Pianeta Terra, Nordamerica, Stati Uniti: è una campagna elettorale più avvincente di molti romanzi, film o serie in streaming. Ma in ballo, seppure sembri il racconto di un grande scrittore, c’è una posta reale e altissima. Ora che i Democratici hanno ufficializzato, nella loro convention di Chicago appena conclusa, il ticket Kamala Harris/Tim Walz, che si opporrà a Trump e Vance nella corsa alla Casa Bianca, l’entusiasmo della rimonta esploso in queste settimane dopo il passo indietro di Biden dovrà tradursi in campagna concreta, porta a porta, e battaglia durissima.

Che la campagna abbia inizio

E i sindacati saranno molto probabilmente una risorsa fondamentale per i Democratici. Anche grazie a un grosso errore commesso da Trump nella famigerata conversazione con Elon Musk su X: quell’attacco volgare ai diritti dei lavoratori, con minaccia di licenziare chi sciopera, potrebbe convincere molti iscritti alle unions a votare per Harris, seguendo così le indicazioni dei vertici sindacali, cosa che non sempre succede (nel 2016 infatti non accadde).

Una mobilitazione che potrebbe rivelarsi fondamentale negli Stati in bilico come Michigan, Nevada e Pennsylvania. Gli Stati dove la corsa alla presidenza sarà decisa con uno scarto di pochi voti.

Ne sono consapevoli i leader sindacali che sono intervenuti alla Convention democratica, dichiarando il proprio appoggio a Kamala Harris e al determinante Tim Walz (un lungo passato da dirigente sindacale della scuola). A cominciare da Shawn Fain, combattivo numero uno della Uaw, il sindacato del settore auto.

La parola “crumiro”

Con una buona dose di talento teatrale, Fain si è tolto la giacca mentre parlava al pubblico della Convention rivelando una maglietta rossa con sopra scritto: “Trump è un crumiro. Vota Harris”. Quella parola, crumiro, scab, la Uaw l’ha usata da subito contro Trump, annunciando ricorsi legali contro le sue intimidazioni. Ed è volata in testa alla classifica dei vocaboli più cercati su Google. Così, grazie all’autogol di Trump, gli americani hanno ri-appreso un termine che forse avevano dimenticato.

Sei dirigenti sindacali hanno parlato a Chicago, e forse la più efficace di tutti è stata April Verrett, numero uno del Service Employees International Union (Seiu): “Stiamo costruendo un movimento operaio più giovane, più scuro (“darker”), più alla moda, più fresco, e che indossa le sneaker", ha detto Verrett. “Un movimento che sarà più inclusivo e costruito per la classe media. Porremo fine al lavoro povero una volta per tutte”. 

Alcune delle più grandi sigle americane hanno annunciato il loro appoggio ad Harris, inclusa la federazione sindacale Afl-Cio, che raccoglie 60 unions. Mancano all’appello solo gli importanti Teamsters (trasporti e logistica), il cui leader Sean M. O'Brien ha invece partecipato alla convention dei Repubblicani. Forse un errore. Si vedrà.

L’errore di Trump

E, parlando di errori, quello commesso da Trump potrebbe costargli caro a novembre. Come ha scritto Lora Kelley sull’Atlantic, “nel provocare l'ira dei sindacati, Trump rischia di indirizzare una potente forza di mobilitazione degli elettori contro di sé”.

I membri del sindacato costituiscono una “piccola ma significativa parte degli elettori, specialmente negli Stati in bilico come Wisconsin, Pennsylvania e Michigan”, osserva l’editorialista del magazine americano. “In quegli Stati – prosegue – rispettivamente il 14, 18 e 21 per cento di tutti gli elettori nelle elezioni del 2020 vivevano in famiglie sindacalizzate, secondo i sondaggi all'uscita dalle urne. È probabile che vedremo un'elezione serrata questo autunno, e conquistare quelle fette dell'elettorato potrebbe aiutare a determinare l'esito”. Ma se Trump attacca il lavoro seguendo la linea di Musk, non otterrà gli stessi voti di lavoratori conquistati a sorpresa nel 2016.

Inversione di rotta nei sondaggi

Proprio in Pennsylvania c’è stata un’inversione impressionante. Secondo un sondaggio diffuso dall'Emerson College, mentre a luglio Trump era in testa tra gli elettori sindacalizzati con un margine del 50 per cento contro il 45 per cento di Biden, la tendenza si è invertita radicalmente: ora Kamala Harris è in testa tra gli elettori sindacalizzati con un margine considerevole, 56,8 per cento contro il 42 per cento.

Questo consenso dipende anche da due fattori chiave: il timore di Trump, e l’enorme fiducia che il mondo del lavoro ripone in Tim Walz, l’uomo che ha preso il posto di Biden nel compito di parlare ai sindacati e ai loro iscritti.

Kamala Harris, foto di Gage Skidmore, Peoria, AZ, United States of America

Il sindacato si muove

Intanto la macchina sindacale si è già messa in moto. E non sono solo parole, slogan, comunicazione. La Uaw ha deciso di fare campagna elettorale concretamente, rimboccandosi le maniche, e chiama i suoi membri a fare qualcosa (“Do something”, per dirla con le parole di Michelle Obama) iscrivendosi alla piattaforma https://uawstandup2024.org e rendendosi disponibili all’azione.

“Nel 2024 ci troviamo a un bivio come nazione e come classe operaia – leggiamo – L'Uaw sta lottando per un governo che lavori per i lavoratori e contro una classe miliardaria che vuole riprendersi la Casa Bianca, il Congresso e la nostra società nel suo complesso. Sappiamo come affrontare i miliardari e vincere. Ecco il manuale”. 

Il programma di Trump “smascherato”

L’Afl-Cio, invece, ha creato un utile sito di smascheramento delle politiche anti-sindacali che ha in serbo Trump, andando studiare il Project 2025, ossia il documento di quasi mille pagine che illustra il programma dei Repubblicani per un eventuale secondo mandato di Trump.

Quella sul mondo del lavoro – sostenuto come non mai negli anni della presidenza Biden – è una “riflessione” che i trumpiani hanno avviato da molto tempo, come abbiamo scritto su Collettiva già un anno fa. Ma ora le misure anti-unions sono più concrete, vicine e minacciose.

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Ad esempio – denuncia l’Afl-Cio – il programma di Trump “consentirebbe alle grandi aziende di assumere segretamente consulenti anti-sindacali per fornire assistenza dietro le quinte nel manipolare e spaventare i lavoratori che cercano di organizzarsi”. È una prassi consentita in America. Ma nel 2016 l'amministrazione Obama aveva emanato la "Persuader Rule", un provvedimento che imponeva ai datori di lavoro di dichiarare quando avevano assunto consulenti anti-sindacali. Nel 2018 Donald Trump ha annullato quella regola prima che fosse implementata, ma l'amministrazione Biden-Harris ha preso provvedimenti per richiedere ancora una volta maggiore trasparenza.

Un’altra norma del cantiere Trump – prosegue l’Afl-Cio – prevede l’approvazione al Congresso di una legislazione che consenta agli Stati e ai governi locali di richiedere esenzioni dalle leggi federali sul lavoro come il Fair Labor Standards Act (Flsa), che stabilisce leggi nazionali sul salario minimo e sugli straordinari, e il National Labor Relations Act (Nlra), che protegge i diritti di sindacalizzazione dei lavoratori del settore privato. “Questo – commenta la federazione – si tradurrà in un mosaico di standard del lavoro, indebolendo al contempo le tutele nazionali dei lavoratori”. E c’è molto altro…

Ecco perché i sindacati stanno con Kamala Harris. Ma da qui a novembre dovranno convincere più iscritti possibile.