Il 1° aprile all’Istat assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori per parlare della campagna e della mobilitazione Ferma il riarmo. L’incontro si svolge a Roma, in aula del seminario (139) a via Balbo e in collegamento Teams, dalle 14.30 alle 16.30. 

All’evento partecipano Giulio Marcon, esponente della campagna Ferma il riarmo e portavoce di Sbilanciamoci;

Monica Di Sisto, giornalista e responsabile dell’Osservatorio Fairwatch; Valentina Lista, analista di politica internazionale, Centro di documentazione P. Martignetti; Miriam Di Paola, dipartimento politiche internazionali Flc Cgil.

“L’escalation del riarmo, spinto dalle guerre e dall’assenza di politiche di pace, sta portando molti paesi, e tra questi quelli europei, su una strada pericolosa e piena di incertezze sul nostro futuro. Il riarmo non può che alimentare il rischio di nuove guerre e mette a repentaglio le risorse per quello di cui ci sarebbe bisogno: il lavoro, la transizione ecologica, il welfare, la sanità e l’istruzione”, si legge in una nota della Flc.

Che prosegue: “Il piano Draghi di qualche mese fa (ossia: la spesa per la difesa come uno dei tre asset per rilanciare la competitività europea) ha anticipato l’annuncio di Ursula von der Leyen della mobilitazione ‘fino a 800 miliardi di euro’ in quattro anni per riarmare l’Europa (ReArm Europe). Si tratta di un annuncio di cui non si conoscono i dettagli”.

Un annuncio di cui però non si conoscono i dettagli, continua il sindacato: “Si sa che ci saranno 150 miliardi del fondo Safe (Security Action for Europe) messi a disposizione degli Stati membri: si tratta di prestiti a lungo termine finanziati dalla Commissione europea con l’emissione di titoli, dunque facendo in sostanza debito, finalizzati agli investimenti nel settore della Difesa. Gli altri 650 miliardi dovrebbero essere spesi direttamente dagli Stati attingendo dai propri bilanci: si ipotizza di scomputare questi investimenti dal calcolo del rapporto deficit-Pil previsto dal nuovo Patto di stabilità europeo”.

In sostanza, continua la nota, “quello che a più voci veniva richiesto, cioè fare debito per rilanciare l’economia o anche scomputare gli investimenti pubblici dal calcolo deficit-Pil, viene messo in essere, ma esclusivamente per la spesa militare, mentre restano al palo il Green Deal, il lavoro, il welfare”.

Ecco perché “le principali reti pacifiste italiane hanno lanciato la campagna Ferma il riarmo per dire basta a questa pericolosissima escalation di guerra. Vengono formulate proposte specifiche, avanzate concrete richieste per il disarmo che hanno alla base la necessità di politiche di pace: prevenzione dei conflitti violenti, rafforzamento del ruolo delle Nazioni Unite, azione diplomatica, costruzione di una sicurezza comune e condivisa”.

Non si può aspettare oltre: l’azione per la pace e contro il riarmo è oggi più che mai impellente. L’Europa o è di pace o non è: non serve una nuova fortezza militare, ma un attore internazionale capace di costruire non una nuova alleanza militare o di riarmarsi fino ai denti, ma una sicurezza comune e condivisa, fondata sul disarmo e sulla cooperazione internazionale tra gli Stati”, continua la nota.