.
Si spera che possa bastare per Biden. Ma potrebbe anche non bastare. Karen Nussbaum spiega su Social Europe che negli ultimi anni le politiche neoliberali e vicine agli interessi corporate del Partito democratico hanno causato “un sostanziale passaggio a Donald Trump”, soprattutto “tra gli elettori bianchi della classe operaia”. Un passaggio più esiguo di quanto non si creda, ma pesante in molti Stati contesi oggi e nel 2016, quando Pennsylvania, Michigan e Wisconsin scelsero Trump.
Per evitare che la storia si ripeta i sindacati americani si sono rimboccati le maniche. Nussbaum ne è un esempio: ha fondato e guidato l'Associazione nazionale delle donne lavoratrici, ma ora dirige Working America, un’associazione, affiliata alla centrale sindacale Afl-Cio, che annovera circa tre milioni e mezzo di volontari, tutti iscritti al sindacato e tutti impegnati quotidianamente, tutti in campagna per Biden.
Secondo Nussbaum, negli Stati contesi, negli Stati battleground, ci sono “venti milioni di elettori” da convincere, la maggior parte di loro “è senza laurea e non guarda la tv via cavo”. Sono “elettori a bassa informazione” e “non sono polarizzati”. Con queste persone gli attivisti di Working America parlano di temi diretti e semplici: sanità, sussidi, coronavirus… Trump o Biden?
Nel 2016 uno dei settori “imputati” di aver voltato le spalle ai democratici fu l’edilizia. Anche qui le cose potrebbero cambiare. Lo scorso marzo, un sondaggio interno tra gli iscritti al sindacato North America's Building Trades Unions (Nabtu) ha rivelato un sostanziale pareggio fra Trump e Biden. Ma il presidente era calato di ben sette punti. E da marzo a oggi potrebbe averne persi altri. Il presidente di Nabtu, Sean McGarvey, ha spiegato a Politico che la causa sono i disastri di Trump nella pandemia: “Il più grande errore della sua presidenza”. E ha aggiunto che se Trump fosse stato più aggressivo verso il coronavirus, “sarebbe stato a prova di proiettile. Ora non staremmo nemmeno parlando di Joe Biden”.
Ma il settore edile, secondo Politico, resta ancora diviso a metà: tra gli iscritti al Nabtu c'è “una situazione di stallo in sei Swing States, con Biden al 48% e Trump al 47%”. E questo nonostante l’impegno per Biden dei vertici del sindacato. “Non abbiamo spostato l'ago della bilancia”, ammette Mike Knisley, dirigente del sindacato edile dell'Ohio: circa la metà dei suoi iscritti ha votato per Trump nel 2016 e lo farà di nuovo.
Dal 2019 a oggi l’Ohio ha perso 47 mila posti nel settore manifatturiero, e il vicino Michigan ne ha persi 68 mila. Eppure i lavoratori sindacalizzati di questi due Stati in bilico “sono ferocemente divisi su quale candidato sostenere”, ammette Tim Petrowski, presidente della Usw Local 1900: “Vent'anni fa – ha dichiarato a WBUR - questa sede sindacale sarebbe stata al 95% democratica, e ora è davvero divisa. Probabilmente ora dovrei dire: qualcosa come 60 a 40 per i repubblicani contro i democratici".
Biden in Pennsylvania
A livello centrale e nazionale il quadro è più semplice: le principali sigle sindacali appoggiano Biden e fanno campagna per lui. Nel corso di un’intervista, il presidente dell'Afl-Cio Richard Trumka ha dichiarato che il giorno delle elezioni gli iscritti al suo sindacato (12,5 milioni di persone) “usciranno di casa” e voteranno per Biden. Trumka è convinto che Biden possa vincere le elezioni e ha messo in guardia Trump dalla tentazione di contestare l’esito del voto.
Ma è il Seiu, due milioni di iscritti nel settore dei servizi, la sigla più impegnata al fianco dei democratici. La sua presidente, Mary Kay Henry, prevede che l’80-90 per cento degli iscritti voterà per Biden. Lo scorso febbraio il Seiu ha stanziato 150 milioni di dollari per la campagna elettorale contro Trump. Ma all’epoca il sindacato non poteva sapere che i suoi lavoratori si sarebbero trovati in prima linea durante la pandemia. Lavoratori, come sottolinea l’Huffington Post, “ora riconosciuti come ‘essenziali’. Infermiere, assistenti domiciliari, addetti ai servizi di pulizia e di ristorazione: coloro che hanno lavorato in alcuni dei settori più a rischio negli ultimi nove mesi”.
Il Seiu potrebbe svolgere un ruolo determinante nelle comunità afroamericane, latine e asiatiche, in fasce di elettorato tradizionalmente astensioniste, ma che ora, dopo aver rischiato di ammalarsi ogni giorno, potrebbero trovare motivazioni e votare contro Trump. “I membri del sindacato vivono e lavorano in quelle stesse comunità, possono raggiungere gli elettori e persuaderli”, ha detto Henry all’HuffPost, sono “quegli elettori ignorati e poco frequenti che potrebbero fare la differenza per Biden in Stati difficili come la Pennsylvania, la Florida, il Michigan e l'Arizona”.
Il piano originario della campagna elettorale Seiu era tipicamente grassroots: comunicazione porta a porta, manifestazioni, riunioni. Il Covid l’ha cambiato: direct mail, messaggi digitali, annunci, a oggi più di 14 milioni di telefonate e più di 12 milioni di messaggi di testo.
Ancora: un ruolo importante lo ha svolto e lo sta svolgendo Unite Here, 300 mila iscritti soprattutto nel settore alberghiero e della ristorazione. I suoi membri provengono da 40 paesi e parlano 148 lingue. Unite Here è stata determinante nel 2018, in Nevada, altro Stato in bilico, dove nelle elezioni di medio termine per il Congresso vinsero i democratici. E potrebbe ripetersi in un altro Stato campo di battaglia, la Florida, dove sta conducendo una campagna elettorale aggressiva sebbene molti dei suoi iscritti abbiano perso il lavoro.
“Penso che Trump, il governatore, i nostri datori di lavoro, ci considerino impotenti, disperati, sconfitti, senza lavoro e incapaci di mobilitarci. Ma è vero l’esatto contrario”, ha detto Wendi Walsh, segretaria Unite Here nella Florida del Sud, al Miami Herald. “I nostri membri non dimenticheranno mai come sono stati trattati negli ultimi sei mesi", ha aggiunto Walsh. “Esattamente come dobbiamo lottare ogni giorno con i datori di lavoro per un aumento, in queste elezioni dobbiamo lottare contro Donald Trump per ricostruire le nostre famiglie e il nostro sindacato”.
È una battaglia con incertezze e certezze. Gli insegnanti sono una certezza. Hanno stabilito un record di donazioni individuali ai democratici. Ben 130 milioni di dollari, ricostruisce Open Secrets. Il 90% delle donazioni degli educatori è andato al partito di Biden. Soldi schierati in una direzione unica: contro Trump. Come chiarisce Randi Weingarten, presidente del sindacato Aft (American Federation of Teachers), se “Trump sceglie il caos, noi scegliamo la comunità. L’America di Trump non è l'America. Abbiamo un’alternativa”. In questo caso vertici e base la pensano allo stesso modo. Senza se e senza ma.