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Fissata la data dell’udienza che potrebbe dare una svolta alle indagini sulle responsabilità di alti funzionari dell'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento della Farnesina (Uama) e dell'industria bellica Rwm Italia per l'esportazione di ordigni che sarebbero responsabili dell’uccisione di un’intera famiglia in un villaggio dello Yemen nell’ottobre del 2016. Lo rendono noto Rete italiana pace, European center for constitutional and human rights (Ecchr) e l'associazione Mwatana for human rights e disarmo, che quattro anni fa presentarono una denuncia penale partendo dall’accusa della Coalizione militare guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti per l’attacco aereo nel villaggio di Deir Al-Hajari e arrivando ai resti di bombe ritrovati sul luogo dell’attacco prodotti da Rwm Italia.
Il 20 dicembre si saprà se la procura di Roma intende dare giustizia alle vittime civili delle bombe italiane, perché il giudice per le indagini preliminari dovrà esprimersi sul ricorso delle associazioni pacifiste contro la richiesta di archiviazione dell’indagine da loro promossa. Francesco Vignarca, coordinatore della Rete disarmo, e le legali che seguono la vicenda hanno illustrato oggi il braccio di ferro in atto dal 2018: la Procura, nel 2021, aveva fatto richiesta di archiviazione, poi rigettata nel febbraio dal gip, alla quale è seguita quella di interruzione delle indagini, questa volta contestata dalle associazioni nel marzo scorso. Diventa quindi una notizia di rilievo la convocazione dell’udienza del mese prossimo perché potrebbe consistere in una svolta, come ha spiegato Vignarca, non solamente per la causa inerente la strage del 2016, ma per molte delle indagini sollecitate dalle organizzazioni pacifiste che da tempo si battono contro la vendita di armi prodotte in Italia ai Paesi in guerra.
Questa volta sono state presentate prove incontrovertibili, come sono state definite oggi in conferenza stampa, prove di un “attacco deliberato sui civili, quindi un crimine di guerra”. Nella sede del bombardamento sono stati infatti recuperati i resti degli ordigni prodotti dallo stabilimento sardo da Rwm Italia. Sempre Vignarca ha spiegato che il procuratore ha mal valutato le prove contenute nel fascicolo istruttorio e ha “rinunciato a indagare sulla responsabilità dei dirigenti aziendali di Rwm Italia per omicidio e lesioni personali, limitando le indagini al reato di abuso di ufficio da parte dell’Uama, ignorando la gravità dei crimini ai quali le esportazioni di armi italiane possono aver contribuito nel corso del conflitto armato e la rilevanza del ruolo dei dirigenti Rwm nella commissione di questi crimini".
L’appuntamento è quindi per il prossimo 20 dicembre, data cruciale: in procura potrebbero decidere di andare a processo, e sarebbe la prima volta per i casi di esportazione di armi, oppure di proseguire con le indagine, o, nel peggiore dei casi, l’archiviazione, mentre la dilatazione dei tempi diventa la spada di Damocle per un eventuale caduta in prescrizione.