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Rivendicare una politica di pace, inquadrata nella Costituzione, non è mai stata una questione solo per pacifisti e nonviolenti. Ora più che mai è un’emergenza e una priorità per le nostre democrazie e per continuare a pensare a un futuro. Per l’Italia, per l’Europa e per il mondo intero. Dalla mossa spregiudicata e criminale di Putin di invadere l’Ucraina, assistiamo a continui strappi e lacerazioni del diritto internazionale, delle libertà e del sistema democratico, e ad accelerazioni di quella che Papa Francesco usa chiamare “la terza guerra mondiale a pezzi”.
Se solo pensiamo che prima di quell’evento la Nato era considerata un soggetto a “elettroencefalogramma piatto” e che la priorità era il rilancio dell’Europa, dopo la pandemia Covid-19, con i nuovi programmi d’investimento (Next Generation Eu), l’uscita dal fossile e l’espansione della spesa.
La scelta dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri di seguire la Nato e il principale partner, gli Stati Uniti, nel rispondere alla Russia con la stessa moneta, la guerra, ci ha infilato nella logica del nemico da abbattere, nella minaccia alla democrazia e alle libertà e, quindi, via per la strada buia della guerra, del riarmo, sordi e ciechi, dimentichi del passato, dritti fino alla vittoria.
Pura follia. In un attimo abbiamo buttato nel baratro la nostra forza: il sistema del diritto, la legalità, la sicurezza comune, la solidarietà e la cooperazione, la diplomazia e lo strumento della politica: l’Europa che ripudia la guerra, riferimento e baluardo del diritto e della giustizia, attore di pace.
Ma non è finita qui. Altra crisi e altra delusione. L’assenza di risposte alle legittime aspirazioni del popolo palestinese ad avere un proprio Stato, hanno determinato un’esplosione di violenza e di crimini di guerra come mai era accaduto dalla naqba (per i palestinesi) o guerra d’indipendenza (per gli ebrei/israeliani) a oggi, senza che la comunità internazionale sia stata in grado di prevenire e di fermare quello che è successo il 7 ottobre 2024 e la risposta israeliana.
La sommatoria di violazioni del diritto internazionale, del diritto umanitario e il disprezzo dell’autorevolezza delle Nazioni Unite è tale da pensare a un ripetersi di illegalità, violenze, tentativi di pulizia etnica o il consolidarsi dell’occupazione e un ulteriore disordine e caos nell’intera regione nella sponda Sud del Mediterraneo.
In questo contesto, la rielezione di Trump e il risorgere delle destre e dei movimenti xenofobi, razzisti e di stampo fascista in Europa, è come una congiunzione astrale che scatena la tempesta perfetta sull’ordine mondiale del sistema Onu. Un sistema con le sue leggi e i suoi organi di giustizia, costruiti sulle macerie delle due guerre mondiali e sulle democrazie liberali che, nonostante limiti e debolezze, hanno consentito per circa 80 anni la conquista di diritti fondamentali e di libertà come mai era accaduto nella storia umana.
Ed eccoci alla resa dei conti. Guerra ai migranti, guerra a chi evoca il cambiamento climatico, guerra alle agenzie delle Nazioni Unite, guerra a chi protesta chiedendo il rispetto della Costituzione e delle leggi nazionali, guerra a chi assiste migranti e vittime delle guerre, guerra alla libertà di espressione e d’informazione. Guerra a chi sciopera per condizioni di lavoro sicure, salari equi, contro sfruttamento e precariato. Guerra a chi esprime identità diverse.
Lo abbiamo sempre detto che occorre unire le lotte e le piattaforme per la difesa dei diritti, delle libertà e della democrazia, perché il nemico è un sistema politico, economico, culturale globalizzato, controllato sempre più da grandi poteri economici e finanziari che hanno messo sotto scacco le democrazie e pensano a un mondo senza più diritti e regole, dove solo i più ricchi saranno in grado di governare il pianeta e, non è esagerazione dire che pensare anche al governo dell’universo.
Ce n’è abbastanza per unirsi alla rivolta sociale. Il tempo della pace è ora, ma dobbiamo costruire tutti insieme forme, contenuti e azioni della protesta sociale, del rifiuto della guerra, che si tiene con la difesa del diritto alla salute, all’educazione, al lavoro sicuro e con diritti, alla solidarietà e all’inclusione.
L’appuntamento dei cinque referendum è il banco di prova per unire la maggioranza degli italiani, al di sopra delle appartenenze ideologiche e delle divisioni di ogni tipo, per ritornare a essere protagonisti del proprio futuro. Lavoro sicuro e con diritti, cittadinanza per chi vive, studia e lavora in Italia sono tasselli del mosaico di pace, giustizia, sicurezza comune e condivisa fondamentali per costruire l’alternativa alla violenza, al razzismo, alla prepotenza e all’arroganza di chi pensa di imporre il governo dei ricchi e dei forti con le buone o con le cattive.
Sergio Bassoli, area Politiche internazionali Cgil nazionale