Prosegue l’attacco di Donald Trump allo “Stato profondo”. Ossia a quegli strati di funzionariato e burocrazia federale che mandano avanti l’amministrazione degli Stati Uniti. Vera anima del Deep State alla quale Trump, coniando la formula vagamente paranoide, l’aveva giurata già alla fine del suo primo mandato. Perché non erano abbastanza obbedienti. Perché a suo dire sabotavano le politiche della Casa Bianca.

Così, poco prima di Pasqua, Trump ha dichiarato che la sua amministrazione procederà col rendere licenziabili molti dipendenti federali, riclassificandone lo status in “di nomina politica”. Il che significa che saranno soggetti ad assunzione o licenziamento in base alla fedeltà al presidente.

Chi rischia? Ecco le stime

Si stima che potrebbero essere almeno 50 mila dipendenti, circa il 2% della forza lavoro federale. L'ufficio di gestione del personale (Opm) ha pubblicato una norma che si richiama alla famigerata Tabella F: il documento, ripristinato con ordine esecutivo da Trump lo scorso gennaio, che riclassifica appunto intere fasce di dipendenti federali. "Se questi dipendenti pubblici si rifiutano di promuovere gli interessi politici del presidente, o si comportano in modo corrotto, non dovrebbero più avere un lavoro", ha scritto Trump sulla sua piattaforma Truth.

La Tabella F fu voluta da Trump già nel 2020, durante il suo primo mandato presidenziale. Non appena insediato, il presidente Biden revocò l’ordinanza. Da quando Trump l’ha ripristinata, secondo gli ultimi dati pubblicati dal Bureau of Labor Statistics, la forza lavoro federale si è ridotta di 10 mila posti a febbraio e di altri 4 mila a marzo.

Ma potrebbero essere molti di più

Le cifre che abbiamo riportato sopra potrebbero essere poco realistiche. A quanto scrive la Reuters, quest’ultimo giro di vite “probabilmente priverà una larga parte dei 2,3 milioni di dipendenti federali delle loro tutele lavorative”. Partendo dalla considerazione che in molti, nei ranghi dell’amministrazione, potrebbero essere tirati dentro la generica categoria trumpiana di “personale di nomina politica”, l’agenzia di stampa calcola che il numero dei licenziabili si allargherà inevitabilmente.

Interpellato dalla Reuters, Don Moynihan, docente alla Ford School of Public Policy presso l'Università del Michigan, ha previsto che la nuova norma è sufficientemente ampia da consentire la riclassificazione di centinaia di migliaia di persone. Secondo un conteggio effettuato dalla Reuters, da quando Trump è entrato in carica oltre 260 mila dipendenti federali sono già stati licenziati, hanno usufruito di misure di buyout o sono andati in pensione anticipata.

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Il sindacato: “Politicizzare il lavoro rovinerà l’amministrazione”

Everett Kelley, presidente dell'American Federation of Government Employees (Afge), il più grande sindacato dei dipendenti federali con 800 mila iscritti, ha ovviamente condannato la misura di Trump, bollandola come “un'azione volta a politicizzare il lavoro di decine di migliaia di dipendenti federali”, che quindi “eroderà il sistema di assunzioni basato sul merito e comprometterà la professionalità del servizio civile su cui fanno affidamento gli americani".

Più di mille avvocati forniranno assistenza gratuita

L’Afge ha lanciato insieme ad altri sindacati e organizzazioni alleate l’iniziativa Rise Up: Federal Workers Legal Defense Network, “una rete che mette in contatto avvocati in grado di fornire assistenza legale gratuita e diretta ai dipendenti federali licenziati o ai dipendenti in attività ma preoccupati che i loro diritti sul posto di lavoro siano minacciati dall'amministrazione Trump”, si legge in un comunicato del sindacato. Si tratta, a oggi, di oltre mille avvocati “formati e pronti a fornire consulenza gratuita”. Il network è sostenuto anche dall'Afl-Cio, da We The Action, da Democracy Forward, dalla National Federation of Federal Employees (Nffe-Iam), e altri.

Il fronte ampio della lotta

"Gli attacchi ai dipendenti federali sono attacchi a tutti i lavoratori e ai servizi essenziali da cui le nostre comunità dipendono quotidianamente", ha dichiarato la presidente dell'Afl-Cio, Liz Shuler. "Garantire a questi lavoratori la giustizia che meritano richiederà l'impegno di tutti noi. Questa nuova rete è uno strumento fondamentale che consente ai dipendenti federali di reagire".

L’Afge ha già intentato diverse cause legali contro l'amministrazione Trump per le sue azioni contro i dipendenti federali e il sindacato. Ad esempio ha intentato una causa in California contro l'ordine esecutivo del 27 marzo scorso (di cui abbiamo scritto su Collettiva), che revoca il diritto di contrattazione collettiva a oltre 1 milione di dipendenti federali.

Il disegno di Trump: azzerare il sindacato?

Tra abolizione della contrattazione collettiva e licenziabilità dei dipendenti federali, ha osservato Conor Lynch su Truthdig, Trump punta a “eliminare ogni residua autonomia all'interno della burocrazia federale e a trasformare ogni agenzia pubblica in un'estensione della sua volontà personale”. C’è però anche un disegno più ampio. Quello di azzerare il movimento sindacale. Come segnala Randy Erwin, presidente della Nffe, l’attacco ai sindacati federali è "parte di un piano per eliminare i sindacati in tutto il Paese”.