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I 61 migranti annegati nel naufragio di sabato a nord della città libica d Zuwara sono la dimostrazione che “il Mediterraneo centrale continua a essere una delle rotte migratorie più pericolose al mondo” e che “non si fa abbastanza per salvare le vite in mare”. Il virgolettato non riporta l’opinione di una delle tanto criminalizzate ong, ma di un organismo istituzionale come l'Organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite (Oim).
Alla vigilia della Giornata internazionale del migrante, che si celebra il 18 dicembre dal 2000, si è consumata l’ennesima tragedia in mare, l’ultima di una lunga serie alla quale non mettono fine le norme che il governo italiano, e non solamente, mette in campo con continui decreti. Perché "sono oltre 2250 le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale quest'anno. Un numero drammatico che purtroppo dimostra che non si fa abbastanza per salvare vite in mare", afferma sui social Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Oim.
Sabato scorso erano in 86 a bordo di un gommone, c’erano anche donne e bambini, erano partiti qualche giorno prima dalla Libia, poi sono subentrate le cattive condizioni del mare, secondo le ricostruzioni, il 14 dicembre la guardia costiera libica ha richiesto che dal centro di ricerca e soccorso di Roma venisse diramato il primo alert che ha fatto partire due velivoli di frontex. Nell’area di mare nella quale si cercava il gommone in pericolo, transitava anche la nave della ong Sos Mediteramèe, la Ocean Viking, che aveva appena effettuato un altro soccorso e, secondo le norme imposte per decreto dal governo, veniva indirizzata dal Mar libico al porto di Livorno con il divieto di collaborare alle ricerche in mare che erano in corso.
Per i migranti non c’è stato più scampo, il gommone si è rovesciato in mare, un rimorchiatore libico ha recuperato 25 superstiti, mentre i cadaveri degli altri 61 giacevano in mare. I migranti che non hanno perso la vita sono stati portati a Tripoli e il crudele trattamento dei migranti in Libia è ormai cosa nota. Quattro decreti di natura securitaria e non umanitaria che non si sono curati dell’accoglienza e delle politiche per evitare i viaggi della disperazione, in mare o via terra. Provvedimenti che dispongono rimpatri, periodi di detenzione, nuove misure per i minori non accompagnati che sfidano le norme umanitarie internazionali.
Celebriamo quindi questa Giornata internazionale del migrante nel silenzio delle istituzioni e nella consapevolezza che per fermare le stragi in mare serve che l’attenzione di ognuno di noi sia costante e quotidiana, che non ci si dimentichi che quelli in fondo al Mediterraneo non sono numeri ma vite perdute, generando insieme azioni che possano premere irresistibilmente su chi formula leggi disumane.