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Il risultato del primo turno delle elezioni brasiliane lascia l’amaro in bocca. 48,43% Lula, 43,20% Bolsonaro. Dovremo attendere il risultato del secondo turno per conoscere se il popolo brasiliano avrà deciso di chiudere con l’esperienza disastrosa dell’attuale presidente o se invece, la confusione creata, la disinformazione programmata, le minacce e le violenze avranno lasciato il segno e Bolsonaro potrà ancora rimanere nel Palazzo di Alvorada a Brasilia.
Nonostante il voto in Brasile sia obbligatorio, il 20% dei 156 milioni di elettori non si è recato alle urne. Alla vigilia delle elezioni la speranza che Lula riuscisse a fare il colpo e diventare per la terza volta presidente del Brasile era una quasi certezza; i sondaggi lo davano tra i 7-10 punti percentuali sopra Bolsonaro, i dati dell’elettorato all’estero che iniziavano ad arrivare davano Lula sopra il 57%, ma dalle urne è uscita la sorpresa del recupero dell’attuale presidente che ha ridotto la distanza a cinque punti e ha bloccato la corsa di Lula sotto l’asticella del 50%.
Ma oltre a questo dato, occorre leggere il voto anche per le elezioni dei 27 governatori degli Stati che compongono il Brasile e l'elezione di un terzo (27) dei rappresentanti di Senato e 513 deputati della Camera. Il risultato ha confermato la maggioranza conservatrice e populista sia nel Congresso e sia negli Stati. Al Senato, il Partito Liberale di Bolsonaro passa da 4 a 13 senatori, prendendo 8 su 27 posti in palio, mentre il PT di Lula ne prende 4 su 27 che si sommano ai 5 già esistenti, per un totale di 9 senatori. Alla Camera il Partito Liberale elegge 99 deputati e il Partito dei Lavoratori ne elegge 80 (58+12 di coalizione).
Con le attuali alleanze, Lula potrebbe contare con il 24% della Camera e circa il 15% al Senato. Ciò significa che in caso di vittoria non sarà per nulla facile per Lula comporre il governo e quindi governare, anche se non sarebbe la prima volta che si trova in questa condizione.
Ma anche negli Stati la destra e i populisti conservatori hanno confermato la loro egemonia. Nello stato di Rio de Janeiro è stato confermato il governatore uscente, Claudio Castro, del partito di Bolsonaro, mentre, nello stato di San Paolo, il più popoloso del Brasile, si andrà al 2° turno, tra il candidato alleato di Bolsonaro, Tarcisio, in testa con il 42,32%) e Fernando Haddad risultato secondo con il 35,7%, ex sindaco di San Paolo, ex candidato alla Presidenza del Brasile nel 2018 e attuale candidato del Pt per lo Stato di San Paolo. Su 15 governatori eletti al primo turno, il Pt ne ha conquistati 3 ( Cearà, Piauì, Rio Grande do Norte) e per il secondo turno competerà in quattro stati (San Paolo, Bahia, Santa Caterina, Sergipe).
Se a questi dati aggiungiamo l’elezione dei giudici “golpisti”, che montarono le accuse infondate nell’inchiesta “Lava Jato” contro Lula, Sergio Moro e Deltan Dallagnol entrambe eletti per Senato e Camera nello stato di Paranà, e l’elezione di Eduardo Pazuello ex-ministro della sanità responsabile della disastrosa gestione sanitaria durante la pandemia del Covid-19 e altri ministri ed ex-ministri del governo Bolsonaro, la fotografia che ne esce è di un Paese diviso, dove la disinformazione e il messaggio violento e negazionista portato avanti in questi anni da Bolsonaro ha messo le radici.
Eppure i risultati del governo Bolsonaro sono a dir poco disastrosi: oltre 700mila morti durante la pandemia, un aumento del 73% di popolazione che vive in condizioni di estrema povertà dal 2020, 125 milioni di brasiliani che non hanno un pasto garantito ogni giorno, salari ridotti, privatizzazioni ed esternalizzazioni a non finire, un aumento del 53% di deforestazione, un attacco senza precedenti ai diritti civili, uso della violenza con l'incitazione alla popolazione ad armarsi per farsi giustizia e per ultimo un velato sostegno alla Russia di Putin in cambio di forniture per l’agro-industrria brasiliana.
Speriamo che Lula riesca nell’impresa, per niente facile, di superare il secondo turno e riportare il Brasile sulla strada delle riforme sociali e del ruolo guida dell’America Latina. Lula ce la può fare, non nuovo ad “imprese eccezionali” è la speranza di tutti noi.
Sergio Bassoli, area politiche europee e internazionali Cgil