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L'Ecuador è un Paese che si sta sgretolando e lo sta facendo ad una velocità impressionante. Fino a pochi anni fa, il piccolo Stato dell'America Latina, 18 milioni di abitanti, schiacciato tra due colossi del narcotraffico, come Colombia e Perù, era considerato uno dei Paesi più sicuri e tranquilli del continente. Poi il tasso di omicidi è quadruplicato tra il 2018 e il 2022, quando le bande criminali, in particolare messicane, hanno trovato un punto d'appoggio nel paese. L'anno scorso è stato da record: 7.800 omicidi e 220 tonnellate di droga sequestrate.
L'assalto in mondovisione
L'Ecuador si sta sgretolando rapidamente, ma il resto del mondo sembra essersene accorto solo qualche settimana fa, quando un gruppo di criminali armati è entrato negli studi televisivi di Tc Televisiòn e ha preso in ostaggio giornalisti e operatori, in diretta tv.
Narcogolpe
Quello in atto è stato definito da Roberto Saviano un "narcogolpe”. Un colpo di Stato, cioè, guidato dai gruppi mafiosi, che non punta però alla presa del potere, ma a terrorizzare la popolazione civile e a mandare un messaggio alla politica: oggi l’Ecuador è il principale corridoio della cocaina diretta verso l’Europa e tale deve restare. Un messaggio trasmesso a colpi di fucile, come quelli che pochi mesi fa hanno ucciso, al termine di un comizio, il candidato presidenziale Fernando Villavicencio, sindacalista e poi giornalista d'inchiesta, nemico dichiarato di mafie e corruzione. O come quelli che hanno eliminato lo scorso 17 gennaio il procuratore di Guayas, César Suárez, che investigava proprio sull'assalto agli studi tv, trasmesso in mondovisione.
Pugno di ferro
Intanto, l'Ecuador è da tempo alle prese con una crisi economica gravissima, ma l'attuale presidente, Daniel Noboa - che non si dichiara né di destra né di sinistra, ma è figlio del più ricco latifondista del Paese - ha deciso di mettere da parte la questione sociale, per affrontare invece con il pugno di ferro i gruppi criminali. Per questo ha dichiarato lo “stato di guerra interna” e ha classificato le 22 organizzazioni criminali presenti in Ecuador come “organizzazioni terroristiche e gruppi non statali belligeranti”. Per finanziare la risposta militare alla crisi di sicurezza in cui è piombato il paese, Noboa ha proposto di alzare l'Iva, dal 12 al 15%, un aumento che impatterebbe pesantemente sulle fasce più povere della popolazione.
Vivere con 3 dollari al giorno
Secondo l'istituto nazionale di statistica dell'Ecuador, circa 4,9 milioni di persone, il 27% della popolazione del Paese, vivono in condizioni di povertà, cioè con meno di 3 dollari al giorno. Di fronte a questa situazione, le principali organizzazioni sindacali e sociali del Paese considerano “inaccettabile” l'aumento dell''Iva. “Non è possibile che banche e grandi imprese non vengano toccate mentre i lavoratori dell'Ecuador devono pagare questa crisi”, ha detto Klever Hidalgo del sindacato Fut (Frente Unitario de Trabajadores). “Il governo Noboa è in perfetta continuità con le politiche neoliberiste di chi lo ha preceduto”, ha aggiunto Leonidas Iza, presidente della Conaie (Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador), la principale organizzazione del paese. “Adesso è molto più chiaro – ha aggiunto – che il presidente, sfruttando un tema molto sentito dagli ecuadoriani, come la mancanza di sicurezza, ha chinato il capo di fronte alle imposizioni del Fondo monetario internazionale”.
Correa: la povertà alimenta i narcos
Proprio in questi giorni l'ex presidente Rafael Correa, che ha guidato il Paese dal 2007 al 2017, ma oggi vive in Belgio come rifugiato politico dopo aver subito una condanna a 8 anni di carcere in Ecuador, ha dichiarato che “le riforme che hanno smantellato lo stato di diritto, facendo cadere buona parte dei cittadini nella povertà”, sono un regalo per i narcos. “Se c’è povertà - ha sottolineato - è più facile attirare nuovi membri, soprattutto tra i giovani e così i gruppi criminali cominciano ad agire come uno Stato parallelo”.
Il ruolo delle mafie italiane
L'Italia dovrebbe guardare con grande attenzione a quello che succede in Ecuador, non solo perché nel nostro paese vivono circa 70mila ecuadoriani, ma anche perché le mafie Italiane sono parte in gioco. Come ha spiegato il criminologo Vincenzo Musacchio, la 'ndrangheta ha scelto l'Ecuador perché da qui far partire la cocaina è molto più agevole rispetto alla Colombia e al Messico. Nel frattempo, anche Cosa Nostra sembra riprendere i contatti con i cartelli della droga, lo ha spiegato recentemente il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, in un'intervista a La Stampa: “La mafia siciliana ha ripreso i contatti con i produttori di droga dopo il delirio stragista dei Corleonesi – ha detto - Non è ancora tornata ai fasti del traffico di eroina, ma alcuni recenti sequestri di cocaina in Sicilia fanno pensare a una ripresa dei vecchi rapporti. La ‘Ndrangheta - ha concluso - spesso acquista anche per loro e per la Camorra”.