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“Sono rimasto disgustato. Da praticante di arti marziali ho pensato: non gli stanno solo tagliando via il fiato, ma il flusso sanguigno. La pressione esercitata sul corpo sta opprimendo i polmoni rendendo per lui difficile respirare. Non ho problemi con la polizia, ma ne ho con i cattivi poliziotti, con le reazioni arrabbiate e razziste. Anche se George Floyd avesse meritato di essere arrestato, quello che è accaduto è stato molto più di un eccesso. Fosse stato un bianco gli avrebbero messo le manette e lo avrebbero gettato in auto. Ma si è trattato di un esercizio di potere andato per il verso sbagliato. E a causa dei poliziotti. È stata colpa loro. Lo ha ucciso quell’agente che teneva pigiato il ginocchio sul suo collo: è difficile vederla diversamente. Se intendeva farlo? Forse no. Ma – dannazione - di sicuro non gli importava cosa sarebbe potuto accadere e non ha ascoltato le suppliche di quell’uomo! Posso capire che si sia sospettosi rispetto alle richieste di un arrestato, ma in quel caso era ovvio che lo si stava uccidendo. Quell’agente, tutti quegli agenti dovrebbero essere arrestati. E, in particolare, è stato quel poliziotto che teneva premuto il suo ginocchio ad aver assassinato il Signor Floyd. Fine della storia”.
Joe Lansdale ripercorre i fotogrammi della morte di George Floyd con lo stesso piglio con cui scrive i suoi bestseller. Dritto al punto. Senza troppi giri di parole. Come fa ogni volta che racconta le avventure della coppia di detective Hap e Leonard. Un bianco e un nero. Un etero e un omosessuale nel Texas più profondo. Oggi che il bianco e il nero infiammano gli Stati Uniti Lansdale non ha dubbi: la colpa è dei poliziotti marci e di un presidente incapace e stupido che soffia sul fuoco. Ma la risposta non può essere la violenza.
Quello contro George Floyd è stato solo l’ultimo omicidio di un nero da parte di un poliziotto bianco. Gli Stati Uniti hanno una storia di discriminazione razziale che non si è conclusa con l’elezione di Barack Obama. E oggi siete nelle mani di Trump. Che legame c’è tra il movimento dei diritti civili degli anni Sessanta e il Black lives matter di oggi?
Adesso con le videocamere le cose si sanno. Personalmente conosco tanti bravi poliziotti, ma poi ci sono i cattivi poliziotti che peggiorano le cose. Mi piace sapere che la polizia è là fuori a garantire la nostra sicurezza e a proteggerci, ma questi agenti distruggono proprio questo rapporto di fiducia. E poi c’è il clima creato da una politica polarizzata e c’è il presidente Trump che sembra essere non solo incompetente e impreparato per il ruolo che riveste ma che accende ogni miccia che può: tutto indulgente da un lato e un somaro rozzo e razzista dall’altro. La questione razziale esiste ovunque - in Italia, in Gran Bretagna, l’elenco è lungo - ma qui da noi c’è una ferita profonda ancora aperta sotto la crosta e che a volte solo in parte si rimargina, mai completamente. Sono anni che ne scrivo e ricordo che in una recensione, positiva tra l’altro, un critico sembrò suggerirmi di individuare un tema alternativo visto che la questione razziale era ormai risolta. In realtà, all’epoca le acque erano tranquille solo in superficie, la verità è che sotto sono sempre agitate. Detto questo, le sommosse non sono mai un buon modo per promuovere un programma politico. Anzi, in questo caso, aiutano Trump. Le persone che partecipano alle sommosse potrebbero essere arrabbiate oppure potrebbero essere semplicemente alla ricerca di un televisore da settantadue pollici, così è difficile dire: “Okay, sei incazzato, va bene”. Non va bene. Ci sono, invece, molte più persone che stanno protestando pacificamente: sono bianchi e neri, ed è triste vedere che alcuni stiano cercando di sfruttare la morte di Floyd per fini abietti. Per quanto riguarda il movimento dei diritti civili e il Black lives matter, sì, c’è un legame: sono la stessa cosa, solo in circostanze differenti. Il Black lives matter mi ricorda proprio il fermento degli anni Sessanta, che in realtà iniziò alla fine degli anni Cinquanta e andò avanti fino all’inizio dei Settanta.
Cosa avrebbero fatto Hap e Leonard in questa situazione e, soprattutto, come avrebbero commentato le reazioni del presidente Trump?
Hap e Leonard sarebbero stati arrestati. Non ho dubbi su questo perché si sarebbero subito infilati nella protesta. Ma sono personaggi inventati. Noi siamo reali. Noi dobbiamo continuare a denunciare che il tipo di trattamento riservato a Floyd è sbagliato. Floyd non si stava ribellando. Ripeto: un bianco sarebbe stato semplicemente ammanettato e portato in prigione. Non riesco a credere a quanto si siano dimostrati indifferenti quei poliziotti. Il loro è un lavoro difficile e sia bianchi che neri commettono crimini, ma gli arresti dei neri sono spesso più brutali e molte volte lo sono più per il colore della pelle che altro. Era ovvio che Floyd fosse sotto il pieno controllo degli agenti, quella pressione sul collo era inutile, quella presa a terra poteva avere un senso solo se Floyd avesse messo in pericolo la vita degli agenti, non certo in un arresto in quelle circostanze.
La rabbia dei neri è giustificata?
Penso che la rabbia lo sia. Non penso, invece, come spiegavo prima, che lo sia la sommossa. Incendiare o distruggere attività commerciali nel tuo quartiere non attira simpatie da parte di nessuno. Ma la rabbia, diavolo sì! Io sono incazzato. Io brucio di rabbia ogni volta e l’ingiustizia razziale è un grande attizzatoio di quel fuoco. Ma qui non si tratta di raccontarci chi è più sveglio, non è un esame, non dobbiamo isolarci. Il punto qui è provare vera empatia, un sentimento inclusivo nei confronti di tutti. Dovremmo fare del nostro meglio perché tutti siano trattati con giustizia e, in particolare, che lo sia chi vive ai margini.
Come stanno reagendo democratici e progressisti? È pur sempre l’anno delle elezioni presidenziali.
Non so dire come stiano reagendo, ma la verità è che penso che, per come sono le cose adesso e per quanto si sono messe male, Trump potrebbe ancora vincere. Non vincerà il voto popolare, ma conquisterà quei collegi elettorali che contano. E lì molto probabilmente vincerà. I collegi elettorali mi ricordano i maiali della fattoria degli animali di Orwell “Alcuni sono più uguali degli altri”. Per questo motivo, penso che Trump possa ancora farcela. E non so se noi riusciremo a sopportare altri quattro anni così, ma forse ci troveremo a doverlo fare. Credo che in questo momento stiamo vivendo in una distopia. Trump può non aver messo fisicamente il suo ginocchio sul collo del signor Floyd, ma il peso del suo razzismo, il suo falso atteggiamento da duro - sono cresciuto in mezzo ai veri duri e lui, in confronto, è la scorreggia di un popcorn (letteralmente a popcorn fart) - hanno di sicuro fatto pressione su quel corpo tanto quanto il ginocchio del poliziotto. Sarà un’elezione con poco distacco ma anche le persone a cui Trump non piace potrebbero votarlo, spaventate dalle sommosse di questi giorni e temendo di rimanerne vittime. Non è una paura irrealistica, perché queste violenze hanno davvero poco a che vedere con la giustizia razziale visto che tutti noi potremmo restarne vittime. Ma la legge, l’ordine e la giustizia dovrebbero sempre andare di pari passo. Non dovremmo cadere nel fascismo. I miei occhi sono puntati sugli Stati marginali rispetto al collegio elettorale. Ecco forse in Italia è difficile comprendere questo meccanismo ma pensate che la maggioranza degli americani non votò per Bush eppure Bush divenne presidente. Con Trump è stato lo stesso. È un sistema anacronistico. Per quanto riguarda la base di Trump, che è più ampia di quanto dovrebbe, è riuscito a mantenerla solida anche grazie alla sua presenza su Fox News e al risalto che questo canale, totalmente senza scrupoli, dà alle sue posizioni. Difficilmente lì si riesce a cogliere un briciolo di verità. Non ci sono agenzie di stampa che io ami particolarmente né tantomeno amo i canali all news che sono riusciti a trasformare le notizie in divertimento e prodotto ma Fox sta preparando il terreno al secondo mandato di Trump. Biden, democratico, non è il candidato perfetto, ma sembra un brav’uomo e spero che vinca. Spero che scelga un bravo vice perché questo potrebbe essere il fattore chiave per riuscire nelle elezioni.
E in Texas qual è la situazione? Cosa ne pensa il profondo Texas di quello che sta accadendo?
Devo dire che è difficile, con il virus che ci tiene ancora chiusi in casa, capire esattamente come stiano messe le cose, ma i sondaggi mostrano che la distanza tra democratici e repubblicani qui non è enorme e, al netto di quello che penso più in generale, è un dato sorprendente e - se posso - anche un po’ incoraggiante. Si tratta di far uscire allo scoperto questo voto. Al momento a dividere Biden e Trump sono solo pochi punti ma, come spiegavo. non mi sorprenderebbe se l'equilibrio si spostasse a favore di Trump, in parte proprio a causa delle sommosse. Lo aiutano molto più di quanto lo danneggino. Chi lo detesta già, come me, lo disprezzerà di più, ma la base spaventata e gli elettori indecisi potrebbero guardare a lui per “protezione”. È assurdo come ci siano persone che lo trovano un tipo tosto o intelligente o giusto. Non prendono neppure in considerazione i suoi tweet perché molti dei suoi elettori non hanno un profilo twitter. Molti sono anziani e non hanno idea di cosa sia un tweet. Fox news li rassicura sui suoi (discutibili) successi e ne omette i fallimenti. Penso che tutto sia nell’aria e ancora possibile, ma dalle mie parti inizia a soffiare una brezza fredda. L’ultima volta avevo predetto una vittoria di Trump e mi avevano dato del pazzo. Temo che si stia andando di nuovo in quella direzione. I progressisti, o le persone che la maggior parte delle volte votano progressista, pensano che Biden abbia la vittoria nel sacco. Non è così. Non ci siamo nemmeno vicini. Ci sono i voti che vanno al terzo partito, elettori che ne fanno una questione di integrità e che dicono di votare seguendo la propria coscienza, ma se voti per un terzo partito aiuti il peggior candidato. Per me sarebbe difficile dire che voto in base alla mia coscienza e poi violarla permettendo al peggiore dei peggiori di restare alla Casa Bianca con la consapevolezza che anche il mio voto può aver contribuito.