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Settantacinque anni fa l'Assemblea generale delle Nazioni unite adottava la Dichiarazione universale dei Diritti umani. La comunità internazionale usciva dalla seconda guerra mondiale colpita dagli orrori del nazismo e del fascismo e si trovava nella necessità di sancire i diritti e le libertà di tutti gli esseri umani. I passi avanti compiuti dal 1948 sembrano essere cancellati, se gettiamo uno sguardo in troppe aree del mondo dove i diritti sono costantemente violati.
“Sono stati fatti dei passi indietro”, dice Luciana Castellina, storica attivista, alla quale pochi giorni fa è stato conferito conferito il titolo di dottore di ricerca honoris causa in Diritti umani, evoluzione, tutela e limiti dall’Università degli studi di Palermo. Alla sua lectio magistralis ha dato il titolo I diritti dell’uomo nella tempesta, anticipando così quanto muove il suo pensiero. “Purtroppo l’Onu è stata istituita in un’epoca in cui il mondo era diverso e i primi 50 Paesi membri erano imperi coloniali e non è stato previsto nemmeno un punto per dare uno stop al colonialismo. Tutto dipende da una struttura gerarchica senza mai considerare i tre quarti del mondo che era esclusi”.
Il problema alla radice sta “nell’arroganza dell’Occidente che ha rispettato la suddetta struttura gerarchica e ancor più grave è che l’85% dell’informazione del mondo viene proprio dall’Occidente, che conserva così il suo potere egemonico e non solo normativo. Ora siamo giunti al redde rationem”. Castellina porta ad esempio l’arroganza del ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, dopo che il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres (“che per altro non è un occidentale”, fa notare) ha affermato che “gli attacchi di Hamas non vengono dal nulla” e, in seguito, ha invocato per la guerra a Gaza l'articolo 99 della Carta delle Nazioni unite.
“Bisogna che ci svegliamo e poniamo il problema, altrimenti possiamo scordarci il tema dei diritti umani. Siamo a un punto molto grave e il fallimento non consiste solamente nella violazione delle norme, ma nel fatto che le norme sono in contraddizione: se la guerra la fa l’occidente, è una guerra umanitaria, altrimenti non è così”. C’è poi una colpa della culturale che è attribuibile all’occidente: “I diritti individuali sono presi in considerazione, diversamene accade per i diritti dell’umanità e questo fa sì che per i diritti collettivi non si vada in piazza e non si protesti. È stata abbandonata la dimensione collettiva. C’è stato uno scadere sui diritti dell’individuo, mentre il ‘noi’ non è nemmeno preso in considerazione”.
“Bisogna combattere e nel contempo anche fare conoscere i meccanismi, come quelli di tutta la struttura dell’Onu, pensata gerarchica con 5 Paesi che hanno il diritto di veto. Adesso quella di Gaza è diventata una tragedia e la tracotanza di Israele fa paura”, afferma Castellina. E a lei, che militò nel Pci, in Dp e nel Pdup, viene poi alla memoria quanto dichiarò il leader democristiano, Giulio Andreotti, in un dibattito al Senato sulla guerra in Libano: “Credo che ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento e non avesse da cinquant’anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista”.