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L'Umbria è un malato grave che ha subito nel corso degli ultimi 12 anni tre colpi durissimi, i cui effetti si sono andati sommando, aggravando un quadro clinico che è sempre più complicato: la crisi internazionale del 2008 (che ha determinato nella regione una perdita economica tra le più gravi in Italia), il terremoto del 2016 e ora l'emergenza Covid-19. Il risultato è quello di una regione che da un punto di vista economico ed occupazionale è scivolata sempre di più a Sud, allontanandosi di anno in anno dalle performance delle regioni limitrofe.
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In particolare sull'impatto dell'ultima crisi, quella sanitaria e poi sociale ed economica determinata dal lockdown, si concentra il rapporto dell'Ires Cgil dell'Umbria, presentato oggi, 25 agosto, a Perugia dal presidente dell'istituto di ricerca regionale, Fabrizio Fratini, e dal segretario generale della Cgil dell'Umbria, Vincenzo Sgalla.
Ad una contrazione del Pil che – secondo le stime Ires – si aggira tra 1,5 e 2 miliardi di euro (concentrata in alcuni dei settori manifatturieri portanti per l'Umbria, come il tessile-abbigliamento, la metallurgia, i mezzi di trasporto, le costruzioni, la ristorazione, le attività culturali, etc.) si sovrappone una crisi occupazionale estremamente grave, che si compone da una parte della forte riduzione del lavoro a termine (in provincia di Perugia tra gennaio e maggio 2020 si stima una contrazione del 28,8%) e dall'altra del ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali. Al 30 giugno – riferisce l'Ires Cgil – erano oltre 28 milioni le ore tra cassa integrazione e fondi di solidarietà autorizzate, con un incremento rispetto al 2019 dell'800%. “Numeri dietro ai quali – come ha sottolineato Fabrizio Fratini nella sua presentazione – troviamo le sofferenze e le difficoltà di circa 27mila lavoratrici e lavoratori umbri che hanno subito una contrazione di reddito fortissima, pari complessivamente a circa 81 milioni di euro”.
È evidente che questa ulteriore “botta” subita dal mondo del lavoro umbro rischia di andare ad alimentare un altro dato che nel corso degli ultimi anni è divenuto in Umbria sempre più preoccupante: quello della povertà relativa, arrivata al 14,3% nel 2018, 2 punti e mezzo sopra la media nazionale.
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“Il quadro descritto dalla nostra Ires Cgil, che rischia di aggravarsi ulteriormente se si darà il via libera ai licenziamenti, ci pone di fronte ad un'urgenza senza precedenti e all'assoluta necessità di non sbagliare cura – ha detto il segretario della Cgil umbra, Vincenzo Sgalla – Tuttavia, ancora non vediamo da parte della Regione, ma anche delle nostre controparti datoriali, a partire da Confindustria, un atteggiamento all'altezza della drammaticità del momento. Le ingenti risorse economiche che arriveranno dall'Europa – ha aggiunto Sgalla – risorse, anche queste, senza precedenti, vanno gestite in maniera oculata, trasparente e, soprattutto partecipata. Altrimenti il rischio è che, anziché migliorare, il malato peggiori e si allarghino le disuguaglianze. Lo abbiamo ripetuto ostinatamente alla precedente come all'attuale giunta: serve un progetto per l'Umbria che sia di reale cambiamento, questa è l'unica terapia possibile”.
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