Ci siamo, la Brexit dispiega i suoi effetti. Lo abbiamo pensato in tanti quando abbiamo letto le parole della ministra inglese degli Interni, Priti Patel, “Le persone che sono arrivate all’apice delle proprie carriere hanno molto da offrire al nostro paese”. Non è un appello rivolto agli idraulici, però. Piuttosto ad attori o scienziati. Segno dei tempi e delle leggi che cambiano. Perché immigrare in Gran Bretagna, da quest’anno, è una questione di punti, più simile a un concorso che a una scelta di vita. Hai un titolo di studio qualificato? 10 punti. Parli già bene l’inglese? Altri 10 punti. Guadagnerai 25.600 sterline o più? Jackpot. Se poi sei ricco e famoso, hai in bacheca una statuetta degli Oscar o un Grammy, sei uno studioso di livello internazionale o un cantante adorato dalle folle, sbarcherai a Londra saltando anche il controllo passaporti all’aeroporto.

E se gli altri paesi si uniformassero a queste regole? I confini politici diventerebbero sociali e la cartina solo un gigantesco grafico sulla divisione del pianeta in caste. Molto più netta di quanto non lo sia già attualmente.

La Gran Bretagna – seguendo dichiaratamente le orme di Stati Uniti e Australia – è ormai un club per soli ricchi. Il resto del globo, visto da Downing Street, deve assomigliare maledettamente a un gigantesco ghetto, abitato di reietti che minacciano il suo splendido isolamento. La possibilità di vivere e lavorare nel Regno Unito, simile a un pedigree, sarà concessa solo a chi possa esibire l’estratto conto o il diploma di laurea.

Non temiamo esagerazioni scrivendo che è in atto un gigantesco tentativo di discriminazione. Non sarà la razza, ma il censo e la cultura a determinarlo, potrebbe obiettare qualcuno. Peccato che spesso anche il colore della pelle, come la latitudine di nascita che lo determina, ha molto a che fare con il censo e con i titoli di studio – spesso acquisiti in costosissime scuole private –.

È un brutto film. Con una trama miope, che tenta di semplificare la complessa costruzione sociale del nostro mondo. In cui un altro algoritmo – acerrimo nemico – impone a forza di punteggi una Pleasantville, una città piacevole, quieta, perfetta, senza contrasti, come nell’omonimo film, laddove l’incubo sempre più reale della nostra moderna società dei servizi è A day without a Mexican, un giorno senza messicani, storia di fantasia che racconta di una California paralizzata per 24 ore dalla sparizione di tutti gli immigrati irregolari.

Stupisce che a metterlo in pratica sia proprio il governo di un Paese cresciuto a pane, burro e melting pot, arricchito soprattutto dagli aspri contrasti imposti da una convivenza multirazziale e multiculturale eredità di un impero nel quale tutte le strade portavano a Londra.

“Prendiamo ad esempio un aspirante cameriere o un aspirante addetto ai piani in un hotel – ci spiega Cristina Mongelluzzo, operatrice al patronato Inca del Regno Unito –. In questo sistema a punti ci sono tre fattori vincolanti nell’accesso al lavoro. Il primo è la necessità di avere uno sponsor, un datore di lavoro che fa una richiesta ufficiale al governo per assumere proprio quella persona e portarla a lavorare qui in Gran Bretagna. Un aspetto, questo, volutamente e dichiaratamente molto restrittivo. Lo dissero proprio quando presentarono la proposta di legge. Nella lettera esplicativa sottolineavano molto l’obiettivo di non voler fare entrare le persone, a meno che non siano skilled workers, lavoratori competenti. Era uno dei pilastri della bozza di legge. Per altro lo sponsor deve essere autorizzato dall’home office, entrare preventivamente in una lista di datori che hanno fatto richiesta al governo e hanno ricevuto l’approvazione”. Se, per esempio, oggi un ventenne italiano volesse, come accadeva un tempo, andare a Londra qualche anno e trovare un lavoro per mantenersi, dovrebbe conoscere un datore che gli faccia da sponsor e regolarizzi la sua posizione ancora prima della partenza.

“Il secondo fattore – continua Cristina Mongelluzzo – è legato allo stipendio che prenderai e che deve corrispondere almeno ai minimi previsti dal lavoro che svolgi. Terzo fattore, il livello di inglese B1. Sono tre prerequisiti per poter presentare la domanda del visto on line. Per essere accolto hai bisogno di arrivare a 70 punti. Questi tre fattori non possono, da soli, darti quel punteggio. Che quindi si raggiunge con altri elementi. Se lo stipendio che andrai a prendere sarà più alto dei minimi, ad esempio, il punteggio di quel fattore sarà più alto e salirà a ogni scatto di retribuzione. Anche nel caso in cui hai un titolo di studio inerente al lavoro che svolgerai il tuo punteggio sarà più alto. È evidente che questi paletti favoriscono l’immigrazione in certi settori in cui, di fatto, già funziona così. Penso al settore bancario o a quello medico, dove spesso le assunzioni già erano fatte sul vaglio dei profili Linkedin. Per un posto da cameriere o da idraulico venire qui a vivere e lavorare così probabilmente diventerà impossibile”.

Ci sono poi i visti per studenti, che non ti permettono di lavorare. “Avere un posto in un corso come studente richiede che tu sappia parlare, leggere e scrivere in inglese a un certo livello, che ti possa mantenere economicamente senza lavorare, perché non potrai più lavorare con un visto da studente. E questo limita molto le tue possibilità se provieni da una famiglia a basso reddito”.

“Io – ci racconta Cristina Mongelluzzo – sono arrivata qui come studentessa Erasmus e poi ho deciso di rimanere. Ora la Gran Bretagna è fuori dall’Unione europea e quindi non fa più parte del progetto Erasmus. Quindi oggi non sarei potuta venire e comunque, anche accedendo con un altro progetto di studio, non avrei potuto scegliere di restare alla fine”.

Cosa succederà? “Il sogno britannico si sposterà in altri paesi. Sono già tantissimi quelli che vorrebbero venire, che ci telefonano ignari del nuovo sistema e, quando glielo spieghiamo, probabilmente gettano la spugna e cambiano meta”.

(Per contattare gli uffici del patronato Inca a Londra e chiedere informazioni chiamate lo 0044 207 3593701, scrivete a regnounito@inca.it o consultate il sito www.incauk.net).  

(Nel file allegato qui di seguito la Guida al Sistema di Immigrazione a Punti in lingua italiana diffusa dal Governo britannico e gentilmente fornitaci dall'Inca UK)

Goodbye, swinging London. Beato quel popolo che non ha bisogno di idraulici, avranno pensato a Downing Street, invidiati dalle destre di mezzo mondo. Ci permettiamo di dire che in realtà quel popolo resterà monco, rallenterà, perderà un giro, travolto da un’aristocrazia di conti in banca e lauree che potrebbero privarlo di quella vitalità e di quella “voglia di arrivare” (curioso si dica proprio così) che ha reso tanto potente, nei secoli, il sogno migratorio di costruirsi una vita migliore e la spinta in avanti che ha saputo esercitare nei paesi di destinazione. I figli e i fratelli delle centinaia di migliaia di italiani che negli ultimi vent’anni hanno eletto Londra come terra promessa e sono andati lì a fare i camerieri e a imparare la lingua senza piani definiti, porteranno altrove le loro valigie di cartone. Da oggi a Heathrow si sbarca solo con le valigie di Louis Vuitton.