Sono 40 mila i palestinesi uccisi a Gaza dalle forze militari israeliane dall’inizio della guerra nella Striscia, 130 morti al giorno. Lo afferma l’agenzia dell’Onu per i diritti umani chiedendo il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi israeliani, aggiungendo che la maggior parte dei morti palestinesi sono donne e bambini: “Una situazione inimmaginabile, soprattutto a causa dei ricorrenti insuccessi da parte delle forze di difesa israeliane nel rispettare le regole della guerra”, “la portata della distruzione di case, ospedali, scuole e luoghi di culto da parte dell’esercito israeliano è profondamente scioccante”.

L’ufficio competente delle Nazioni unite ha documentato una serie di violazioni della legge internazionale umanitaria da parte dei militari di Israele e dei gruppi di palestinesi armati, in riferimento ai combattenti di Hamas responsabili dell’attacco del 7 ottobre 2023.

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I colloqui in corso

Dati e dichiarazioni sono stati resi noti mentre erano in corso a Doha, in Qatar, i colloqui per uno stop delle ostilità che porti al rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, e riduca le sofferenze dei civili palestinesi. Fonti qatariote parlavano ieri di “progressi” nei negoziati, benché ci siano analisti che non ritengono le trattative potranno essere risolutive.

Hamas e Israele, avevano accettato in linea di principio il piano annunciato dal presidente americano, Joe Biden lo scorso 31 maggio, ma oggi è stata riformulata una nuova propost statunitense. Dal canto suo Hamas ha sottolineato che nel risultato del vertice non c’è nessuna corrispondenza con quanto già stabilito il 2 luglio scorso. Inoltre ha posto tra le condizioni che il cessate il fuoco debba includere il ritiro completo delle forze israeliane, respingendo alcune di quelle poste da Israele, come una presenza militare lungo il confine con l’Egitto e una linea di demarcazione di Gaza dove perquisire i palestinesi che tornano nelle loro case per escludere la presenza di miliziani.

Sul fronte israeliano, mentre i mediatori di Tel Aviv avrebbero invitato a una maggiore flessibilità il premier Benjamin Netanyahu, questi ha ribadito la necessità di raggiungere una “vittoria totale” su Hamas. Il suggerimento del candidato repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump è di una vittoria rapida così da porre subito termine alle uccisioni.

Internamente Netanyahu se la deve vedere con i familiari degli ostaggi israeliani che ieri hanno marciato per le strade della capitale invitando i negoziatori a “non tornare senza un accordo”, e a proseguire “finché non ci sarà una fumata bianca”, sottolineando che “un accordo per la restituzione dei rapiti non è una minaccia alla sicurezza”.

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Non solo tavoli negoziali

Le forze internazionali in campo sono molteplici, visto anche l’allargamento del conflitto che ora coinvolge direttamente anche l’Iran e il Libano di Hezbollah. Oltre ai Paesi mediatori, Qatar, Egitto e Stati Uniti, che al termine dell’incontro a Doha hanno affermato che “non c'è più tempo da perdere né scuse da nessuna delle parti per ulteriori ritardi”, sono in gioco da tempo anche Arabia saudita, Turchia e Giordania. Le posizioni rispetto alle trattative non sono unanimi e questo complica una situazione già di per sé molto complessa e che rende difficile prospettare scenari con una certa sicurezza.

Intanto Israele ha ucciso almeno otto persone nei campi profughi di Jabalia e Nuseirat e ha ordinato lo sgombero di alcune zone del centro della Striscia di Gaza designate come safe zone umanitarie o zone di interdizione ai combattimenti a Khan Younis e Deir al-Balah. In Cisgiordania la scorsa notte decine di coloni israeliani sono entrati in una cittadina palestinese dando fuoco a case e auto, provocando la morte di almeno una persona.