PHOTO
Sciopero dei lavoratori di Escondida, la più grande miniera di rame del mondo nel nord del Cile situata nel deserto di Atacama, dopo il mancato raggiungimento di un accordo con il gruppo australiano Bhp. Lo ha reso noto il Sindacato N° 1, principale rappresentate dei lavoratori di Esocndida, il quale chiede che l'1% dei dividendi degli azionisti della miniera, che produce il 5,4% del rame mondiale, sia distribuito tra i lavoratori.
Il gruppo BHP è la principale società mineraria al mondo e detiene diritti sulla maggior parte della miniera dove operano anche il gruppo anglo-australiano Rio Tinto e la società giapponese Jeco Corp.
Il sindacato, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, aveva fatto sapere nei giorni scorsi che il 99,75% dei 2.371 degli iscritti ha aderito allo stato di agitazione dopo che l’offerta di Bhp non è andata incontro alle aspettative dei lavoratori. Un’offerta che prevederebbe meno deficit e giornate di lavoro più lunghe a fronte di alcuni bonus una tantum, ritenuti però insufficienti dai lavoratori.
Dal canto suo Bhp vuole che sia il governo cileno a fare da mediatore per arrivare a un accordo, anche perché la legge cilena consente alle parti di richiedere una mediazione governativa di cinque giorni per raggiungere un accordo ed evitare in questo modo la paralisi totale.
Dopo l’inizio dello sciopero, martedì 13 agosto, sempre secondo quanto riferisce Reuters, Bhp ha fatto sapere di aver iniziato a rimuovere i lavoratori in sciopero, attivando un piano di emergenza che consente “servizi minimi” e ai membri non sindacalizzati di continuare a lavorare. Il sindacato ha accusato l’azienda di violare i termini dello sciopero con la sostituzione dei lavoratori in sciopero e chiede che Bhp “ponga immediatamente fine a questa grave pratica antisindacale”.
La storia sindacale di questa miniera ha un suo peso. Nel 2017 i lavoratori del sindacato di Escondida scioperarono per 44 giorni paralizzando l’estrazione del rame, tanto che la Bhp dovette dichiarare le cause di forza maggiore perché non poteva rispettare i suoi contratti, con ripercussioni anche sul Pil cileno. Lo stesso accadde nel 2006 con uno sciopero di 26 giorni e nel 2011 per 14 giorni, benché con ripercussioni minori. Questo dimostra il potere contrattuale del sindacato della miniera e potrebbe quindi far sperare in un accordo a favore dei lavoratori.