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Si è svolta a Bruxelles a fine marzo la conferenza conclusiva del progetto europeo Fair work, fair future promosso dalla Ces, Confederazione europea dei sindacati. Il progetto, durato un anno e mezzo, ha sviluppato un ciclo di seminari per discutere degli interventi sul mercato del lavoro nelle piattaforme digitali e chiedere maggiori diritti e tutele per queste lavoratrici e questi lavoratori. Non soltanto rider del food delivery, ma anche autisti di Uber, lavoratori della distribuzione, dei servizi alle persone, come badanti e colf.
Una serie di incontri dedicati in particolare alla discussione relativa all'approvazione della direttiva europea, che contiene un fondamentale elemento, ovvero l'inversione dell'onere della prova. A oggi si presuppone che il lavoratore delle piattaforme sia autonomo e spetta al singolo dimostrare di svolgere la sua attività in condizione di subordinazione. La direttiva, già approvata dal Parlamento e ora in fase di discussione in Commissione, propone, per l'appunto, che si inverta lo status: si presupporrebbe che i platform worker siano subordinati e spetterebbe invece alle piattaforme l'onere di dimostrare che invece sono autonomi.
Un punto di partenza fondamentale che rafforza l'idea di tracciare un confine netto ed effettivo tra subordinazione e autonomia, che oggi rappresenta invece la zona grigia dove si sono combattute e si combattono le battaglie per la tutela dei lavoratori di questo settore.
Com'è ormai noto, questi soggetti della gig economy hanno sviluppato un modello di organizzazione del lavoro che scarica una buona parte dei rischi d'impresa sui lavoratori, inquadrandoli come autonomi per giustificare la mancata assunzione di responsabilità da parte dei committenti e, tuttavia, imponendo dei vincoli che di autonomo non hanno nulla: orari, costanza della prestazione, standard sulle performance, scelta unilaterale delle tariffe.
La Cgil si è rivelata un protagonista fondamentale di queste battaglie, sia per l'attività sindacale messa in campo (scioperi, mobilitazioni, assemblee), che per la costruzione di numerose vertenze che, poco per volta, hanno fatto gettare la maschera alla mistificazione narrata dalle piattaforme.
Per questo motivo a ogni iniziativa è stata presente una delegazione della nostra organizzazione, questa volta composta oltre che dal sottoscritto, da Manola Cavallini, Nicola Marongiu e Francesco Melis, che si è resa protagonista di contributi fondamentali allo sviluppo della discussione collettiva. I casi giuridici e le esperienze di mobilitazione sindacale promossi in particolare dalle categorie Nidil, Filt e Filcams hanno meritato una particolare attenzione da parte delle altre organizzazioni sindacali europee partecipanti all’azione progettuale, e sono stati considerati esempi di best practice da replicare in altri contesti nazionali.
Interessante è stato anche conoscere le esperienze degli altri Paesi, scoprire che in alcuni territori le piattaforme ricorrono a intermediari, che in altri è stato regolato il lavoro subordinato e quello autonomo, che in Spagna è stata promulgata una legge specifica per i rider. La questione resta comunque ancora aperta e ci impone di proseguire sulla strada finora tracciata, per impedire che in nome del profitto vengano derogati i diritti fondamentali della persona.
Fabio Pace, Nidil Cgil