Se i Paesi con maggiori risorse finanziarie continueranno a monopolizzare le dosi di vaccino contro il Covid a discapito dei Paesi più poveri, la pandemia causerà il doppio dei morti. È quanto emerge chiaramente da un rapporto elaborato da Network Science Institute della Northeastern University di Boston, guidato dallo scienziato italiano Alessandro Vespignani.
Per valutare gli effetti del vaccino, i ricercatori hanno elaborato due possibili scenari, basandosi su traiettorie già ipotizzabili a metà marzo. Il primo scenario prevede 3 miliardi di dosi di vaccino distribuite nel mondo in maniera iniqua: i primi 2 miliardi cooptati da 50 Paesi ad alto reddito, il terzo miliardo distribuito equamente nel resto del mondo. Il secondo modello, invece, prevede che tutte le dosi vengano distribuite ovunque in proporzione alla popolazione di ciascun Paese, non alla sua capacità economica.
Ebbene, con un vaccino efficace all'80%, il primo modello, quello non collaborativo, eviterebbe solo il 33% dei decessi preventivabili a livello globale, mentre il modello collaborativo ne scongiurerebbe oltre il 61%.
Una distribuzione più equa, però, non è solo una questione etica. Un vaccino meno diffuso a livello globale avrebbe infatti meno effetto anche nei Paesi più ricchi. Pure in questo caso sono i numeri a parlare. Secondo i modelli elaborati dagli studiosi di Boston, lo scenario meno equo non eviterebbe comunque il 26% dei decessi in Europa occidentale, e il 33% in Nord America. Mentre si avrebbero il 93% dei morti in Africa occidentale, e il 67% in Asia sudorientale.
“Le decisioni su come si assegnano i vaccini non possono essere prese sulla base di un solo modello”, dicono oggi gli studiosi. Anche perché, oltre alle risorse per l'acquisto, i Paesi hanno bisogno di fondi e coordinamento per distribuire il vaccino. Ma per ora, i risultati appaiono chiari: "Quando il mondo collabora, il numero di morti si dimezza".