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Sembra ormai lontano il 1° ottobre del 2017, quando la Generalitat realizzò quel referendum (“illegale” per buona parte dei partiti spagnoli, in quanto non previsto dalla Costituzione e non concordato con il governo centrale) rivelatosi poi devastante per l’evoluzione politica della vicenda catalana. Una vicenda che ora, dopo le durissime condanne inflitte dal massimo organo del potere giudiziario, il Tribunale Supremo, ai leader della sfida indipendentista, e dopo la protesta senza precedenti di questi giorni contro tali condanne, sembra aver superato la linea limite oltre la quale tutto è possibile salvo tornare indietro.
Su un punto almeno concordano i protagonisti della rivolta: se non si vuole che la situazione precipiti in una sorta di “guerra civile strisciante” è necessario rinunciare in questa fase all’obiettivo della secessione (rifiutato attualmente da circa il 50 per cento della popolazione) e identificare realistici obiettivi intermedi al fine di allargare il fronte di coloro che escludono il ripristino della situazione precedente, come vorrebbe la destra, ma non ritengono realizzabile, per tante e diverse ragioni, uno Stato indipendente in Catalogna.
Non mancheranno, nel breve e medio periodo, eventi (anche elettorali) che potranno chiarire questo contesto, mentre già si intravedono iniziative che fanno ben sperare nell’avvio di un confronto positivo tra le parti. Emerge, in particolare, il ruolo potenziale del movimento sindacale catalano, in specie delle sue due organizzazioni più rappresentative, Comisiones Obreras (Ccoo) e Unión General de Trabajadores (Ugt). Spicca in tal senso il documento congiunto del 20 ottobre (sottoscritto anche dalle associazioni degli imprenditori), là dove si afferma che l’arresto e il successivo processo dei leader catalani, così come il commissariamento coatto della Generalitat, “ha contribuito alla polarizzazione e all’inasprimento dello scontro”.
Da qui la posizione unitaria Ccoo-Ugt: “Recuperare la normalità istituzionale può aiutare a intraprendere un processo negoziale tra le istituzioni, che dovrebbe servire a individuare soluzioni progressivamente soddisfacenti per tutte le parti coinvolte dal conflitto in atto, tenendo conto che la situazione attuale pregiudica gli interessi sia della società catalana, sia di quella spagnola”. Dal canto suo, Javier Pacheco, segretario generale delle Ccoo catalane, ha chiarito bene le ragioni di fondo di tale scelta: “Le Ccoo – ha scritto il 17 ottobre su El Periódico – hanno il ruolo di garantire uno spazio comune tra chi è indipendentista e la gente che non lo è, ma che tuttavia è contraria alla sentenza”.
Il valore di queste affermazioni è indiscutibile: gli iscritti alle organizzazioni sindacali appartengono a correnti culturali diverse e in parte oggi contrapposte: ci sono i lavoratori separatisti, in generale di origine familiare catalana; ci sono i lavoratori figli o nipoti di coloro, tanti, che a partire dagli anni sessanta in avanti si sono trasferiti in Catalogna (come in altri Paesi europei) dalle regioni più povere della Spagna, seguendo le nuove opportunità dello sviluppo economico; ci sono infine i figli e i nipoti, tanti anche loro, di coppie miste che vivono in prima persona e spesso in modo sofferto la questione dell’identità.
Il sindacato catalano ha saputo mantenere il patrimonio dell’esperienza unitaria in un momento particolarmente difficile. Ciò è stato sicuramente favorito dall’esperienza storica del movimento operaio spagnolo e delle Comisiones Obreras in particolare, molto attente ai temi dell’unità e della democrazia. Le Ccoo, nate in primo luogo per combattere il regime di Franco, sono cresciute durante gli anni della dittatura come espressione diretta dei lavoratori e come strumento non solo di lotta sindacale, ma anche di impegno politico per i diritti e le garanzie democratiche, dichiarandosi fin dall’inizio un movimento socio-politico di segno pluralista e progressista. Con questo bagaglio culturale, che fu cruciale nella fase della transizione democratica, le Ccoo sono chiamate a giocare un ruolo propositivo di grande importanza per consolidare il dialogo costruttivo tra le diverse componenti della società catalana, più che mai necessario per garantire un’evoluzione positiva del preoccupante quadro politico.
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