Sumud è una parola araba difficile da tradurre. Significa fermezza o perseveranza, ma anche resistenza, o la troppo abusata resilienza. Sebbene abbia a che fare con l'azione, però, non riguarda apertamente la lotta armata. Per i palestinesi è un simbolo nazionale, una strategia politica e un valore culturale. Nella Striscia di Gaza, stretta tra Israele, l'Egitto e il mare, il Sumud si nascondeva nella vita di tutti i giorni, faceva capolino tra le macerie, i gazawi custodivano al suo interno la propria umanità.

Una prigione a cielo aperto

Dal 2007, 16 anni prima del 7 ottobre 2023, questa sottile lingua di terra è stata una prigione a cielo aperto. Ci vivevano oltre 2 milioni di persone in appena 360 chilometri quadrati. Israele controllava i confini, le coste, lo spazio aereo. E dentro c'era Hamas, col suo regime che limitava le poche libertà rimaste. Nel nord della Striscia, a pochi passi da un'enorme discarica, sorgeva Al-Nada, sobborgo animato da centinaia di bambini. A Gaza gli under 14 erano oltre 800 mila, quasi la metà della popolazione, e nessuno di loro aveva mai visto cosa c'era oltre il confine. "Non hanno niente, giocano per strada – raccontava Mohammed Almajdalawi, che collabora con le ong internazionali – ma sono contenti lo stesso, per noi sono la cosa più importante". Tra i tanti significati del Sumud qui c'era anche la lotta demografica: fare figli per rimanere maggioranza e fronteggiare senza armi l'espansione dei coloni sionisti.

Lo sport per evadere

Oltre uno stradone polveroso sorgeva uno dei più grandi skatepark del Medio Oriente, ultimato grazie alla ong italiana Acs. Dal 2014 ce n'era un altro vicino al porto, frequentato da decine di giovani. Rajab Rifi, 26 anni, insegnava skate ai più piccoli: "Quando skatiamo siamo felici, un giorno mi piacerebbe viaggiare e diventare un professionista. Voglio mostrare al mondo la bandiera palestinese in una mano e lo skateboard nell'altra". A Gaza, pure lo sport faceva parte del Sumud.

Il lavoro più pericoloso

Poco più in là, circa 4mila pescatori scaricavano sulla banchina il pesce, che era davvero troppo poco. "Dovremmo andare oltre le 15 miglia", dicevano, ma ai palestinesi non è consentito superare le quattro miglia nautiche. Chi disobbedisce viene attaccato dalle motovedette israeliane. Secondo Zakaria Baker, direttore del dipartimento dei pescatori, nella prima metà del 2022 Israele aveva già arrestato 41 gazawi in mare e sequestrato 10 barche: "Finora sono morti in 13, 250 sono stati feriti, 850 sono in carcere". Sette persone su dieci qui sopravvivevano grazie agli aiuti internazionali, eppure Sumud vuol dire anche questo: continuare a darsi da fare in un'economia stremata dall'assedio.

La libertà è donna

Forse, però, chi aveva più bisogno del Sumud erano le donne, che vivevano in una società oppressiva, patriarcale e conservatrice. Nonostante Hamas, erano nate diverse associazioni che promuovevano e difendevano il loro ruolo nella società e nella lotta per la liberazione, composte perlopiù da giovani e giovanissime. "Mi piace programmare, amo gli scacchi, il ping pong e recitare", raccontava Shahd Raed, 16 anni, che aggiungeva: "Voglio studiare le applicazioni dell'intelligenza artificiale nella medicina. Qui non posso farlo ma viaggerò, per chi ha una grande passione nulla è impossibile".

Sumud oggi

Questo era  Gaza nel giugno 2022, prima di quel 7 ottobre che ha stravolto tutto e tutti. Oggi, oltre 47.000 morti dopo, Gaza non è altro che un cumulo di macerie. I gazawi trascinano le proprie vite tra le pieghe di tregua fragilissima, contano i loro morti, scavano tra le macerie delle loro case, il loro futuro e quella della loro terra resta a dir poco incerto. E si aggrappano, ancora una volta, al loro Sumud.