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Sono ben 57 le multinazionali e grandi corporazioni che parteciperanno alla tavola rotonda organizzata dalla Commissione europea oggi sul cosiddetto Pacchetto Omnibus, ovvero quello che si annuncia il più grande tentativo di deregulation mai messo in atto dalle istituzioni europee. Solo 10 le Ong invitate di cui due organizzazioni sindacali fra cui la Ces. Ci saranno le multinazionali delle fonti petrolifere inquinanti, ma non le aziende che invece hanno sostenuto la legislazione europea in materia di sostenibilità sociale, climatica e ambientale. Non un caso, evidentemente. Come in Italia, anche l’Ue ora si sceglie gli interlocutori con cui negoziare?
È per questo che stamani una folta delegazione della Cgil era presente al presidio, guidata dall’Ufficio di Bruxelles e dall’Area delle politiche internazionali, insieme alla Ces, alle federazioni europee di categoria e ad altre Ong davanti alla Commissione in piazza Shuman a Bruxelles per il primo di una serie di preannunciati appuntamenti di mobilitazione.
“Parte davvero con il piede sbagliato nel merito e nel metodo la consultazione sul cosiddetto Pacchetto Omnibus, una serie di norme che minacciano di infierire un colpo di grazia a importanti normative come la direttiva sul dovere di vigilanza (Cs3d) o sulla rendicontazione sociale (Csrd) delle imprese”. Così Salvatore Marra, responsabile Politiche europee e Internazionale Cgil.
Il sindacalista aggiunge: “Nella precedente legislatura europea, un coro unanime aveva detto “Mai più Rana Plaza”, uno dei peggiori disastri avvenuti nella storia industriale moderna proprio nella catena di fornitura. Da allora abbiamo mosso importanti passi avanti, come l’International Accord, rinnovato peraltro nel 2025, che ha protetto le vite e la salute e sicurezza di migliaia di lavoratrici e di lavoratori”.
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Al presidio era presente anche Isabelle Schömann, vicesegretaria generale della Ces che ha dichiarato: “Questo è un programma di deregulation. L'interesse generale e la dimensione dei diritti umani vengono totalmente trascurati a favore delle richieste di poche grandi aziende con una storia di violazione dei diritti dei lavoratori e di inquinamento dell'ambiente”.
Marra quindi riprende: “È il momento di decidere da che parte stare: con il presidente polacco Tusk che guida la presidenza dell’Ue e invoca la guerra alla burocrazia forsennata e con Trump che con un ordine esecutivo ha imposto a tutte le agenzie di federali di cancellare 10 norme nel momento in cui ne introducono una nuova o con chi vuole rafforzare il modello sociale europeo, proteggere il lavoro, a contrattazione e il pianeta?”.
Per la Cgil la risposta è chiara: “Con i referendum sul lavoro che voteremo nei prossimi mesi – conclude Marra –, noi ci schieriamo senza se e senza ma dalla parte della democrazia, del lavoro e dell’ambiente”.