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Un nuovo rapporto congiunto dell'Undp (Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo) e dell'Unescwa (Commissione economica e sociale dell'Onu per l’Asia occidentale) lancia un drammatico allarme sulle difficoltà economiche e sociali che lo Stato di Palestina dovrà affrontare nei prossimi anni a causa della guerra in corso. Secondo il report, la povertà potrebbe colpire oltre il 74% della popolazione nel 2024, pari a circa 4,1 milioni di persone. I nuovi poveri saranno 2,61 milioni recentemente impoveriti.
Nel testo, intitolato "Guerra di Gaza: impatti socioeconomici previsti sullo Stato di Palestina", si prevede anche la drammatica flessione del 35,1% del Pil rispetto a uno scenario senza guerra, mentre la disoccupazione rischia di raggiungere quasi il 50%, aggravando ulteriormente una situazione già fragile.
Gaza ributtata negli anni ‘50
Le proiezioni indicano che, anche con aiuti umanitari costanti, il ritorno ai livelli economici pre-crisi potrebbe richiedere almeno un decennio. "Di fronte alla sofferenza immediata e alla tragica perdita di vite umane, si profila anche una grave crisi di sviluppo che mette a rischio il futuro dei palestinesi per le generazioni a venire", ha affermato Achim Steiner, amministratore dell’Undp. "Oltre alla fase di assistenza umanitaria, è urgente avviare una strategia di ripresa che possa gettare le basi per una ripresa sostenibile".
Secondo l'Onu, infatti, senza un intervento robusto e mirato che favorisca l’autosufficienza delle comunità, lo sviluppo umano potrebbe subire un brusco arretramento. Entro la fine del 2024, infatti, l’Indice di sviluppo umano (Hdi) della Palestina potrebbe scendere a livelli storicamente bassi, simili a quelli registrati nel 2000, con Gaza in particolare che tornerebbe indietro di ben 69 anni.
Tre scenari, l’impatto delle restrizioni
Il report esplora tre possibili scenari di ripresa. Nel primo scenario, una “Ripresa anticipata limitata, il divieto per i lavoratori palestinesi di recarsi in Israele e il trattenimento delle “entrate di compensazione” da parte dell’Autorità palestinese rimarrebbero in vigore. Questo scenario prevede che gli aiuti umanitari si mantengano ai livelli attuali, stimati a circa 280 milioni di dollari all’anno. La seconda ipotesi, “Nessuna ripresa anticipata”, manterrebbe unicamente l'assistenza umanitaria ai livelli di base. In entrambi gli scenari, il recupero pre-conflitto richiederebbe almeno dieci anni, mostrando i limiti della sola assistenza umanitaria.
Il terzo scenario, chiamato “Ripresa anticipata non limitata”, ipotizza invece la rimozione delle restrizioni economiche e l’introduzione di fondi annuali per il recupero e lo sviluppo per circa 290 milioni di dollari, aggiunti agli aiuti umanitari. Questo modello di intervento, volto a favorire la produttività e il recupero economico, potrebbe permettere allo Stato di Palestina di riallinearsi con gli obiettivi di sviluppo entro il 2034, riducendo significativamente la povertà e portando la disoccupazione al 26%.
L’impatto della crisi sui diritti fondamentali
Secondo Rola Dashti, segretaria esecutiva dell'Unescwa, la situazione sta spazzando via decenni di progresso e amplificando le condizioni di deprivazione della popolazione palestinese: "È tempo di porre fine alla sofferenza e allo spargimento di sangue nella nostra regione. Dobbiamo unirci per una soluzione duratura in cui tutti possano vivere in pace e beneficiare di uno sviluppo sostenibile".
Nel 2024, si prevede un aumento allarmante dell’Indice di povertà multidimensionale (Mpi), che misura la deprivazione in diverse aree, dall’abitazione alla salute e all’istruzione. I tassi di povertà multidimensionale sono infatti previsti in crescita dal 10,2% nel 2017 al 30,1%. Ad essere colpiti sono in particolar modo l’accesso ai servizi essenziali, la libertà di movimento e la sicurezza. Insomma, secondo l'Onu, solo rimuovendo le attuali restrizioni economiche e investendo strategicamente nella produttività e nello sviluppo, si potrebbe sperare di ripristinare la crescita e fornire un futuro più stabile alla Palestina.