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Amazon: a questo round vince il sindacato. Giovedì 1 settembre una funzionaria del National Labor Relations Board (Nlrb), l’Agenzia federale del lavoro degli Stati Uniti, ha infatti reso pubblica l’intenzione di respingere il ricorso della compagnia guidata da Jeff Bezos contro il voto favorevole alla sindacalizzazione dello stabilimento JFK8 di Staten Island a New York. Il voto si era tenuto a fine marzo, inizio aprile, ma l'azienda aveva bloccato il procedimento in un’udienza di obiezione che si è trascinata per mesi.
Il sindacato Amazon Labor Union (Alu), presieduto dall’ormai celebre Chris Smalls, si avvia quindi a diventare la prima sigla certificata all'interno dell’universo Amazon. La prima ma non l’ultima, visto che l’Alu ha avviato campagne di sindacalizzazione anche in Nord Carolina, California e Kentucky, e che nel magazzino di Albany, nello Stato di New York, si terrà presto un nuovo voto.
Le parti avranno tempo fino al 16 settembre per presentare le proprie eccezioni alla relazione dell'hearing officer Lisa Dunn, quindi il Nlrb certificherà il voto di aprile oppure emetterà un ordine per la ripetizione delle elezioni. Smalls ha dichiarato che i risultati dell'udienza dimostrano “che la nostra campagna è stata potente”.
Un rappresentante di Amazon ha invece reso noto come l’azienda sia “fortemente in disaccordo con le conclusioni” e intenda “fare appello”. Il che rientra nel modus operandi del colosso dell’e-commerce. Milioni di dollari spesi in campagne anti-sindacali (purtroppo spesso consentite dalle leggi americane) e in consulenze legali. Una battaglia impari e difficilissima per i lavoratori, come abbiamo già scritto, perché i magazzini Amazon hanno mediamente migliaia di addetti e un tasso di turnover molto alto, e anche solo ottenere il 30 per cento di consensi per avviare una procedura sul voto per la sindacalizzazione è un’impresa.
Per questo il caso di Staten Island è così importante. La responsabile del Nlrb ha respinto tutte le 25 obiezioni di Amazon contro le elezioni dello scorso marzo-aprile. La compagnia di Bezos aveva portato l’Alu in tribunale accusandola di avere influenzato illecitamente l’esito delle elezioni. L’udienza condotta da Lisa Dunn è durata mesi e si è svolta interamente su Zoom. Infatti Chris Smalls ha parlato di un “tribunale virtuale”. Ma l’esito lo premia: la funzionaria ha raccomandato che “le obiezioni dei datori di lavoro siano respinte nella loro interezza e che l'Amazon Labor Union sia certificata come rappresentante della contrattazione”.
Intanto, a metà agosto, si è aperto per Amazon un altro fronte. I lavoratori del magazzino ALB1 di Albany (New York) hanno raccolto il 30 per cento di firme necessarie per aprire una procedura di voto sul sindacato, e hanno chiesto l’autorizzazione al Nlrb. L’agenzia Bloomberg riferisce che Heather Goodall, la sindacalista principale organizzatrice dell'iniziativa, si è detta sicura di aver raggiunto la soglia necessaria. Goodall lavora presso la struttura di Albany da febbraio e ha dichiarato – riferisce sempre Bloomberg – “che Amazon è un datore di lavoro scorretto e intimidatorio e che lei e i suoi colleghi stanno cercando di ottenere salari più alti, oltre ad altri miglioramenti delle condizioni di lavoro”.
Dopo più di un quarto di secolo durante il quale Amazon è riuscita a tenere le unions lontane dai propri cancelli, sembra che stia iniziando una nuova epoca, l’epoca in cui il sindacato ritorna.