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Tremate, tremate, le politiche di Trump sono tornate. Il neo rieletto alla Casa Bianca aveva già fatto annunci e promesse roboanti sulla svolta che intende imprimere agli Stati Uniti d’America dopo l’era Biden. Abbiamo messo in fila le dieci cose che non si possono ignorare su Donald Trump e che avranno ripercussioni sicure su tutti i continenti.
1. America, “populismo first”
Donald Trump è riuscito a farsi rieleggere grazie a una propaganda che lo spacciava per un uomo del popolo e suo paladino contro le classi agiate e quelle dirigenti, contro le élite alle quali però appartiene. Niente di più falso, naturalmente, altrimenti non si capirebbe perché anche le stesse élite lo abbiano votato. Chiari il suo programma e i suoi princìpi isolazionisti e nazionalisti, riassunti nello slogan “America first”. Per aumentare in modo fittizio la crescita economica procederà con tagli alle tasse e una selvaggia deregulation; per compiacere le lobby che lo hanno sostenuto, sue sodali in affari, taglierà con l’accetta le spese per il welfare, con un ulteriore peggioramento della sanità e della scuola pubblica. Un altro filo teso tra gli Stati Uniti e l’Italia, dove il governo sta procedendo nella stessa direzione.
2. Fare a pezzi sindacati e diritti
Dopo Biden, il presidente più favorevole ai sindacati della storia americana (merito riconosciutogli dalle stesse Union), Trump si presenta come il distruttore delle conquiste raggiunte negli ultimi anni. Il Project 2025, il libro bianco non ufficiale, in 37 pagine rade al suolo i dispositivi a difesa del lavoro organizzato varati fino a oggi. Come? Rendendo più difficile ai lavoratori formare sindacati, più facile alle aziende classificare i dipendenti come appaltatori indipendenti, senza molte tutele, abolendo la norma che vieta la costituzione di Union controllate dalle imprese, aprendo alla possibilità di derogare a leggi e norme federali sui contratti collettivi, annullando i regolamenti che vietano la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale, dell'identità di genere, della condizione di transgender e delle caratteristiche sessuali. Alla faccia dei diritti della working class.
3. Guerre, l’uomo dalle facili promesse
“Fermerò le guerre” ha detto Donad Trump nel discorso della sua vittoria elettorale. Da quel giorno gli attacchi della Russia contro l’Ucraina si sono intensificati. E proprio all’Ucraina Trump, dall’inizio della campagna elettorale, ha detto di volere tagliare gli aiuti per gli armamenti, sempre ammesso che glielo consentano le industrie belliche americane, sue sostenitrici nel ritorno alla Casa Bianca, che vedrebbero sottrarsi parte del loro business. Una politica che spaccherebbe ulteriormente l’Europa in materia.
Sul fronte mediorientale sarà rafforzata la politica filo-israeliana: le scelte di Trump e le scelte per la sua squadra parlano chiaro. Un nome su tutti quello di Mike Huckabee, nominato ambasciatore a Tel Aviv, un uomo che vorrà imporre gli accordi di Abramo in versione israeliana in quanto sostenitore della politica espansionistica degli insediamenti nei territori. In passato arrivò a dichiarare che non esiste una Cisgiordania, ma Giudea e Samaria: per lui Palestina e palestinesi non esistono.
4. Migranti scarti da espellere
Basta vedere chi Donald Trump ha nominato ai vertici dell’agenzia responsabile per il controllo delle frontiere e dell’immigrazione, per capire la sua determinazione a mettere in pratica la deportazione di 10 milioni di immigrati irregolari negli Stati Uniti annunciata durante la campagna elettorale: Tom Homan, un ex agente di polizia che ricoprì ad interim questo ruolo già durante la prima presidenza Trump, e poi, secondo la Cnn, Stephen Miller, colui che lanciò il bando contro i musulmani, entrambi sostenitori di una deportazione di massa senza precedenti. Si crea così una perfetta sintonia tra le politiche Usa e quelle nostrane: sollecitare la paura dello straniero per accontentare poi i peggiori istinti dei cittadini. Con buona pace di chi si batte per lo ius soli, che Trump vorrebbe abolire nel suo Paese.
5. Attacco alle donne
“Quando torno a casa e la cena non è pronta vado su tutte le furie”. “Una donna senza seno difficilmente è un 10”. “Far lavorare una moglie è una cosa molto rischiosa”. Sono alcune delle frasi pubbliche pronunciate dall’ex tycoon e che la dicono lunga su che cosa pensa delle donne. Senza contare insulti ed epiteti rivolti alle sue concorrenti alle presidenziali, prima Hillary Clinton poi Kamala Harris, con cui ha dilettato i sostenitori.
L’attacco alle donne non si limita a questo. Trump ha nominato a prossimo procuratore generale degli Stati Uniti il fedelissimo suprematista e anti-abortista Matt Gaetz, discusso deputato al centro di indagini per traffico sessuale, comportamenti sessuali illegali e uso di droghe. Il The Guardian ricorda che il Project 2025, il programma di Trump non ufficiale, prevede di vietare la spedizione di pillole abortive, sistema con il quale si effettuano circa i due terzi delle interruzioni di gravidanza del Paese.
Infine, in campagna elettorale ha promesso di porre fine ai programmi che "promuovono la transizione di genere a qualsiasi età", di dare impulso a una legge federale che stabilisca che il governo non riconosce legalmente le persone transessuali e di revocare le politiche di non discriminazione Lgbtq+.
6. Elon Musk, tra Fahrenheit 451 e Il Cerchio
Il suo nome provoca un brivido, di paura naturalmente, diverso da quello che avverte la presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, che con lui tesse da tempo relazioni pericolose. Elon Musk, un personaggio che pare uscito da un romanzo distopico, nominato capo del nuovo dipartimento per l'Efficienza del governo, è stato il regista della campagna elettorale di Trump e si accinge a esserlo anche del suo governo, visto che, nato in Sudafrica, non potrà mai essere presidente negli Usa. È l’emblema della deriva intrapresa: la tecnologia ultra avanzata che detta la linea delle democrazie.
Il governo italiano si sta legando a Musk per una partita di enorme importanza e delicatezza, quella delle telecomunicazioni satellitari, stiamo parlando anche di assunzioni di informazioni che riguardano il nostro Paese e noi cittadini. Telespazio, società controllata da Leonardo, ha già firmato un accordo con le società di Musk. L’esecutivo starebbe inoltre considerando di affidare alle società di Musk Space X e Starlink le comunicazioni satellitari diplomatiche e di intelligence e altro ancora. Si capisce allora come il multimiliardario sudafricano si sia permesso ingerenze indebite negli affari interni italiani, come le frasi contro i giudici alle quali ha saputo replicare solamente il capo dello Stato e non la presidente del Consiglio.
7. Dazi: guerre commerciali senza frontiere
Il cibo made in Italy, tutto. E poi l’automotive, gli articoli farmaceutici e biomedicali, la moda, la gioielleria, il lusso in generale, la meccanica. Sono i settori che potrebbero soffrire, e anche tanto, per i dazi che Trump ha minacciato di mettere alle importazioni di prodotti dall’estero: il 10 per cento per quelli che arrivano dalla Ue. Da tenere presente che gli Stati Uniti sono il secondo mercato di sbocco per l’export dell'Italia dopo la Germania: valgono il 10,5 per cento delle esportazioni complessive, per un valore di oltre 69 miliardi di euro nel 2023. E in più oggi l’Italia soffre per la crisi di due storici partner commerciali, Francia e Germania.
Il venir meno dell’export in Usa può aver un grande valore per molte aree: Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Veneto messe assieme fanno i due terzi delle esportazioni italiane negli Stati Uniti.
8. Il cambiamento climatico? Una bufala!
Il cambiamento climatico è una bufala, anzi è una delle più grandi truffe di tutti i tempi. A dispetto di quanto tutti gli scienziati sostengono da anni e di ciò che sta accadendo nei quattro angoli del Pianeta, eventi estremi, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, il presidente miliardario ha dichiarato che ritirerà Gli Stati Uniti, secondo Paese al mondo per emissioni di CO2 dopo la Cina, dall'Accordo di Parigi sul clima, quello che punta a contenere entro 1,5° C l’aumento della temperatura globale. Cosa che peraltro aveva già fatto durante il suo primo mandato, decisione poi ribaltata da Biden.
Potrebbe danneggiare ulteriormente il percorso verso la decarbonizzazione? Sì, sull’onda dello slogan “drill, baby drill” (“trivella, baby, trivella”), che equivale a più estrazioni nel Golfo del Messico e in Alaska, più produzione di petrolio e gas, quindi azzerando misure, investimenti e sgravi per l'energia verde, chiudendo l'agenzia Usa che misura l'aumento della temperatura, nominando alla guida dell’Agenzia per la protezione ambientale il negazionista della crisi climatica Lee Zeldin e a capo del dipartimento dell’energia il fan delle fossili Chris Wright. Non ultimo, la sua elezione influenzerà le trattative della Conferenza Onu sul clima in corso a Baku, soprattutto sulla cosiddetta “finanza climatica”.
9. Cina, l’ambiguità trumpiana
Sembra che Donald Trump stia ancora studiando i rapporti con la Cina, antagonista degli Stati Uniti. Certo è che è intenzionato a imporre limitazioni sul commercio, una su tutte i dazi del 60 per cento sui prodotti cinesi. Bisognerà quindi vedere anche come Pechino reagirà a queste misure e se sarà conveniente per Trump aprire un conflitto internazionale con la Cina.
Senza contare che i rapporti del potente Musk con questo Paese sono più che ottimi, alla luce degli investimenti della sua Tesla proprio in Cina. A controbilanciare, c’è la posizione anti-cinese di alcuni degli uomini nominati da Trump per il suo governo. Anche in questa partita l’Europa sarà coinvolta, schiacciata tra due colossi.
10. Un’Europa piccola piccola
Ci guadagnerà o ci perderà l’Europa dalla vittoria di Trump? Se ci basiamo su quanto sostengono gli analisti, nel 2025 l’Europa sarà probabilmente meno compatta e più divisa nel resistere alle pressioni dell’ex tycoon e degli Stati Uniti. Il centro politico del continente, l’asse franco-tedesco, appare in crisi e indebolito, e le forze che in Europa rivendicano affinità con la coalizione che ha riportato Trump al potere sono più forti.
Dazi a parte (leggi il capitolo 7) il modo in cui il 47° presidente gestirà la guerra in Ucraina, che ha promesso di risolvere in 24 ore, detterà il corso degli eventi. Se deciderà di staccare la spina agli aiuti americani a Kiev o di spingere Zelensky a negoziare in posizione di debolezza con Mosca, a pagarne il prezzo sarà tutta l’Europa.