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Una convocazione inaspettata, ma opportuna, quella arrivata ai sindacati dal governo per discutere di telecomunicazioni e Tim. L'incontro si tiene oggi (lunedì 28 novembre) a Roma, alle ore 15.30 a Palazzo Chigi, partecipano il segretario generale Cgil Maurizio Landini e il segretario generale Slc Cgil Fabrizio Solari. Quest'ultimo sottolinea la contrarietà dell’organizzazione allo spezzatino di Tim, tanto che qualche mese fa si è arrivati allo sciopero nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici dell’azienda, rimarcando la necessità di accelerare per dotare il Paese di una rete unica e di un campione nazionale.
Solari, questa convocazione arriva un po’ inaspettata, ma molto opportuna, considerato quanto si legge sui giornali rispetto alla rete unica.
Siamo arrivati ormai a una stretta, perché quello che non è più possibile fare è lasciare andare le cose per il loro verso. Né l’azienda Tim né il mercato appaiono in grado d'imboccare la strada dello sviluppo; quindi, qualcosa bisogna fare e occorre farlo anche rapidamente.
Sembrerebbe che la presidente del consiglio Giorgia Meloni sia intenzionata a far saltare il protocollo d'intesa tra Cassa depositi e prestiti e Tim per l'acquisizione della rete dell’azienda di telecomunicazioni e la costruzione della rete unica con Open Fiber. Qual è il tuo giudizio? e quali le ricadute per Tim?
Innanzitutto, è bene ricordare e sottolineare che quel piano noi non lo abbiamo mai condiviso. Anzi, abbiamo addirittura scioperato contro quel piano perché ritenevamo, e continuiamo a ritenere, che avrebbe spezzato l'azienda, decurtandone le capacità d'innovazione. Mentre abbiamo sempre sostenuto l’utilità della cosiddetta rete unica, cioè di non duplicare gli investimenti anche per recuperare tutto il tempo perso in questi anni. Ora che non si faccia più, quindi, così come sembra, quel percorso può essere anche positivo. Il problema è che siamo arrivati al punto che non si può non fare qualcosa, ma questo qualcosa è ancora ignoto. Speriamo di avere qualche delucidazione di più oggi pomeriggio, vedremo.
Per la Slc, dunque, la rete unica si deve fare.
Non abbiamo cambiato idea: la rete l'unica si deve fare, ed è bene che la si faccia mantenendo l'unicità dell'azienda Tim, in modo da avere anche, in prospettiva, un campione nazionale in grado di presidiare lo sviluppo del settore. Ovviamente questo significa porre le mani al tema irrisolto della governance di Tim: quella azienda ha avuto più amministratore delegati di quanto non siano cambiati i presidenti del Consiglio in Italia, quindi c'è qualcosa che non funziona. E a non funzionare è sostanzialmente l'assetto azionario. Non c'è dubbio, inoltre, che l'unico soggetto in grado potenzialmente di esprimere una soluzione è Cassa depositi e prestiti.
Cosa andrete a chiedere o a proporre al governo?
Di stabilizzare la proprietà di Tim, di farne una public company con un solido nocciolo nazionale e di costruire attorno a Tim il futuro delle telecomunicazioni e della digitalizzazione del Paese.
Avete preoccupazioni rispetto all'implementazione del capitolo delle telecomunicazioni del Pnrr?
Abbiamo già espresso le nostre preoccupazioni, che peraltro hanno trovato anche qualche conferma, cioè che la modalità scelta, quella che gestisce le gare per piccoli lotti, senza avere una regia d'insieme, è in contraddizione con un'idea di piano generale. Anche da questo punto di vista, dunque, la cosa più urgente da fare è recuperare il tempo perso. Poi metteremo ordine, ma ora bisogna assolutamente dotare il Paese di una rete degna di questo nome.