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La decisione del Parlamento israeliano di mettere al bando l’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) è un altro colpo di piccone al riconoscimento dei diritti dei palestinesi, al diritto internazionale e alla pace. Con due leggi, votate a grandissima maggioranza, Israele proibisce all’Agenzia delle Nazioni Unite di operare a Gerusalemme Est, in Cisgiordania ed a Gaza, chiude la sede centrale di Shiek Jarrah, e toglie lo status ed i benefici fiscali e diplomatici all’Agenzia ed al suo personale.
Un precedente unico nella storia delle Nazioni Unite: uno Stato membro che disconosce un’Agenzia Onu e di fatto tende a eliminare il diritto internazionale di rifugiati ai palestinesi; i quali hanno perso case, terreni e cittadinanza a causa della guerra del 1948 che ha determinato la nascita dello stato d’Israele su di un territorio pari al 55% della Palestina originale con l’espulsione di circa 700 mila palestinesi e, successivamente, con la guerra dei sei giorni nel giugno del 1967, che ha prodotto l’occupazione di Gerusalemme e di un ulteriore 23% del territorio palestinese e l’espulsione altri 400 mila, approssimativamente. Palestinesi che da allora sono riconosciuti, in base al diritto internazionale come profughi ed assistiti dall’Agenzia Onu, nei campi profughi allestiti a Gerusalemme, in Cisgiordania, a Gaza e nei paesi limitrofi, Siria, Libano, Giordania, Iraq.
Oggi l’Agenzia garantisce assistenza sanitaria, scolastica ed alimentare, a circa 2,5 milioni di palestinesi così distribuiti, nella Striscia di Gaza; 1,5 milioni di profughi, in 8 campi, gestendo 183 scuole e 22 centri sanitari, in Cisgiordania e Gerusalemme; circa 900mila profughi in 18 campi profughi, gestendo 96 scuole e 43 centri sanitari, oltre ai programmi di assistenza sociale, diritti delle donne e micro-crediti per avviare attività economiche. Sono circa 30mila i dipendenti dell’Agenzia, tra docenti, sanitari, logisti, operatori sociali, ausiliari tutti quanti palestinesi, in molti casi, persone provenienti dai campi stessi, formatesi nelle università e sul campo.
Pensare che questa enorme organizzazione e questi servizi essenziali e vitali, siano soppressi e successivamente sostituiti dalle istituzioni israeliane, in quanto forza occupante, e quindi responsabile di garantire alla popolazione occupata i servizi umanitari, in base al diritto internazionale, è una mera illusione o più semplicemente siamo di fronte a un’ulteriore escalation della strategia di espulsione della popolazione palestinese dai territori occupati, dalla Striscia di Gaza e da Gerusalemme est.
Vale ricordare che la questione del diritto al ritorno, ovvero, il riconoscimento del diritto di quelle famiglie che fuggirono o furono espulse durante la “nakba” e la guerra dei sei giorni, a ritornare o di avere riconosciuto tale diritto e quindi, essere oggetto di un accordo e di un negoziato tra le parti, è rimasto uno dei punti in sospeso anche nell’accordo di Oslo del 1993. Il funzionamento e la presenza dell’Unrwa è anche una garanzia per tenere in vita questo diritto, mentre, la sua eliminazione è un attacco non solo alle Nazioni Unite ma anche al diritto che la giustifica.
L’opinione pubblica, il governo, il Parlamento italiano non possono tacere o lasciar passare questa decisione nell’indifferenza. La posta in palio è un diritto universale inalienabile che oggi deve valere per il popolo palestinese, come domani deve vale per ogni altro popolo.
Sergio Bassoli, area Politiche internazionali Cgil Nazionale