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Ultime settimane per la raccolta firme #LaGrandeRicchezza, la campagna lanciata in Italia da Oxfam a supporto dell’Iniziativa dei Cittadini Europei (Ice), per chiedere alla Commissione Ue l’istituzione di un’imposta europea sui grandi patrimoni. L’obiettivo è di giungere a un milione di firme per arrivare al traguardo previsto dai Trattati affinché la Commissione abbia l'obbligo di considerare la proposta e rispondere ai proponenti.
Misha Maslennikov, policy advisor di Oxfam Italia, ci spiega che la campagna avviata un anno fa riguarda la specifica proposta di un'imposta europea sui grandi patrimoni, “un’imposta, bisogna ben specificarlo, che non interesserebbe la maggior parte dei cittadini, ma verrebbe applicata nel contesto italiano solo allo 0,1% dei nostri connazionali più ricchi. Stiamo parlando di circa 50.000 individui che hanno un patrimonio individuale netto di almeno 5,4 milioni di euro”.
Maslennikov semplifica: “Non verrebbe mai tassata una persona che possiede una casa anche al centro di una grande città, forse anche una seconda casa e qualche risparmio. La tassazione sarebbe poi progressiva, prevedendo tre scaglioni con relative aliquote e comunque sarebbe un'imposta in grado di generare risorse considerevoli e stimiamo che i proventi potrebbero attestarsi fra i 13 e i 15 miliardi di euro all'anno che arriverebbe a 23 miliardi se rivolta al top”.
Tra i meriti di questa campagna c’è quello di avere permesso in molti Paesi europei di creare maggiore consapevolezza sull’ingiustizia e l’iniquità dei sistemi fiscali nazionali a fronte dell’ampliarsi delle disuguaglianze e della necessità di trovare risorse per investire nel contrasto ai cambiamenti climatici attraverso la transizione ecologica: “Nel dibattito pubblico – dice il policy advisor di Oxfam Italia – è stato affrontato il tema di un mondo in cui le persone più facoltose e anche le società più grandi e floride hanno potuto avere benefici per strutturare i propri investimenti e la proprie attività economiche così da ridurre i propri obblighi tributari. Si stima che i miliardari globali versino annualmente un’aliquota effettiva che viaggia fra 0 e 0,5% se rapportata al valore dei loro patrimoni”.
Maslennikov cita il recente studio empirico della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa con l'università Milano Bicocca che ha mostrato come in Italia, le persone che occupano posizioni apicali nella distribuzione della ricchezza in proporzione al loro reddito e al loro patrimonio, hanno pagato imposte inferiori ai contribuenti che occupano gruppi di reddito o di ricchezza più bassi: “Una palese iniquità fiscale che prende il nome di regressiva”.
“Un tema colossale – prosegue – è quello della necessità di reperire risorse e troppo spesso sentiamo dire che invece non ci sono mezzi per finanziare i nostri sistemi sanitari, garantire l'accesso alle cure di qualità per tutti, stabilizzare i docenti precari, affrontare seriamente l'emergenza abitativa e molto altro. Le risorse ci sono, se si vuole andare a reperirle, e l'idea in generale che promuoviamo è di considerare una serie di interventi, chiamiamoli agenda Tax the rich, che permetterebbero di generare risorse, di ridare equità e rendere più progressivi i nostri sistemi impositivi. Tra questi un'imposta sui grandi patrimoni, come uno dei tasselli di questa agenda”.
Anche le già citate Scuola superiore Sant'Anna di Pisa e Università Milano Bicocca hanno sottoscritto, con oltre 150 economisti da circa 60 atenei italiani e stranieri, un documento nel quale vengono registrate alcune importanti misure come, appunto, un'imposta sui grandi patrimoni, un prelievo più incisivo sulle eredità e sulle donazioni, una maggiore progressività dell'Irpef e una ricomposizione della base imponibile.
Maslennikov introduce quindi le condizioni affinché l'imposta sia effettiva: “Bisogna prevedere una serie di misure di contrasto ai potenziali abusi per minimizzare il rischio di evasione. Questo si ottiene in tanti modi: bisogna rafforzare la capacità dell'amministrazione finanziaria a disporre delle informazioni circa la consistenza della ricchezza che verrebbe tassata e sarebbe utile che ci fosse una trasmissione di informazioni da parte dei gestori di patrimoni finanziari alle autorità fiscali; bisogna rafforzare l'azione di contrasto a all'evasione internazionale degli individui, anche se su questo ci sono stati enormi progressi negli ultimi anni”.
Per Oxfam Italia “bisognerebbe fare la stessa cosa anche per le proprietà immobiliari e altri componenti del patrimonio e per far questo serve istituire in tutti i Paesi registi di beni mobili e immobili e anche registri centralizzati dei titolari effettivi di fondazioni e di partecipanti a società, così da capire chi c'è dietro una determinata società. È necessario quindi conoscere i beneficiari effettivi e troppo spesso questa informazione non è disponibile o è schermata da prestanome. Inoltre e informazioni dovrebbero essere scambiate con le concentrazioni finanziarie. Questo permetterebbe di ricostruire appieno i patrimoni di un soggetto tendenzialmente tassabile, se non già tassato, su alcuni business e su alcuni patrimoni esistenti e di ricostruire anche i redditi di fonte estera”.
E ancora: “La persona facoltosa che espatria fiscalmente – afferma Maslennikov – spesso si è costruita il proprio patrimonio sul capitale umano nel nostro Paese, sulle nostre infrastrutture, sui nostri mercati, quindi, in caso di fuga fiscale, è un modo di far tornare qualcosa al nostro Paese”.
Sono temi estremamente dibattuti a livello istituzionale negli ultimi anni e il policy advisor di Oxfam Italia ci ricorda che “per la prima volta nella storia del G20, a fine luglio, è stato pubblicato un documento in cui si riconosce la necessità di garantire una posizione più progressiva degli individui. È sicuramente un primo passo, quindi lo abbiamo accolto positivamente, sebbene la spinta propositiva della Presidenza del G20 brasiliana del presidente Lula fosse in realtà di riuscire già ad arrivare a uno standard globale condiviso per la tassazione degli ultra ricchi. Su questo chiaramente la strada è ancora lunga, ma siamo convinti che questa misura rimarrà come un policy point nell'agenda internazionale”.
“Questo è il primo passo su cui c'è convergenza tra i Paesi: chiudere quelle scappatoie che permettono di minimizzare ed eludere il proprio obbligo tributario. Lo scatto in avanti sarebbe quello di arrivare a una qualche forma di tassazione minima delle super ricchezze che possa rievocare anche l'idea poi concretizzata della Global minimum tax per le grandi multinazionali, con uno sforzo di cooperazione fiscale di tutti i governi.
Per questo – conclude – fa ben sperare il processo avviato in sede Onu sulla nuova convenzione internazionale per la collaborazione fiscale, fattore cruciale per dare un’ulteriore spinta alla raccolta firme. Quindi l'invito è quello di informarsi, di leggere bene la nostra proposta e, se la si condivide di aderirvi entro il 9 ottobre”.