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Dal summit dei ‘volenterosi’ a Parigi la decisione di proseguire con le sanzioni alla Russia e il sostegno all’Ucraina, ma le 31 delegazioni principalmente europee e della Nato, si dividono sui militari da schierare sul terreno. "I Paesi europei sono sostanzialmente divisi su quasi tutto, su come si deve finanziare la difesa, su cosa bisogna investire, sugli accordi con gli Stati Uniti, se bisogna mandare o meno delle forze militari in Ucraina, in che modo e se sotto il controllo delle Nazioni Unite”, commenta Piervirgilio Dastoli, presidente del Consiglio italiano del Movimento europeo e docente di Diritto internazionale che fu a lungo assistente parlamentare di Altiero Spinelli.
Un’Europa senza voce
“In questi tre anni – prosegue – l'Unione Europea non è stata capace in qualche modo di immaginare uno straccio di ipotesi per quanto riguarda il ripristino della pace sul continente europeo e la stessa cosa sta avvenendo anche in Medio Oriente, per il Consiglio europeo nell'ultima riunione si è limitato a dire di deplorare gli ultimi bombardamenti sulla Striscia di Gaza, una cosa vergognosa”.
Per Dastoli l'Unione europea risulta assente sul piano internazionale “perché manca di una politica estera e anche la difesa è uno degli strumenti della politica estera. Quindi non si può risolvere il problema della difesa se non si stabilisce prima quale debba essere la politica estera dell'Unione Europea, altrimenti è un modo di ignorare una questione essenziale, vale a dire che la difesa non è uno strumento in sé per sé e che fino a che gli europei non saranno in grado di votare una loro politica estera tutti questi problemi non potranno essere risolti”.
Federalismo e Difesa comune sempre più lontani
L’idea di una difesa europea comune, come di un’Europa federale, non pare quindi essere nell’agenda dell’Unione e Dastoli ci ricorda come “nel Manifesto di Ventotene fu scritto con molta chiarezza che l'Europa doveva dotarsi di un proprio esercito. È evidente che nel momento in cui si parla di un sistema federale ci devono essere due elementi che sono la moneta e la spada, l’euro e l’esercito, che non possono rimanere nelle mani degli Stati nazionali, ma della federazione.


La strada che però si sta intraprendendo oggi è in qualche modo l'esatto contrario dell’idea iniziale, perché il tema del riarmo viene legato al concetto secondo il quale ciascuno deve aumentare le proprie spese militari ed è l'esatto contrario dell'idea di fare un esercito comune, che prevede, tra le altre cose, anche chiedersi quali sono i settori dell'industria militare o della difesa che dobbiamo gestire in comune”.
C’è chi sostiene che la strada indicata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sia un primo passo, ma per Piervirgilio Dastoli i primi passi non è detto che vadano nella direzione giusta: “
Armare gli eserciti nazionali vuol dire non andare sulla strada dell’interesse comune, anzi è l'esatto contrario”.Ventotene non ha bisogno di essere contestualizzato
Il presidente del Consiglio italiano del Movimento europeo ritorna quindi sul Manifesto di Ventotene e sulle dichiarazioni fatte nell’Aula della camera dalla presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, quindi una dei capi di Stato dell’Unione, sollevando pesanti critiche.”La polemica apparentemente è stata suscitata in maniera estemporanea, ma è legata da altre questioni. Intanto al fatto che, come la stessa Meloni ha ammesso, il 15 marzo c'è stata una grande manifestazione con 50.000 persone in Piazza del Popolo a Roma in cui uno dei temi centrali era proprio il Manifesto, considerato come un progetto, un obiettivo ancora attuale.
Trovo sia molto sbagliato che si dica che il messaggio di Ventotene debba essere contestualizzato, come molti hanno affermato. Se lo si legge, ma io credo che molti (Meloni compresa) non l’abbiano letto, si vede che quel testo poneva un problema: quali sono le ragioni delle guerre? Un tema che si pone anche oggi in un mondo sconquassato dalle guerre. Inoltre non scordiamoci che noi dobbiamo batterci per evitareogni forma di priorità data al concetto della nazione e alle sovranità assolute. Questo era in qualche modo il messaggio di Ventotene tornato oggi a essere di drammatica attualità, proprio anche per un ritorno dei sovranismi e anche degli imperialismi”.
Parlare di rivoluzione non è sacrilegio
Per Dastoli il manifesto non va relegato negli archivi della storia perché pone una serie di problemi di carattere anche sociale. “Una delle polemiche è stata fatta sul concetto della proprietà, ma Meloni ha citato una frase che quasi testualmente è scritta nella Costituzione italiana e nella Costituzione tedesca. Quindi non è vero che che è il frutto del retaggio o di un'ideologia stalinista o marxista, ma è uno dei temi di cui si discute nella dimensione sociale”.
Quindi respinge anche le accuse agli estensori del Manifesto di volere creare un partito rivoluzionario che in qualche modo consegnava alla storia l'idea della cancellazione del principio della libertà e della democrazia: “In un momento in cui – afferma Dastoli – quasi tutta l'Europa era occupata dalle armate naziste e dalle armate fasciste e dall'altra parte c'era lo stalinismo, era evidente che bisognava immaginare una sorta di rivoluzione e del resto mi si consenta di ricordare che Piero Calamandrei quando ha parlato della Costituzione italiana definendola un testo rivoluzionario.
Parlare di rivoluzione non è un sacrilegio, ma significa che c'è una situazione nella quale è necessario un movimento di carattere rivoluzionario. Anche per questo ritengo che il testo del Manifesto di Ventotene è perfettamente condivisibile e attuale”.