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“In Medio Oriente siamo al cessate il fuoco. Ma dietro a questa sospensione momentanea dei bombardamenti ci sono giorni che hanno lasciato morti, macerie, distrutto famiglie e vite. È un disastro quello che abbiamo alle spalle. Il punto è proprio questo: fare davvero in modo che quanto accaduto nelle ultime settimane non si ripeta più”. Sono queste le parole del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, intervenuto oggi (24 maggio) alla conferenza stampa “Riconoscere lo stato di Palestina, la sua urgenza, le sue ragioni”, organizzata dalla Rete italiana pace e disarmo. Qui si può rivedere la diretta della conferenza stampa.
L'incontro è stato promosso da Acli, Anpi, Arci, Cgil, Cisl, Uil, Legambiente e Libera e fa seguito a una lettere inviata la scorsa settimana al Parlamento italiano. Con questo documento, sindacati e associazioni hanno sollecitato una serie di azioni urgenti da intraprendere per superare la questione israelo-palestinese: riconoscere ufficialmente lo Stato della Palestina, portare a compimento la soluzione dei “due Stati per due popoli” e ottenere un maggiore impegno della comunità internazionale in modo da concretizzare gli sforzi per la pace. Per gli organizzatori sono questi i requisiti necessari per restituire speranza agli israeliani e ai palestinesi. Questi ultimi, in particolar modo, da decenni chiedono di vivere in pace e lavorare senza umiliazioni, in uno Stato libero e democratico, con il riconoscimento dei diritti politici e civili.
Nella lettera si chiede poi ad Hamas di fermare il lancio dei razzi e al governo israeliano di rimuovere l’assedio di Gaza e di fermare l’espropriazione o la demolizione degli insediamenti palestinesi. Inoltre, nel testo si caldeggia la rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono elezioni libere e regolari in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e nella Striscia di Gaza, come previsto dagli accordi di Oslo. I firmatari auspicano, infine, l'invio di osservatori internazionali neutrali per monitorare il processo elettorale, in modo da poter garantire trasparenza e scongiurare ulteriori rinvii.
Purtroppo quanto avvenuto nell'ultimo mese ha dimostrato che la strada da percorrere è ancora molto lunga e difficile. E, soprattutto, richiede lo sforzo di tutte e tutti, partendo da alcuni punti fermi. “La nostra azione non è solo sindacale – ha aggiunto Landini – ma di cittadinanza attiva. Abbiamo bisogno che davvero si trovi finalmente una strada che non solo riconosca lo Stato palestinese, ma ponga anche fine all'occupazione miliare israeliana. C'è un popolo che da anni vive sotto un'occupazione militare e non vede una prospettiva diversa, e questa situazione può esasperare gli animi, favorendo logiche sbagliate rispetto al come si può risolvere questo problema”.
Della stessa opinione Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi, che ha evidenziato come “non basta l'allarme e il dolore per le vittime israeliane e palestinesi. E non consola la cessazione delle ostilità. Ora serve impedire nuovi bombardamenti, visto che ieri ci sono stati scontri sulla spianata delle moschee. Come primo passo da percorrere è urgente riconoscere lo Stato della Palestina e arrivare ad avere due popoli liberi in due stati, con pari dignità, confini precisi e regole certe”.
Per Giuseppe Emiliano, della Cisl, “attraverso il lavoro e il dialogo sociale si può raggiungere la salvaguardia della pace. In Europa e in Italia c'è ancora troppa 'timidezza diplomatica' e quindi, se davvero vogliamo fare un passo in avanti, dobbiamo seguire l'esempio della Svezia e del Vaticano”.
Secondo Anna Rea, della Uil, “la battaglia per la pace e per la democrazia è la precondizione per sviluppo e lavoro. Chiediamo un cambio di passo alle istituzioni italiane ed europee per riconoscere lo Stato della Palestina, garantire pari dignità e condannare la guerra. Abbiamo coinvolto i sindacati palestinesi e israeliani, perché la pace in Palestina è la pace in Medio Oriente”.
Landini ha poi ribadito come sia stato imprescindibile scrivere una lettera alle forze politiche nazionali, poiché questo equivale a mettere in campo l'impegno del governo e della comunità internazionale coinvolte nel processo di pace.
“Credo che dobbiamo fare fino in fondo la nostra parte – ha concluso il leader della Cgil –. Tutti insieme dobbiamo costruire una cultura di pace, solidarietà e giustizia sociale”. È il momento che tutte e tutti si impegnino per la fine del conflitto e che su questo tema “si costruisca una mobilitazione generale”.