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La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, chiama “importantissimo protocollo di intesa tra Italia e Albania in materia di gestione dei flussi migratori” l’accordo siglato con il premier albanese, Edi Rama, che vede i migranti trattati come merce.
Modello Cpr
L’Italia realizzerà a proprie spese, presso il porto di Shengjin e l’area di Gjader, due strutture di ingresso e accoglienza temporanea degli immigrati salvati in mare. La capienza sarà fino a tremila persone (per un totale di 39mila in un anno) e la funzione quella di espletare velocemente le procedure per le domande di asilo o per eventuale rimpatrio. La giurisdizione dei centri sarà italiana e sarà dunque l’Italia a occuparsi delle procedure di sbarco e identificazione, realizzando anche un centro di prima accoglienza e screening e una struttura su modello dei Cpr per le successive procedure.
Saranno però utilizzate le forze di polizia albanesi per la sicurezza e la sorveglianza. L’accordo, è stato precisato, non si applica agli immigrati che giungono sulle coste e sul territorio italiani ma a quelli salvati in mare, fatta eccezione per minori, donne in gravidanza e soggetti vulnerabili.
Cgil: risposta antidemocratica
“Il concetto dell’esternalizzazione delle frontiere è un chiodo fisso dei governi che non considerano l’immigrazione un fattore strutturale – spiega Kurosh Danesh, responsabile dell'ufficio immigrazione della Cgil nazionale – e che danno quindi risposte cattive e antidemocratiche. C’è un’ansia di Meloni e del suo governo di fare propaganda dimenticando l’aspetto umano e trattando le persone come merci”.
Arci: contro il diritto internazionale
Sugli scopi propagandistici dell’esecutivo insiste anche l’Arci, con il responsabile immigrazione, Filippo Miraglia, che sottolinea la “evidente difficoltà sulla gestione dell'immigrazione” che spinge Meloni a fare un altro accordo “contro il diritto internazionale e le direttive europee".
“Il divieto di respingimento impedisce che imbarcazioni italiane, come quelle della guardia di finanza e della guardia costiera, portino potenziali richiedenti asilo nel territorio di un altro stato, anche se c'è un accordo”. Miraglia ricorda quindi che “le Convenzioni internazionali e le Direttive europee sono leggi di rango superiore e anche il governo Meloni deve rispettarle, altrimenti saranno i giudici europei o quelli italiani a dover intervenire per riportare l'Italia nella legalità”.
Vulnerabili senza regole
Inoltre c’è il problema della valutazione della vulnerabilità dei soggetti che, secondo l’intesa, non sarebbero sottoposti alle suddette misure e Danesh si chiede “secondo quali parametri sarebbero considerati vulnerabili e con quale discrezionalità, senza dimenticare che tutti i migranti sono vulnerabili, dal momento che arrivano a bordo di barconi, affrontando viaggi inimmaginabili e quasi sempre per sfuggire a situazioni di fame, di guerra o di persecuzione”.
La contropartita
Infine, benché Giorgia Meloni abbia escluso qualsivoglia compenso in denaro al governo albanese per l’accordo, sembra evidente che la contropartita di Tirana consista anche nell’appoggio e la sponsorizzazione italiana per l’ingresso nell’Unione europea dell’Albania. Il percorso è stato avviato nel 2009 e il Consiglio d'Europa, nella valutazione dello scorso dicembre, ha fatto sapere di essere in attesa che l'Albania intensifichi gli sforzi “al fine di stabilire una solida casistica per quanto riguarda la corruzione ad alto livello” e, in materia di diritti fondamentali, “ha invitato l'Albania a compiere progressi tangibili riguardo alla libertà di espressione e a consolidare i diritti di proprietà in modo trasparente”.
Le domande del sindacato al governo
Ancora dalla Cgil la segretaria confederale, Maria Grazia Gabrielli, nell’esprimere forte preoccupazione per le conseguenze del protocollo, pone alcune domande al governo: “Se realmente è possibile processare le richieste di asilo in tempi così ridotti, perché farlo in Albania? Ma soprattutto, sappiamo che per una seria valutazione delle domande - spesso complesse - c'è bisogno di tempo per evitare appunto approcci approssimativi con il rischio di comprimere i diritti stessi dei richiedenti asilo. Quali costi di gestione e del personale saranno necessari per sostenere questa operazione? Come sarà possibile supportare i migranti per l'accesso alle richieste e procedure di asilo?”.