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I sindacati dei servizi pubblici promuovono per la prima volta un'azione giudiziaria contro la Commissione europea per cercare di far rispettare il dialogo sociale. Oggi, infatti, a Lussemburgo la Federazione sindacale europea dei servizi pubblici (Epsu), come riporta un comunicato di Epsu, compare dinanzi alla Corte di Giustizia per denunciare la violazione da parte della Commissione europea delle norme sul dialogo sociale. È la prima volta che un'organizzazione sindacale europea intenta un'azione contro la Commissione in materia di politica sociale. A Lussemburgo anche una rappresentanza della Fp Cgil, guidata dalla responsabile Internazionale, nonché vicepresidente del Comitato europeo del settore amministrazioni centrali (Nea) di Epsu, Nicoletta Grieco.
Con l'azione di oggi, Epsu cerca di fare annullare una decisione senza precedenti della Commissione, quella di rifiutarsi di presentare al Consiglio una proposta per l'attuazione dell'accordo tra le parti sociali delle amministrazioni centrali sui diritti all'informazione e alla consultazione. La sentenza, prevista entro la fine dell'anno, determinerà i diritti inalienabili delle parti sociali dell'Ue in materia di diritto del lavoro e diritto sociale.
L'accordo in questione è stato adottato nel dicembre 2015 da Epsu, Tuned (Trade Unions' National and European Administration Delegation) e dall'ex ministro francese della Funzione pubblica, Marylise Lebranchu, a nome dell'Eupae (European Public Administration Employers). L'obiettivo era colmare una lacuna di lunga data nella legislazione comunitaria sui diritti di informazione e consultazione, non da ultimo sulle ristrutturazioni, che esclude i dipendenti e i funzionari delle amministrazioni centrali. All'epoca, l'accordo fu accolto favorevolmente dalla Commissione come contributo ad un servizio pubblico moderno e di alta qualità in tutta Europa. Tuttavia, poco più di due anni dopo, il 5 marzo 2018, la Commissione ha respinto la richiesta delle parti sociali di trasporre il contratto collettivo nella legislazione dell'Ue.
La decisione senza precedenti del Collegio dei Commissari mina completamente il pilastro europeo dei diritti sociali del novembre 2017, che ha riaffermato il diritto di tutti i lavoratori di esprimersi su questioni che li riguardano direttamente. La decisione: ignora completamente il principio della parità di trattamento tra tutti i lavoratori; continua a negare i diritti fondamentali a 9,8 milioni di dipendenti e funzionari pubblici, senza alcuna voce in capitolo sui cambiamenti significativi, compreso il futuro del loro lavoro, la digitalizzazione, la salute e la sicurezza, e la parità di genere; esclude il diritto del Consiglio di adottare (o meno) a maggioranza qualificata una proposta di direttiva sui diritti di informazione e consultazione delle amministrazioni centrali; riduce il diritto delle parti sociali dell'Ue di negoziare accordi giuridicamente vincolanti e viola la loro autonomia, che è un principio chiave sancito dai trattati Ue.
Jan Willem Goudriaan, segretario generale Epsu e co-richiedente nel procedimento, ha dichiarato: "I negoziati tra Epsu/Tuned e Eupae, che hanno portato all'accordo delle parti sociali, hanno fatto seguito all'avvio da parte della Commissione della procedura di modifica legislativa. Tutte le parti sapevano fin dall'inizio che Epsu/Tuned stava negoziando per ottenere un accordo delle parti sociali, che sarebbe stato poi recepito in una direttiva. L'accordo delle parti sociali intende affrontare la discriminazione nei confronti di 9,8 milioni di dipendenti e funzionari pubblici, che si trovano ad affrontare profondi cambiamenti senza alcuna voce in capitolo sul loro futuro. Il rifiuto della Commissione di presentare una proposta è un blocco inaccettabile al riguardo e contraddice direttamente il pilastro dei diritti sociali del novembre 2017".