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Centodieci volte di più: è quanto guadagnano i dirigenti delle principali aziende europee rispetto al salario di un lavoratore medio. Lo denuncia la Ces (il sindacato europeo) alla vigilia dell'incontro annuale del Forum economico mondiale (Wef), che si terrà a Davos (Svizzera) dal 20 al 24 gennaio. I manager si autoassegnano quindi il centodecuplo di quanto guadagna un lavoratore, come emerge da un recente rapporto che analizza le remunerazioni dirigenziali del 2024, citato appunto dalla Ces. Dobbiamo ringraziare i Ceo, che ci fanno imparare parole nuove.
“Tra uno stipendio base medio di 1 milione 571 mila euro e bonus fino al 200% dello stipendio - calcola la Ces, dati alla mano - i Ceo delle 100 principali aziende europee hanno ricevuto una retribuzione media di 4 milioni 147.440 euro lo scorso anno”. Mentre la retribuzione media di un lavoratore a tempo pieno in Europa è stata di 37.863 euro.
“Un divario osceno”
Forse è superfluo puntualizzarlo, ma la Ces avverte che questa forbice salariale “sta danneggiando sia l'economia che la democrazia". E la segretaria generale della Ces, Esther Lynch, commenta senza eufemismi che "il divario retributivo osceno tra Ceo e lavoratori dimostra quanto sia urgente riequilibrare l'economia aumentando il numero di persone che beneficiano di salari negoziati collettivamente".
"Una retribuzione più equa - aggiunge Lynch - migliorerebbe la competitività, contribuendo a risolvere la carenza di manodopera in Europa e assicurando che più denaro torni nell'economia invece di essere accumulato in conti offshore”. Per la numero uno del sindacato europeo, "sarebbe anche la risposta più efficace alla minaccia per la democrazia rappresentata dall'estrema destra populista”. La Ces invita quindi i Ceo convocati a Davos a “unirsi ai sindacati al tavolo delle trattative, seguendo la tradizione europea del dialogo sociale”.
Il benessere economico porta fiducia nella democrazia
Citando un’indagine della Fondazione Hans Böckler, il sindacato europeo ricorda come “le persone insoddisfatte delle loro retribuzioni e condizioni lavorative, e che hanno poco controllo sul loro lavoro, siano più inclini a perdere fiducia nelle istituzioni democratiche”.
Lo studio della Fondazione Böckler ha coinvolto circa 15 mila lavoratori e persone in cerca di occupazione in dieci Paesi dell'UE. “I lavoratori insoddisfatti delle loro condizioni di lavoro, con salari inadeguati e scarsa possibilità di avere voce in capitolo nel proprio impiego, mostrano atteggiamenti negativi verso la democrazia nei loro Paesi e verso gli immigrati, sia in Germania che in molti altri Paesi esaminati”, osserva lo studio. E aggiunge: “Questi lavoratori si sentono anche più minacciati dalla trasformazione dell'economia e del mondo del lavoro. Al contrario, migliori condizioni di lavoro si correlano con atteggiamenti più positivi verso la democrazia e una maggiore fiducia nelle sue istituzioni. Questo vale anche per la fiducia nell'Unione Europea”.
Per questo - ripete la Ces - “è urgente aumentare il numero di lavoratori coperti da contratti collettivi, che sono dimostrati efficaci nel migliorare la qualità del lavoro e ridurre le disuguaglianze di ricchezza”.
Carenza di manodopera e qualità del lavoro
Queste indagini si aggiungono a un nuovo avvertimento sulla carenza di manodopera in Europa, divulgato dal Wef, che sottolinea l'importanza per la Commissione europea di dare priorità a un piano per lavori di qualità.
Il Future of Jobs Report 2025 del Wef afferma che "i divari di competenze e la carenza di talenti nel mercato del lavoro rimangono un ostacolo chiave" per il successo delle aziende europee nei prossimi cinque anni. Il rapporto rivela che il 54% dei datori di lavoro si aspetta un peggioramento della carenza di manodopera, una percentuale significativamente superiore alla media globale, e che la priorità principale per i rispondenti è "il finanziamento della riqualificazione e dell'aggiornamento delle competenze".
Tuttavia, una ricerca dell'Istituto sindacale europeo Etui ha rilevato che la carenza è anche determinata dalla scarsa qualità dei lavori: i settori che faticano di più a reclutare pagano in media il 9% in meno rispetto a quelli meno colpiti.
Le transizioni verde e digitale rendono ancora più importante che i datori di lavoro collaborino con i sindacati attraverso la contrattazione collettiva per anticipare e gestire i cambiamenti, garantendo ai lavoratori la formazione necessaria. Per questo motivo, la Commissione dovrebbe introdurre una direttiva dedicata alla transizione giusta. È questa la conclusione, e il monito, della Ces.